Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14895 del 13/07/2020

Cassazione civile sez. lav., 13/07/2020, (ud. 27/02/2020, dep. 13/07/2020), n.14895

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. RAIMONDI Guido – Presidente –

Dott. NEGRI DELLA TORRE Paolo – Consigliere –

Dott. ARIENZO Rosa – rel. Consigliere –

Dott. PATTI Adriano Piergiovanni – Consigliere –

Dott. LORITO Matilde – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 16872-2016 proposto da:

G.G.M., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA

LORENZO IL MAGNIFICO 84, presso lo studio dell’avvocato ANTONIO

PETRONGOLO, rappresentato e difeso dall’avvocato CARMELA PERRI;

– ricorrente –

contro

AMACO S.P.A., in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA CORVISIERI 27, presso lo

studio dell’avvocato FRANCESCO FABBRICATORE, rappresentata e difesa

dall’avvocato OTTONE MARTELLI;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1483/2015 della CORTE D’APPELLO di CATANZARO,

depositata il 11/01/2016, R.G.N. 227/2015.

Fatto

RILEVATO

CHE:

1. Il Tribunale di Cosenza, in accoglimento del ricorso proposto da G.G.M., dichiarava il diritto del predetto ad essere assegnato al posto di addetto all’esercizio con decorrenza dal 1.1.2008 e condannava la società AMACO s.p.a. a risarcirgli il danno patrimoniale subito, pari all’indennità di ammontare corrispondente alle differenze stipendiali tra quanto percepito in qualità di operatore di esercizio, par. 158, e quanto spettante in qualità di addetto all’esercizio, par. 193, dal 1.1.2008 sino alla data di effettiva assegnazione, oltre accessori di legge;

1. 2. veniva rilevato che il bando dell’8.8.2006 con il quale era stato indetto un corso – concorso per l’assegnazione di un posto di addetto all’esercizio (par. 193 c.c.n.l. autoferrotranvieri), cui aveva partecipato il ricorrente, collocatosi al quarto posto, prevedeva, all’art. 5, che tutti i posti del profilo di addetto all’esercizio che si fossero resi disponibili nel corso del biennio di validità della graduatoria sarebbero stati coperti attingendo dalla graduatoria stessa e che, in occasione dell’approvazione della stessa, erano stati nominati nella qualifica i primi tre classificati;

1.3. il Tribunale, sul presupposto che i posti di addetto all’esercizio necessari ad assicurare un proficuo servizio fossero otto, come emerso dalla prova orale, ed essendo il dipendente P.A. stato collocato in quiescenza il 31.12.2007, sanciva il diritto del ricorrente all’assegnazione nel posto resosi vacante;

2. la Corte d’appello di Catanzaro, con sentenza dell’11.1.2016, in accoglimento del gravame e riformando la decisione suddetta, rigettava la domanda spiegata in primo grado dal G.;

2.1. rilevava che il tenore del bando era nel senso che il posto da assegnare in esito al concorso nella qualifica indicata era solo ed unicamente quello previsto per il primo classificato e che dalla pianta organica alla data del 18.11.2008 emergeva che erano sette le unità previste nella qualifica di addetto all’esercizio, come evincibile anche da delibera dell’amministrazione, che prevedeva l’aggiunta di un’ulteriore unità alle sei rimaste operative e dalla circostanza che il concorso era stato indetto proprio per il reclutamento di tale ulteriore unità;

2.2. osservava che la previsione nel bando di “posti che si renderanno disponibili” per una ulteriore copertura, da coprire attraverso il cd. scorrimento della graduatoria, era da intendersi come espressione di un diritto potestativo e di una facoltà dell’azienda, in attuazione dell’art. 41 Cost., facoltà estranea ad ogni sindacabilità, sicchè, in funzione di esigenze funzionali ed organizzative, era stato dato corso all’assunzione di tre unità con tale scorrimento, che rappresentava un scelta e non adempimento di alcun obbligo;

2.3. non poteva, pertanto, alla stregua di orientamenti giurisprudenziali di legittimità richiamati dalla Corte distrettuale, ritenersi che il lavoratore fosse titolare di una situazione soggettiva configurabile come diritto soggettivo, in assenza di una disciplina collettiva che garantisse l’avanzamento come effetto diretto di determinate condizioni di fatto di cui fosse accertata l’esistenza in capo ai lavoratori, prescindendosi da ogni indagine valutativa dal parte del datore di lavoro;

