Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14893 del 21/06/2010

Cassazione civile sez. un., 21/06/2010, (ud. 08/06/2010, dep. 21/06/2010), n.14893

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONI UNITE CIVILI

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CARBONE Vincenzo – Primo Presidente –

Dott. DE LUCA Michele – Presidente di Sezione –

Dott. TRIOLA Roberto Michele – Presidente di Sezione –

Dott. FIORETTI Francesco Maria – Consigliere –

Dott. MACIOCE Luigi – rel. Consigliere –

Dott. LA TERZA Maura – Consigliere –

Dott. MAZZACANE Vincenzo – Consigliere –

Dott. MORCAVALLO Ulpiano – Consigliere –

Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 8113-2009 proposto da:

MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, in persona del Ministro pro-tempore,

COMMISSIONE ESAMINATRICE DEL CONCORSO NOTARILE INDETTO CON D.M. 20

dicembre 2002, in persona del Presidente pro-tempore, elettivamente

domiciliati in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA

GENERALE DELLO STATO, che li rappresenta e difende ope legis;

– ricorrenti –

contro

G.S. ((OMISSIS)), elettivamente domiciliata in

ROMA, VIA CONDOTTI 9, presso lo studio dell’avvocato SCHETTINO

GIUSEPPINA, che la rappresenta e difende, per delega a margine del

controricorso;

– controricorrente –

e contro

C.C., GI.MA.CH., T.F.;

– intimati –

avverso la decisione n. 1242/2008 del CONSIGLIO DI STATO, depositata

il 27/03/2008;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

08/06/2010 dal Consigliere Dott. LUIGI MACIOCE;

uditi gli avvocati Cristina GERARDIS dell’Avvocatura Generale dello

Stato, Giuseppina SCHETTINO;

udito il P.M. in persona dell’Avvocato Generale Dott. IANNELLI

DOMENICO, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza n. 3039 del 2006 il TAR per il Lazio respinse il ricorso di G.S., diretto all’annullamento dell’atto con il quale ella era stata esclusa, in ragione di un preteso “travisamento della traccia”, dall’ammissione alle prove orali nel concorso a duecento posti di notaio indetto con Decreto 20 dicembre 2002. La G. interpose appello innanzi al Consiglio di Stato che, con sentenza n. 1242 in data 23.3.2008, lo accolse affermando sussistere il denunziato errore madornale a carico della valutazione della Commissione giudicatrice la quale, incorrendo in eccesso di potere, aveva travisato il contenuto della traccia assegnata ai candidati supponendo erroneamente che essa postulasse dati di contro incontrovertibilmente esclusi (la Commissione aveva infatti ritenuto frutto di travisamento della traccia la stesura di atto non contemplante la partecipazione di un terzo al medesimo, terzo del quale era dai contraenti solo promessa la prestazione: il Consiglio di Stato su tal rilievo ha di contro ritenuto errore madornale della Commissione proprio l’avere postulato come essenziale la partecipazione di tal terzo all’atto).

Per la cassazione di tale decisione il Ministero della Giustizia ha proposto ricorso ex art. 362 c.p.c., comma 1 in data 25.3.2009 formulando quesito di diritto per il quale la decisione del CdS che abbia, sul rilievo della natura giuridica delle valutazioni, sovrapposto la propria valutazione di merito a quella della commissione esaminatrice, rappresenterebbe una invasione della sfera di discrezionalità tecnica della P.A. e costituirebbe pertanto violazione del limite esterno della giurisdizione.

Al ricorso si è opposta la G. con controricorso 29.4.2009, illustrato con memoria, deducendo la inammissibilità e l’infondatezza della impugnazione. Il relatore, designato dal Primo Presidente ai sensi degli artt. 377 e 380 bis c.p.c., ha depositato relazione in data 24/9/2009 nella quale, sul rilievo della manifesta infondatezza della censura di indebita invasione da parte del Giudice Amministrativo dell’area di valutazioni tecniche riservata alla P.A., ha proposto la definizione camerale del ricorso.

Trattenuta la causa in decisione, il Collegio, con ordinanza 2791 in data 9/2/2010, ha ritenuto che non sussistessero le condizioni di cui all’art. 375 c.p.c. per la definizione del ricorso in camera di consiglio e pertanto, applicandosi il disposto dell’art. 380 bis c.p.c., u.c., nel testo anteriore alla modifica apportata dalla L. n. 69 del 2009, art. 47, ha disposto che la causa fosse rinviata alla pubblica udienza.

