Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14891 del 21/06/2010

Cassazione civile sez. un., 21/06/2010, (ud. 18/05/2010, dep. 21/06/2010), n.14891

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONI UNITE CIVILI

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ELEFANTE Antonino – Primo Presidente f.f. –

Dott. PROTO Vincenzo – Presidente di Sezione –

Dott. D’ALONZO Michele – Consigliere –

Dott. PICONE Pasquale – Consigliere –

Dott. FINOCCHIARO Mario – rel. Consigliere –

Dott. CECCHERINI Aldo – Consigliere –

Dott. MACIOCE Luigi – Consigliere –

Dott. BUCCIANTE Ettore – Consigliere –

Dott. CURCURUTO Filippo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso 15239/2009 proposto da:

CIRSA ITALIA S.P.A. (già S.R.L.) ((OMISSIS)), in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

DELLA VITE 7, presso lo studio dell’avvocato MASINI MARIA STEFANIA,

che la rappresenta e difende unitamente agli avvocati DE CESARIS ADA

LUCIA, NESPOR STEFANO, SAVI ALBERTO, per delega a margine del

ricorso;

– ricorrente –

contro

PROCURATORE REGIONALE PRESSO LA SEZIONE GIURISDIZIONALE DELLA CORTE

DEI CONTI PER LA REGIONE LAZIO, elettivamente domiciliato in ROMA,

VIA BAIAMONTI 25;

– controricorrente –

per regolamento di giurisdizione in relazione al giudizio pendente n.

5430/06 della CORTE DEI CONTI – Sezione giurisdizionale di ROMA;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

18/05/2010 dal Consigliere Dott. MARIO FINOCCHIARO;

lette le conclusioni scritte del Sostituto Procuratore Generale Dott.

Pasquale CICCOLO, il quale chiede che la Corte di Cassazione, a

sezioni unite, dichiari il difetto di giurisdizione della Corte dei

Conti.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Il 4 luglio 2006 il Procuratore Regionale presso la Sezione giurisdizionale della Corte dei conti presso la Regione Lazio ha depositato istanza di resa del conto nei confronti della Cirsa Italia s.p.a. – concessionaria dell’Amministrazione autonoma dei Monopoli di Stato per l’attivazione e la conduzione operativa della rete per la gestione telematica del gioco lecito – sul presupposto della sua qualità di agente contabile.

Il Presidente della Sezione giurisdizionale della Corte, con decreto 24 novembre 2008, preso atto che “il suddetto agente della riscossione deve presentare i conti giudiziali degli esercizi 2004, 2005 e successivi, fino alla durata della concessione, degli introiti complessivamente derivati dalla gestione telematica del gioco lecito, compreso il compenso del concessionario essendo il medesimo obbligato alla esatta contabilizzazione delle somme giocate e delle vincite nonchè al relativo versamento del Prelievo Erariale unico”, ha assegnato il termine per il deposito del conto giudiziale.

La Cirsa Italia s.p.a. non ha depositato il conto e, in data 19 maggio 2009, si è costituita nel giudizio davanti alla Corte dei Conti contestando la qualifica di agente contabile.

Successivamente, con atto 23 giugno 2009 e date successive La Cirsa Italia s.p.a. ha proposto regolamento preventivo di giurisdizione chiedendo a queste Sezioni Unite di precisare “se il concessionario di attività di gestione telematica del gioco lecito con apparecchi, di cui al R.D. n. 773 del 1931, art. 110, comma 6, sia agente contabile e, quindi, soggetto alla resa del conto giudiziale e alla giurisdizione della Corte dei conti”.

Costituitosi in giudizio il Procuratore regionale presso la Sezione giurisdizionale della Corte dei conti per la Regione Lazio ha dedotto, da un lato, la inammissibilità del ricorso, essendo divenuta – a suo avviso – definitiva la decisione sul merito dell’istanza del P.M. per resa del conto, dall’altra, la infondatezza dell’avverso ricorso, sussistendo in capo alla controparte la qualità di “agente contabile”.

Il P.G. ha chiesto sia dichiarato il difetto di giurisdizione della Corte dei conti.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Come anticipato in parte espositiva il Procuratore regionale presso la Sezione giurisdizionale della Corte dei conti per la Regione Lazio deduce – in limine – la inammissibilità del ricorso, essendo divenuta definitiva la decisione sul merito dell’istanza del P.M. per resa del conto.

Si assume, infatti, che la struttura del giudizio per resa del conto è modellata sul paradigma dei giudizi sommari previsti dal codice di procedura civile:

– la Sezione decide in camera di consiglio inaudita altera parte sull’istanza del P.M.;

– in caso di accoglimento (e, quindi, di riconoscimento dell’obbligo della resa del conto), fissa il termine per il deposito del conto;

– può seguire una fase di cognizione nel cui ambito il soggetto intimato può opporsi all’intimazione contestando la sussistenza dei presupposti dell’obbligo della resa del conto (c.d. opposizione contabile).

