Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14894 del 01/07/2014


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 14894 Anno 2014
Presidente: DI PALMA SALVATORE
Relatore: CRISTIANO MAGDA

ORDINANZA
sul ricorso 24408-2011 proposto da:
BANCA di FORLI’ CREDITO COPERATIVO SOC. COOP. 00124950403, in persona del
Presidente del C.d.A. p.t., elettivamente domiciliata in ROMA, alla via OSLAVIA 14, presso lo studio
dell’avvocato NICOLA MANCUSO, che la rappresenta e difende giusta procura a margine del ricorso;
– ricorrente –

Contro
FALLIMENTO C.A. COSTRUZIONI DI CERVELLERA GEOM. ANTONIO 02210740391, in
• persona del Curatore, elettivamente domiciliato in ROMA, alla via A. CARONCINI 27, presso lo
studio dell’avvocato FLAMINIO SENSI GINNASI POGGIOLINI, che lo rappresenta e difende
unitamente agli avvocati LUCA MORGAGNI e LISA MASETTI giusta procura a margine del
controricorso;
– controricorrente avverso la sentenza n. 837/2011 del TRIBUNALE di RAVENNA del 16/03/2011, depositata il
02/08/2011;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 23/04/2014 dal Consigliere Relatore
Dott. MAGDA CRISTIANO;
udito l’avvocato Mancuso, difensore della ricorrente, che si riporta agli scritti.

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Data pubblicazione: 01/07/2014

6)L’eccezione preliminare di rito svolta dal Fallimento appare manifestamente
infondata: il tribunale ha infatti pronunciato in una causa di opposizione allo stato
passivo soggetta, ratione temporis, al rito riformato di cui all’ad. 99 I. fall. (introdotto
dal d. Igs. n. 5/06 ed ulteriormente modificato dal d. Igs. n. 169/07), che si conclude
con decreto impugnabile in cassazione. Non si comprende, allora, perché il mero
fatto che il provvedimento sia stato (erroneamente) denominato “sentenza” anziché
decreto dovrebbe essere sufficiente a modificarne il regime di impugnazione, tanto
più che, al di là del nomen iuris adottato dal legislatore, e contrariamente a quanto
sostenuto dal controricorrente, anche il decreto emesso ai sensi dell’ad. 99 cit. deve
essere motivato ed ha natura pienamente decisoria.
7)1 tre motivi del ricorso, che sono fra loro connessi e che possono essere
congiuntamente esaminati, appaiono inammissibili, anche se appare necessario
correggere parzialmente, ai sensi dell’ad. 384 u. comma c.p.c., la motivazione in
base alla quale il tribunale ha, conformemente a diritto, respinto l’opposizione.
Il giudice del merito ha infatti inutilmente affrontato le questioni della natura (regolare
o irregolare) del pegno e della sua revocabilità ai sensi dell’ad. 671. fall., in quanto si
sarebbe dovuto limitare a rilevare che la banca, restituendo (in via incondizionata) al
curatore la somma ricavata dalla vendita dei titoli oggetto della garanzia, aveva per
ciò stesso riconosciuto non solo che il pegno era regolare (atteso che in caso di
pegno irregolare essa avrebbe potuto eccepire il suo diritto alla compensazione, ex
ad. 56 I.fall. e trattenere la somma incassata, decurtandola dal credito insinuato), ma
la stessa fondatezza della domanda revocatoria avanzata (in via informale) nei suoi
confronti; era dunque precluso alla banca di ottenere dal giudice una pronuncia di
insussistenza dei presupposti dell’azione, trattandosi di pretesa incompatibile con il
comportamento, univoco e concludente, in precedenza tenuto.
Va d’altro canto osservato che l’odierna ricorrente difettava anche di interesse a
siffatta pronuncia, in quanto, aderendo alla richiesta del curatore, essa aveva

E’ stata depositata la seguente relazione, ritualmente comunicata alle parti:
1)11 Tribunale di Ravenna, con prowedimento, denominato “sentenza”, del 2.8.011,
ha respinto l’opposizione allo stato passivo del Fallimento di Cervellera Antonio
proposta dalla Banca di Forlì soc.coop. per ottenere l’ammissione in via privilegiata
pignoratizia del credito di € 29.847,46, ammesso dal G.D. al chirografo.
Il giudice del merito ha rilevato: che la banca, dopo aver ricavato una somma pari al
credito in contestazione dalla vendita di titoli che le erano stati dati in pegno
dall’imprenditore poi fallito, l’aveva restituita alla curatela, che gliene aveva fatto
richiesta ai sensi dell’ art. 67 1.fall.; che la richiesta della curatela era legittima, in
quanto si versava in ipotesi di pegno regolare, revocabile ai sensi del I o del II
comma della norma; che, una volta restituita la somma, la banca aveva perso la
prelazione, ex art. 2787 II comma c.c..
La Banca di Forlì ha impugnato il provvedimento con ricorso per cassazione affidato
a tre motivi.
2)Con il primo motivo la ricorrente, denunciando vizio di motivazione, contesta che
il pegno, costituito con atto antecedente di 22 mesi alla sentenza dichiarativa, fosse
revocabile ai sensi dell’ad. 671. fall.
3)Col secondo motivo, denunciando ulteriore vizio di motivazione, la banca deduce
che, contrariamente a quanto affermato dal tribunale, il pegno era da qualificarsi
irregolare, con la conseguenza che essa aveva acquistato la proprietà della somma
ricavata dalla vendita dei titoli e non era tenuta ad insinuarsi al passivo per far valere
la prelazione.
4)Con il terzo motivo, denunciando violazione dell’art. 2787 c.c., la ricorrente
lamenta l’illegittimità della richiesta rivoltale dal curatore ai sensi dell’art. 67 I. fall.,
attesa, per l’appunto, la natura irregolare del pegno.
5)11 Fallimento di Antonio Cervellera ha resistito con controricorso, con il quale ha
preliminarmente eccepito l’inammissibilità del ricorso, proposto contro una sentenza
che avrebbe dovuto essere appellata.

Il collegio ha esaminato gli atti, ha letto la relazione e ne ha condiviso le conclusioni.
Il ricorso va pertanto dichiarato inammissibile.
Le spese del giudizio seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento
delle spese processuali, che liquida in € 3.600, di cui € 20 per esborsi, oltre
rimborso forfetario del 15% ed accessori di legge.
Roma, 23 aprile 2014.

definitivamente rinunciato a far valere il proprio diritto di prelazione, non più
esercitabile (ai sensi dell’art. 2787 Il comma c.c.) una volta perduto il possesso dei
titoli costituiti in pegno.
Tanto potrebbe essere deciso in camera di consiglio, ai sensi degli artt. 375 e 380
bis c.p.c.

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