Fissata la pubblica udienza dell’8 Giugno 2010, i difensori delle parti hanno depositato memorie ed illustrato le difese in discussione orale.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Ritiene il Collegio che le censure proposte dalla ricorrente Amministrazione della Giustizia nei confronti della impugnata decisione del Consiglio di Stato, per la prospettata invasione della sfera della discrezionalità tecnica riservata dalla legge alla valutazione della commissione esaminatrice, non meritino di essere condivise.

Rammentato come nella giurisprudenza di queste Sezioni Unite sia acquisita la configurazione della ipotesi dell’eccesso di potere giurisdizionale del giudice amministrativo nelle sole pronunzie che sconfinino nel “merito” o sostituiscano la propria alla “valutazione” della Pubblica Amministrazione (si ricordano, dalle men recenti decisioni nn. 313 e 9344 del 1997 alle più recenti pronunzie n. 28263 del 2005 e n. 13176 del 2006), occorre interrogarsi, come sollecita a fare la questione sottoposta dal ricorso, sull’ambito consentito del sindacato giurisdizionale di legittimità sulle valutazioni delle commissioni esaminatrici, valutazioni inserite in un procedimento amministrativo complesso nel quale viene ad iscriversi il momento valutativo tecnico dell’organo straordinario della pubblica amministrazione, la Commissione esaminatrice.

Se nessun problema è mai sorto con riguardo al controllo di legalità del giudice amministrativo sull’osservanza delle regole del procedimento (e si richiama al proposito il principio posto dalle S.U. con la sentenza n. 22219 del 2006 sul controllo di regolarità delle operazioni concorsuali per la selezione di aspiranti al notariato), problema si è posto – pervenendo alla consapevole attenzione del Consiglio di Stato – e nondimeno tuttora si pone, come attestato dalle prospettazioni della ricorrente Amministrazione in evidente dissenso dalla giurisprudenza del giudice amministrativo, con riguardo al controllo esperibile nei riguardi delle valutazioni adottate, all’esito di procedure concorsuali, dalla commissione esaminatrice.

Ebbene, il principio a suo tempo posto dal Consiglio di Stato con riguardo al sindacato su dette valutazioni è che non sussiste ragione per sottrarne l’accertamento al controllo del giudice amministrativo, essendo predicabile un sindacato che giunga, senza impingere nella riserva di intangibilità del merito amministrativo, ben più che al controllo della mera coerenza logica della argomentazione al diretto sindacato di attendibilità dei giudizi tecnici adottati, restando esclusa pertanto la possibilità di alcun intervento demolitorio sulle valutazioni attendibili ancorchè opinabili (in tal senso il chiaro, ed innovativo, approdo del Consiglio di Stato nella nota decisione 9.4.1999 n. 601; ed in tal senso è stata la successiva concorde giurisprudenza di tal Giudice, come attestato, tra le tante, dalle decisioni n. 2781/2007, n. 5862/2008, n. 5757/2009 e n. 835/2010), con la conseguenza di veder adottate, in perfetta conformità al ruolo “debole” del sindacato stesso, decisioni di annullamento “con ricorrezione” delle valutazioni delle commissioni esaminatrici affette da manifesta inattendibilità od implausibilità.

Nondimeno, il fermo indirizzo del Consiglio di Stato viene sottoposto, unitamente a critiche esposte nel ricorso dell’Avvocatura Generale e riproposte in memoria che non appaiono condivisibili, ad una osservazione non implausibile, quella per la quale il parametro di inattendibilità adottato per individuare valutazioni inaccettabili (ad esempio perchè affette da errori madornali) sarebbe sostanzialmente elusivo del divieto di sovrapposizione, posto che, come reso assai evidente nella ipotesi di un sindacato del giudice su valutazioni rese da commissioni composte da giuristi in ordine ad elaborati in materie giuridiche, la madornalità dell’errore è un criterio certamente suggestivo per la sua astratta attitudine selettiva ma, altrettanto certamente, aperto ad una lettura soggettiva idonea a vanificarne la utilizzabilità come sintomo del censurabile eccesso di potere ed a consentire indebite sovrapposizioni di giudizio.

Ritiene quindi il Collegio che una ragionevole risposta alla questione di giurisdizione posta nella vicenda in disamina debba passare attraverso una chiarificazione del significato e della collocazione procedimentale delle valutazioni tecniche richieste ad una commissione di esame preposta alla selezione dei candidati per l’accesso a professioni legali (e, per quel che occupa, al notariato), da tale premessa discendendo la meditata delimitazione del sindacato del giudice amministrativo su quelle valutazioni ed alla stregua di tale premessa ben potendosi risolvere la questione di giurisdizione posta nella vicenda che occupa.

