Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14895 del 21/06/2010

Cassazione civile sez. un., 21/06/2010, (ud. 08/06/2010, dep. 21/06/2010), n.14895

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONI UNITE CIVILI

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE LUCA Michele – Presidente di Sezione –

Dott. TRIOLA Roberto Michele – Presidente di Sezione –

Dott. FIORETTI Francesco Maria – Consigliere –

Dott. MACIOCE Luigi – Consigliere –

Dott. LA TERZA Maura – Consigliere –

Dott. MAZZACANE Vincenzo – Consigliere –

Dott. MORCAVALLO Ulpiano – rel. Consigliere –

Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 20256-2009 proposto da:

L.P.S. ((OMISSIS)), elettivamente domiciliato

in ROMA, VIA DEGLI SCIPIONI 267, presso lo studio dell’avvocato

CARNEVALI RICCARDO, che lo rappresenta e difende unitamente

all’avvocato VEZZOLI GIOVANNI, per delega a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del legale rappresentante pro-

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e

difende ope legis;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 14/2009 della CORTE D’APPELLO di BRESCIA,

depositata il 28/03/2009;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

08/06/2010 dal Consigliere Dott. ULPIANO MORCAVALLO;

udito l’Avvocato Riccardo CARNEVALI;

udito il P.M. in persona dell’Avvocato Generale Dott. IANNELLI

DOMENICO, che ha concluso per l’accoglimento del primo e del secondo

motivo (A.G.O.), assorbito il terzo.

 

Fatto

RITENUTO IN FATTO

1. Con ricorso depositato il 1 giugno 2006 L.P.S. si rivolgeva al Tribunale di Bergamo, in funzione di giudice dei lavoro, domandando la condanna della Agenzia delle Entrate, da cui egli dipendeva, alla ricostruzione della sua posizione economica in relazione al periodo di sospensione dal servizio disposta nei suoi confronti dal 13 febbraio 1993 al 6 aprile 1995. Deduceva, a sostegno della domanda, di essere stato sottoposto, nell’ambito di un procedimento penale instaurato a suo carico, a carcerazione preventiva e ad arresti domiciliari e di essere stato, perciò, sospeso in via cautelare dal servizio prestato presso l’Ufficio Tecnico Erariale di Bergamo; successivamente, a seguito di sentenza di assoluzione pronunciata dal Tribunale di Bergamo il 27 maggio 1994, era stato reintegrato in servizio con provvedimento della Direzione regionale delle Entrate in data 21 marzo 1995, con contestuale trasferimento presso l’Ufficio del Registro della stessa città e con riserva di provvedere sulle differenze di retribuzione dopo la conclusione del processo penale; infine, dopo che la Corte d’appello di Brescia aveva confermato la sua assoluzione con sentenza passata in giudicato in data 1 luglio 2003, egli aveva richiesto all’Agenzia la corresponsione delle differenze retributive maturate in relazione al periodo di sospensione dal servizio, con tutti gli accessori, nonchè la ricostruzione della carriera a norma della L. n. 312 del 1980, ma l’Amministrazione gli aveva corrisposto solo una parte degli emolumenti, escludendo, in particolare, quelli non percepiti anteriormente alla data della sentenza assolutoria di primo grado.

2. Si costituiva l’Agenzia delle Entrate eccependo il diletto di giurisdizione del giudice ordinario, in favore del giudice amministrativo, essendo il credito del dipendente insorto al momento della riammissione in servizio, a seguito del provvedimento in data 21 marzo 1995.

3. Con sentenza del 28 gennaio 2008 il Tribunale, respinta l’eccezione preliminare di carenza di giurisdizione, accoglieva la domanda e dichiarava il diritto del L.P. alla ricostruzione della sua posizione economica e alle differenze retributive da lui richieste.

4. Tale decisione veniva riformata dalla Corte d’appello di Brescia, che, con sentenza del 28 marzo 2009, in accoglimento dell’appello dell’Agenzia delle Entrate dichiarava il difetto di giurisdizione del giudice ordinario. In particolare, la Corte di merito rilevava che il provvedimento di riammissione del marzo 1995, non disponendo la ricostruzione della carriera ai fini giuridici ed economici, rappresentava di per sè un atto immediatamente lesivo dei diritti conseguenti alla riammissione in servizio, sì che la controversia non poteva che essere instaurata dinanzi al giudice amministrativo secondo la disposizione transitoria dettata dal D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 69, comma 7.