2.4. l’obbligo in capo a quest’ultimo doveva ritenersi sussistente solo rispetto ad una “procedimentalizzazione” dell’avanzamento in carriera, legato all’esito favorevole del concorso ed all’osservanza dei criteri per l’espletamento della procedura concorsuale e dei requisiti che davano diritto alla promozione, ma non creava alcun obbligo datoriale in ordine al numero dei lavoratori da assumere che era frutto di discrezionalità del datore;

3. di tale decisione domanda la cassazione il G., affidando l’impugnazione a due motivi, cui resiste, con controricorso, la società;

4. vi è stata costituzione di nuovo difensore per la controricorrente ed entrambe le parti hanno depositato memorie, ai sensi dell’art. 380 bis.1 c.p.c.

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

1. con il primo motivo, il G. denunzia violazione e falsa applicazione degli artt. 1336,1375 c.c. e dell’art. 5 del bando di concorso indetto all’AMACO in data 8.8.2006, assumendo che il bando del corso-concorso sia da inquadrare nella categoria dell’offerta al pubblico di cui all’art. 1336 c.c., rivolta ad una generalità indeterminata di soggetti, vincolante per il proponente nei confronti di coloro che, in possesso dei requisiti richiesti, chiedano di partecipare al concorso e si collochino utilmente nella graduatoria degli aspiranti;

1.2. osserva che il datore di lavoro, in adesione a principi di correttezza e buona fede, sia vincolato all’obbligo assunto contrattualmente, con la conseguenza che, in caso di violazione di quest’ultimo, incorre in responsabilità contrattuale per inadempimento, esponendosi al risarcimento del danno in favore del lavoratore che abbia subito la lesione del suo diritto all’adempimento dell’obbligo di copertura del posto resosi disponibile nel profilo lavorativo; aggiunge che nel caso di specie la vacanza non era stata mai contestata dall’AMACO e che, peraltro, dalle copie relative alla consistenza organica del personale per gli anni di riferimento emergeva che fino al 2008 il numero di addetti all’esercizio erano otto e che solo successivamente si era deciso di ridurne il numero a sette;

2. il secondo motivo ascrive alla decisione violazione e falsa applicazione degli artt. 115 e 116 c.p.c., dell’art. 2697 c.c., travisamento delle prove e mancata e contraddittoria motivazione, adducendo il ricorrente che il giudice del gravame si era riferito alla situazione emergente dalla pianta organica (“confezionata all’occorrenza”), contrastante con la consistenza organica” depositata agli atti dell’Ente datoriale, da cui emergeva che per l’anno 2007 le unità addette alla qualifica in considerazione erano otto e non sette e che tale situazione era confermata dalla Delib. Consiglio di Amministrazione della società del 28 giugno 2007, che attribuiva il profilo di addetto all’esercizio, oltre che al primo in graduatoria, anche al secondo ed al terzo, con ciò provvedendo alla copertura di ben nove posti;

2.1. osserva che la vacanza del posto era stata confermata anche dal teste P.A., collocato in quiescenza, il quale aveva indicato come pari ad otto unità il numero dei lavoratori con la qualifica di addetto all’esercizio, nell’anno 2007;

3. il secondo motivo è palesemente inammissibile per quanto reiteratamente affermato da questa Corte con riguardo alla deduzione di violazione delle norme richiamate, in quanto un’autonoma questione di malgoverno degli artt. 115 e 116 c.p.c. e art. 2697 c.c. può porsi solo allorchè il ricorrente alleghi che il giudice di merito: – abbia posto a base della decisione prove non dedotte dalle parti ovvero disposte d’ufficio al di fuori o al di là dei limiti in cui ciò è consentito dalla legge; – abbia fatto ricorso alla propria scienza privata ovvero ritenuto necessitanti di prova fatti dati per pacifici; – abbia disatteso, valutandole secondo il suo prudente apprezzamento, delle prove legali, ovvero abbia considerato come facenti piena prova, recependoli senza apprezzamento critico, elementi di prova che invece siano soggetti a valutazione; – abbia invertito gli oneri probatori. E poichè, in realtà, nessuna di tali situazioni è rappresentata nei motivi anzidetti, le relative doglianze sono mal poste, tendendo unicamente ad una rivisitazione del merito, non consentita nella presente sede di legittimità;