La valutazione demandata alla commissione esaminatrice è, in primo luogo, certamente priva di “discrezionalità”, perchè la commissione non è attributaria di alcuna ponderazione di interessi nè della potestà di scegliere soluzioni alternative, ma è richiesta di accertare, secondo criteri oggettivi o scientifici (che la legge impone di portare a preventiva emersione), il possesso di requisiti di tipo attitudinale-culturale dei partecipanti alla selezione la cui sussistenza od insussistenza deve essere conclusivamente giustificata (con punteggio, con proposizione sintetica o con motivazione, in relazione alle varie “regole” legali delle selezioni).

E’ noto, a tal ultimo proposito, che il giudizio si esprime, secondo i principali regimi selettivi, con un voto (esame di abilitazione alla professione forense), con un voto per gli idonei ed un giudizio sintetico di inidoneità (concorso per magistrato ordinario), con un voto ed un giudizio motivato di inidoneità (concorso per notaio, alla stregua del D.Lgs. n. 166 del 2006, vigente art. 11, comma 5), con scelta legislativa diversamente modulata ma non per questo arbitraria e restando non priva di ragionevolezza la soluzione, nelle prime due ipotesi consigliata da considerazioni di celerità della procedura, della inidoneità non motivata. Da un canto si è rilevato che le relative valutazioni, comunque formulate all’interno del procedimento amministrativo di selezione, non precludono in alcun modo la piena tutela innanzi al giudice amministrativo. (in tal senso le decisioni della Corte Costituzionale, in sent. 20/2009 e ord. 78/2009), al sindacato del giudice amministrativo, giudice del fatto come della legittimità dell’atto, non essendo certo sottratta la considerazione complessiva di coerenza tra traccia, criteri ed elaborato sol perchè la valutazione negativa si sia espressa con la secca formula di “non idoneo”. Dall’altro canto la motivazione o il giudizio sintetico sono soltanto la formula conclusiva di una valutazione che ha preso le mosse dalla proposta di elaborato contenuta nella traccia ed ha autolimitato la sua espansione nel delicato momento della elaborazione, ed ostensione, dei criteri di valutazione. E sul punto giova articolare alcune osservazioni.

E’ ben noto che la commissione esaminatrice è tenuta per legge a far precedere la correzione, e le singole valutazioni, da una sintesi delle proprie ipotesi valutative (i criteri di cui al D.P.R. n. 487 del 1994, art. 12, comma 1, modificato dal D.P.R. n. 693 del 1996, ed al citato D.Lgs. n. 166 del 2006, art. 10, comma 2). Ebbene, la consistenza e la rilevanza di tale momento procedimentale paiono meritevoli della massima attenzione: il legislatore ha imposto alla commissione esaminatrice la preventiva, generale ed astratta posizione delle proprie regole di giudizio, al fine di assicurare che le singole, numerose, anche remote valutazioni degli elaborati (nell’ampio arco temporale delle odierne procedure di selezione) siano tutte segnate dai caratteri della omogeneità e permanenza, solo attraverso la fissazione di tale preventiva cornice potendo ragionevolmente essere assicurato l’auspicato risultato di una procedura concorsuale trasparente ed equa.

Ed è altrettanto evidente che il legislatore abbia richiesto alla commissione esaminatrice di darsi criteri che non si riducano alle note, tautologiche, formule sul necessario omaggio alle esigenze di rigore e correttezza espositiva, di pertinenza argomentativa e di esibizione culturale da parte del candidato ma che siano le regole guida, predeterminate e pertanto non mutabili, di quanto con la traccia proposta viene richiesto e di quanto (in specie nell’ottica aperta propria della opinabilità delle soluzioni giuridiche) ci si attende, in termini di risultato finale rappresentante lo standard minimo per una valutazione di idoneità.

Tanto evidenzia il rapporto di corrispondenza biunivoca tra traccia e susseguenti criteri, la prima integrando il quesito “aperto” sottoposto ai candidati ed i secondi esibendo i parametri dei futuri giudizi di adeguatezza – inadeguatezza dei singoli elaborati rispetto alle “attese” originate da quel quesito.