5. Avverso questa decisione il dipendente ha proposto ricorso per cassazione. L’Agenzia delle Entrate ha resistito con controricorso.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso si articola in tre motivi di impugnazione, ciascuno dei quali si conclude con a formulazione di un quesito di diritto ai sensi dell’art. 366 bis c.p.c. (applicabile nella specie ratione temporis essendo impugnata una sentenza pubblicata il 28 marzo 2009).

1.1. Con il primo motivo, denunciando violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 3 del 1957, art. 97, comma 1, il ricorrente sostiene che il diritto agli assegni non percepiti durante il periodo di sospensione dal servizio era sorto solo con il passaggio in giudicato della sentenza penale di assoluzione, sì che prima di allora egli – contrariamente a quanto ritenuto nella decisione impugnata – non avrebbe potuto esperire alcuna azione in giudizio.

1.2. Il secondo motivo denuncia violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 69, comma 7. Si lamenta che erroneamente la Corte di merito abbia configurato la giurisdizione del giudice amministrativo, in base al fatto che gli emolumenti domandati si riferivano a periodi anteriori al 30 giugno 1998, senza considerare che prima di tale data non si era ancora verificato il presupposto – cioè, l’assoluzione in sede penale – per ottenere la ricostruzione della posizione economica.

1.3. Il terzo motivo denuncia ancora violazione e falsa applicazione dell’art. 69, comma 7, citato, osservandosi che il provvedimento di riammissione in servizio del marzo 1995 aveva espressamente riservato ogni decisione – circa la posizione economica del dipendente – fino alla conclusione del procedimento penale e al passaggio in giudicato della relativa sentenza.

2. Tale motivi, intesi alla affermazione della giurisdizione del giudice ordinario (malgrado il richiamo dell’art. 360 c.p.c., n. 3, anzichè del n. 1) e da esaminare congiuntamente per l’intima connessione, sono fondati.

2.1. Secondo la consolidata giurisprudenza di queste Sezioni Unite, per verificare se una controversia riguarda questioni anteriori o posteriori al 30 giugno 1998, ai fini dell’attribuzione della giurisdizione secondo il disposto del D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 69, comma 7, occorre avere riguardo ai fatti materiali o ai provvedimenti della cui giuridica rilevanza si discute, ossia ai fatti o ai provvedimenti sui quali si fonda, o da cui dipende, la pretesa dedotta in giudizio e si è precisato che, allorchè con l’instaurazione della controversia si sia domandato l’eliminazione delle conseguenze negative della sospensione dal servizio, ovverosia l’eliminazione di un pregiudizio che, in tesi, non trovava più giustificazione poichè il procedimento penale che l’aveva provocato era terminato con l’assoluzione, si configura una domanda di restitutio in integrum fondata sul presupposto del sopravvenuto avverarsi della condizione, cui era subordinata la ricostruzione della posizione giuridica ed economica del dipendente, con la conseguenza che è proprio alla data di conclusione del procedimento penale che occorre riferirsi per determinare la giurisdizione, atteso che solo in tale momento può dirsi realizzata la fattispecie costitutiva della pretesa dedotta in giudizio (cfr. Cass., sez. un., n. 6418 del 2008).

2.2. In base a tali principi, non può rilevare che, nella specie, il dipendente fosse stato reintegrato nel servizio nel marzo 1995, poichè nello stesso provvedimento di riammissione era stata riservata all’esito della conclusione del processo penale ogni decisione in ordine alla posizione economica inerente al periodo di sospensione cautelare, sì che nessun effetto lesivo, al riguardo, poteva configurarsi, distintamente, in relazione a tale determinazione.

2.3. Essendo pacificamente accertato che il passaggio in giudicato della sentenza di assoluzione è intervenuto in epoca successiva al 30 giugno 1998, in accoglimento del ricorso va dichiarata la giurisdizione del giudice ordinario a conoscere della domanda formulata dal L.P. contro l’Agenzia delle Entrate.

3. La sentenza impugnata va pertanto cassata con rinvio alla Corte di appello di Brescia, ai sensi dell’art. 382 c.p.c., comma 1. Lo stesso giudice di rinvio pronuncerà sulle spese del giudizio di cassazione.

P.Q.M.

La Corte, a sezioni unite, accoglie il ricorso e dichiara la giurisdizione del giudice ordinario; cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte d’appello di Brescia anche per le spese del giudizio di cassazione.

Così deciso in Roma, il 8 giugno 2010.

Depositato in Cancelleria il 21 giugno 2010

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