4. quanto al primo motivo, è sufficiente richiamare quanto sancito da questa Corte, sia pure in materia di impiego pubblico contrattualizzato, secondo cui: “nel pubblico impiego contrattualizzato, anche ai fini della selezione interna per l’accesso a posti superiori vacanti, analogamente a quanto accade per le procedure concorsuali preordinate all’assunzione di dipendenti, la scelta dell’amministrazione di utilizzare le graduatorie degli idonei “per scorrimento” non costituisce un diritto soggettivo degli stessi, ma postula sempre l’esercizio prioritario di una discrezionalità della P.A. nel coprire il posto o la posizione disponibile, ove un obbligo in tal senso non sia contemplato dalla contrattazione collettiva o dal bando” (cfr. Cass. 12.2.2018 n. 3332, in tali termini sviluppandosi, per quanto di interesse, la motivazione sul punto: il riferimento “all’utilizzazione della graduatoria per “eventuali ulteriori disponibilità di posti”, correttamente non è stato ritenuto volto “a limitare il potere discrezionale dell’amministrazione di decidere se coprire effettivamente quei posti astrattamente resisi disponibili”, in quanto “il concetto di eventualità” s’intende riferito, in effetti non solo (e non tanto) alla concreta verificabilità delle scoperture per eventi oggettivi, quali morte, pensionamento, dimissioni, passaggi ad altre amministrazioni, bensì all’espressione affermativa della discrezionalità dell’amministrazione di voler dar luogo alle coperture, la quale può dipendere da vari fattori di opportunità ovvero da esigenze di riduzione di spesa per il personale”);

4.1. negli stessi termini si pongono ulteriori pronunce di questa Corte, secondo cui “in materia di procedure concorsuali della P.A. preordinate all’assunzione dei dipendenti, l’istituto del cosiddetto “scorrimento della graduatoria” presuppone necessariamente una decisione dell’amministrazione di coprire il posto; pertanto l’obbligo di servirsi della graduatoria entro il termine di efficacia della stessa preclude all’amministrazione di bandire una nuova procedura concorsuale ove decida di reclutare personale, ma non la obbliga all’assunzione dei candidati non vincitori in relazione a posti che si rendano vacanti e che l’amministrazione stessa non intenda coprire, restando inoltre escluso che la volontà dell’amministrazione di coprire il posto possa desumersi da un nuovo bando concorsuale, poi annullato, ovvero da assunzioni di personale a termine” (ex aliis, cfr. Cass., s. u., 12.11.2012 n. 19595);

4.2. tanto premesso, nel bando del corso concorso dell’8.8.2006, trascritto anche nella sentenza impugnata, è affermato che: “la graduatoria, che avrà validità di due anni, sarà formulata sommando i punteggi”… “Tutti i posti del profilo di addetto all’esercizio che si renderanno disponibili nel corso del biennio di validità della graduatoria, saranno coperti attingendo dalla graduatoria stessa” ed il tenore del bando è coerente con quanto statuito dalla Corte distrettuale, che correttamente ha ritenuto che il lavoratore non possa vantare più che un’aspettativa alla copertura del posto corrispondente alla qualifica di “addetto all’esercizio” e non già un diritto soggettivo, posto che la copertura è rimessa alla discrezionalità del datore in funzione di esigenze di organico la cui individuazione compete unicamente allo stesso; il richiamo alla disponibilità di posti nel corso del biennio non può che rimandare ai poteri imprenditoriali di valutazione della consistenza dell’organico, dovendo ritenersi che il vincolo sussista solo quanto all’obbligo di attingere dalla graduatoria per un biennio;

5. alla stregua di tali considerazioni, il ricorso va complessivamente respinto;

6. le spese del presente giudizio seguono la soccombenza del ricorrente e sono liquidate nella misura indicata in dispositivo;

7. sussistono le condizioni di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater.

PQM

la Corte rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità, liquidate in Euro 200,00 per esborsi, Euro 4000,00 per compensi professionali, oltre accessori come per legge, nonchè al rimborso delle spese forfetarie in misura del 15%.

Ai sensi del D.P.R. n. 30 maggio 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dell’art. 13, comma 1bis citato D.P.R., ove dovuto.

Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale, il 27 febbraio 2020.

Depositato in Cancelleria il 13 luglio 2020

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