Quanto più espliciti ed analitici saranno i criteri con riguardo ai livelli di accettabilità dell’elaborato rispetto alle proposte contenute nella traccia tanto rilevante diventerà l’onere di giustificare con adeguata motivazione il singolo giudizio afferente l’elaborato esaminato, in tal guisa cogliendosi la portata programmatica dell’obbligo di cui al D.P.R. 487 del 1994, richiamato art. 12, comma 1, in grado di unificare, in una unica logica procedimentale che anticipa alla sede generale la prefigurazione delle future valutazioni, tutte le procedure di concorso per esami siano esse concluse da valutazioni numeriche, motivate o “miste”.

Su queste premesse, e prendendo le mosse da un quadro della giurisprudenza del Consiglio di Stato che ha, nel decennio decorso, esibito una ragionevole sintesi tra efficace controllo di legalità e rispetto dell’autonomia valutativa dell’Amministrazione, spetta a queste Sezioni Unite delineare con chiarezza gli ambiti di un controllo dell’operato delle commissioni che sia rispettoso dei limiti posti alla giurisdizione del giudice amministrativo.

In coerenza con il ruolo proprio del giudice amministrativo, che assume piena cognizione anche dei fatti, detto giudice potrà essere dall’interessato richiesto di esaminare: se i criteri, chiaramente esplicitati o sommariamente enunciati ma desunti anche dalle motivazioni poste a base delle valutazioni, siano coerenti con le possibilità di argomentazione offerte dalla traccia, o non siano, di contro, irragionevolmente restrittivi; se la motivazione data all’esito della singola valutazione, ove imposta e pertanto redatta, evidenzi un travisamento delle premesse logico-giuridiche alla base dei criteri o sia inficiata da elementi di contraddizione al suo interno; se il giudizio sintetico od il risultato numerico di inidoneità, autorizzati dalla norma, resi su di un elaborato, appaiano, alla lettura di esso, frutto di travisamento dei criteri posti espressamente o siano espressivi della adozione di criteri irragionevolmente restrittivi.

Venendo al tema sottoposto dal ricorso le sopra esposte precisazioni conducono ad affermare, contrariamente alla opinione dell’Amministrazione ricorrente, che il Consiglio di Stato, pur qualificando il proprio intervento demolitorio nei non condivisibili termini della repressione di un “errore madornale”, abbia esercitato un sindacato rigorosamente compreso nell’ambito della conferita potestas judicandi là dove ha ravvisato un elemento di grave irragionevolezza nella attribuzione alla traccia di una portata delimitante i risultati “accettabili” in termini indebitamente restrittivi.

Ed invero, in difetto di una organica ostensione preventiva dei criteri, nel senso ed agli effetti che sopra si sono richiamati, il giudice amministrativo ha rettamente ritenuto che fosse la motivazione della inidoneità in disamina a “confessare” l’adozione del criterio, quello per il quale nella stesura della parte pratica afferente la configurazione dell’apporto del terzo società Gamma alla operazione di cessione aziendale da Alfa a Beta dovesse essere assicurata la effettività dell’assunzione delle passività di Alfa da parte della controllante Gamma e che tale effettività non potesse passare se non attraverso la partecipazione di Gamma all’atto. E tale criterio di necessaria partecipazione è stato dal giudice amministrativo ritenuto in rapporto di anomalia rispetto al ventaglio delle plausibili risposte alla proposta di trattazione, tra esse primario rilievo assumendo proprio la configurazione di un ruolo del terzo ai sensi dell’art. 1381 c.c., quale la candidata aveva nell’elaborato valorizzato, configurazione che, ad avviso dello stesso giudice, poggiava su eloquenti elementi testuali e sistematici della traccia sottoposta ai candidati.

Di nessun rilievo nella presente sede sono considerazioni attinenti alla condivisibilità della interpretazione che il Consiglio di Stato ha condotto sul versante del rapporto di continenza tra criterio e traccia, interpretazione appartenente per intero al merito del giudizio spettante al predetto Giudice, nel mentre è di evidente rilievo il fatto che l’esito di quella interpretazione sia stata l’aver ravvisato una evidente rottura di quel rapporto di continenza per essere stato adottato un criterio di valutazione irragionevolmente restrittivo (perchè escludente un esito, a torto od a ragione, ritenuto altamente attendibile).

Nei predetti termini, pertanto, la decisione del Consiglio di Stato si è mantenuta nei limiti del sindacato consentito al giudice amministrativo, del quale pertanto, rigettato il ricorso, va affermata la giurisdizione.

I profili di evidente novità della questione di giurisdizione consigliano di compensare tra le parti le spese del giudizio.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso, dichiara la giurisdizione del giudice amministrativo e compensa per intero tra le parti le spese del giudizio.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 8 giugno 2010.

Depositato in Cancelleria il 21 giugno 2010

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