Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14896 del 06/07/2011

Cassazione civile sez. II, 06/07/2011, (ud. 05/05/2011, dep. 06/07/2011), n.14896

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCHETTINO Olindo – Presidente –

Dott. PROTO Cesare Antonio – Consigliere –

Dott. CORRENTI Vincenzo – rel. Consigliere –

Dott. BERTUZZI Mario – Consigliere –

Dott. SCALISI Antonino – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 30054/2005 proposto da:

S.Q. (OMISSIS), S.A.

(OMISSIS), elettivamente domiciliati in ROMA, CORSO DEL

RINASCIMENTO 24, presso lo studio dell’avvocato SCARNATI ALESSANDRA,

rappresentati e difesi dall’avvocato GALLO Pietro;

– ricorrenti –

contro

S.E. (OMISSIS), elettivamente domiciliata in

ROMA, VIA CARLO MIRABELLO 11, presso lo studio dell’avvocato DE

PRIAMO FABIO, rappresentata e difesa dall’avvocato RANALLI ANNA

MARIA;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 692/2005 della CORTE D’APPELLO di L’AQUILA,

depositata il 22/08/2005;

udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del

05/05/2011 dal Consigliere Dott. VINCENZO CORRENTI;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SGROI Carmelo, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con ricorso 24.8.1990 al Pretore di L’Aquila S.E. chiese la eliminazione di paletti e reti posti da S.Q. ed A. su una strada interpoderale usata per l’accesso al suo fondo, impeditivi del transito con veicoli e camion. I convenuti contestarono la pretesa ed, assunte prove ed eseguita ctu, il Tribunale, con sentenza 11.3.2002, respinse la domanda con compensazione delle spese, decisione appellata dalla ricorrente, nella resistenza delle controparti che svolsero appello incidentale per le spese.

La Corte di appello di L’Aquila, con sentenza 692/2005, condannò gli appellati al ripristino del passaggio nelle dimensioni originarie, con rimozione della recinzione con pali che ne aveva comportato il restringimento da un minimo di m.0,60 ad un massimo di m 0,90, nonchè alle spese.

La sentenza fa riferimento alla ctu circa l’accertamento che la recinzione aveva ristretto la sede della stradina nei termini indicati, tanto che aveva una larghezza media di m. 2,70 ed in alcuni tratti si restringeva a m. 2,40, consentendo solo il transito pedonale mentre i testimoni avevano riferito che, prima della nuova recinzione, era utilizzata anche per il transito di autocarri o camion. Ricorrono i soccombenti con tre motivi, resiste controparte.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con tutti i motivi si deduce omessa, insufficiente motivazione rispettivamente 1) nella valutazione dei requisiti previsti ex art. 1170 c.c., in ordine al possesso tutelabile; 2) in merito al termine annuale riferito alla turbativa del possesso, perchè nella specie la turbativa non è mai iniziata; 3) nella valutazione dei requisiti previsti in merito all’asserita invasione della strada, perchè si fa riferimento alla ctu mentre, come dimostrato dalla lunga istruttoria, la delimitazione del confine è sempre esistita.

Le genetiche censure non meritano accoglimento.

La sentenza ha fondato la propria decisione sulla ctu e sulle prove testimoniali che avevano riferito di un restringimento rispetto alla situazione precedente che consentiva l’accesso anche con autocarri e camion. E’ principio pacifico che il vizio di omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione si configura solo quando nel ragionamento del giudice di merito sia riscontrabile il mancato o insufficiente esame di punti decisivi ed alla cassazione della sentenza si può giungere solo quando la motivazione sia incompleta, incoerente ed illogica e non quando il giudice del merito abbia valutato i fatti in modo difforme dalle aspettative e dalle deduzioni di parte (Cass. 14 febbraio 2003 n. 2222).

In particolare, poi, in relazione al primo motivo, occorre distinguere tra possesso utile ai fini della usucapione e situazione di fatto tutelabile in sede di azione di reintegrazione, indipendentemente dalla prova che spetti un diritto, da parte di chi è privato violentemente od occultamente della disponibilità del bene. La relativa legittimazione attiva spetta non solo al possessore uti dominus ma anche al detentore nei confronti dello spoliator che sia titolare del diritto e tenti di difendersi opponendo che “feci sed iure feci”.

A chi invocava la tutela è sufficiente provare una situazione di fatto, protrattasi per un periodo di tempo apprezzabile e consistente nel transito, senza opposizione ed anche senza opere visibili e permanenti, con la conseguenza che, per l’esperimento dell’azione di reintegrazione, è sufficiente un possesso qualsiasi, anche se illegittimo ed abusivo, purchè abbia i caratteri esteriori di un diritto reale (Cass. 1 agosto 2007 n. 16974, 7 ottobre 1991 n. 10470).

La seconda doglianza è generica e si sostanzia nella mera affermazione che la turbativa non era nemmeno iniziata, in contrasto con quanto dedotto in sentenza.

Ad analoghe conclusioni di genericità si deve pervenire per la terza censura che fa carico alla decisione di aver fatto riferimento solo alla ctu, senza tenere conto delle risultanze processuali nemmeno riportate in violazione del principio di autosufficienza del ricorso.

Al rigetto del ricorso consegue la condanna alle spese.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti alle spese, liquidate in Euro 1.200,00 di cui Euro 1.000,00 per onorari, oltre accessori.

Così deciso in Roma, il 5 maggio 2011.

Depositato in Cancelleria il 6 luglio 2011

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