Poichè nel caso in esame, la Cirsa Italia s.p.a. non ha presentato il conto nel termine concesso nè ha introdotto il giudizio di opposizione tempestivamente (entro trenta giorni dalla notificazione della decisione della Sezione assunta con il decreto del 24 novembre 2008), nel cui ambito soltanto avrebbe potuto presentare il regolamento preventivo di giurisdizione – assume il Procuratore regionale – è tardiva la memoria presentata il 19 maggio 2009.

2. L’assunto deve disattendersi.

Come già osservata da questa Corte regolatrice, tanto il giudizio di conto quanto il giudizio per resa del conto presentano una prima fase, a finalità istruttoria ed a cognizione sommaria, caratterizzata dalla mancanza di un effettivo contraddittorio con l’agente contabile, fase la quale non è suscettiva di sfociare in una pronuncia definitiva di una parte del giudizio e preclusiva di ogni possibilità di contestare, nello (stesso grado del processo, la esistenza della obbligazione del rendiconto in capo al soggetto cui si faccia carico e la esistenza, nel giudice contabile, del correlativo potere sindacatorio nei suoi confronti.

Nel giudizio di conto l’agente contabile viene ritenuto, fittiziamente, costituito sin dal momento in cui egli o l’amministrazione dalla quale dipende abbiano presentato al giudice il conto per la sua verificazione (R.D. n. 1214 del 1934, art. 45, comma 1, sull’ordinamento della Corte dei Conti), e se detta verificazione si concluda positivamente, per non essere emerse irregolarità, l’accordo tra il Magistrato relatore, il Presidente della. Sezione ed il Procuratore generale mette capo al decreto presidenziale di approvazione del conto con discarico del contabile, senza che si dia luogo alla ulteriore fase, contenziosa, del giudizio.

Viceversa, quando il suindicato accordo manchi, od essendo emerse irregolarità il Magistrato relatore chieda la condanna del contabile oppure la adozione di provvedimenti interlocutori o definitivi, il conto viene iscritto a ruolo per la discussione (art. 30 Reg. 13 agosto 1933 n. 1038), ma in questi casi la giurisprudenza della Corte dei Conti non ritiene necessario che il decreto del Presidente della Sezione di fissazione della udienza sia notificato al contabile.

Il processo procede, dunque, d’ufficio ed in assenza dell’agente contabile.

Solo in un secondo momento, allo scopo di assicurare la effettività del contraddittorio – per l’inderogabile rispetto del diritto di difesa ex art. 24 della Costituzione – sopperiscono, per un verso, il rimedio della opposizione contabile, in caso di condanna dell’agente al pagamento di somma per via monitoria (opposizione che da luogo ad un normale giudizio, a cognizione non più sommaria ma plenaria davanti alla Sezione); e per altro verso, la misura della doverosa notificazione all’agente, (ai sensi dell’art. 49, comma 1, del T.U. citato) delle “decisioni interlocutorie della Corte contenenti osservazioni sul conto”, si da metterlo in grado di presentare le sue giustificazioni e difese.

Per quanto concerne il giudizio per resa del conto (che si ha, tra l’altro, quando l’agente contabile ritardi a presentare i conti), l’art. 39, del citato Reg. n. 1038 del 1933 prevede che il decreto con cui la Sezione – su sollecitazione del Procuratore generale oppure su richiesta del Magistrato relatore (cfr. C. Conti, Dec. 21 luglio 1978 n. 89) – stabilisce il termine al contabile per la presentazione del conto della sua gestione sia a lui notificato tramite l’amministrazione da cui dipende: il successivo art. 40 prevede, poi, che, scaduto inutilmente quel termine, sia del pari notificato al contabile il decreto di fissazione della pubblica udienza e di nomina del relatore.

Ora, in tutti i casi sopra richiamati non sembra consentito dubitare – pena il fondato sospetto di illegittimità costituzionale dell’intera disciplina del giudizio di verificazione dei conti – che sia la previsione normativa della opposizione contabile sia quella della notificazione delle pronunce interlocutorie, sia quella della intimazione della resa del conto assolvono alla funzione di strumenti per una effettiva chiamata nel processo del soggetto cui si fa carico dell’obbligo del rendiconto, onde abilitarlo all’esercizio dei diritti di difesa.

Per effetto di tale chiamata si chiude la fase sommaria del procedimento, sino ad allora caratterizzata da un’attività ufficiosa di istruzione, a contraddittorio posticipato, e si apre la fase da autorevole dottrina qualificata “dialettica”, nella quale – in sostanza – si verifica la rinnovazione del processo, contrassegnato, ora, dalla cognitio plenaria e dal contraddittorio con il contabile.

Rinnovazione del processo, in virtù del quale è consentito alla parte chiamata al rendiconto, di contestare l’attribuitagli veste di agente contabile, ovvero di essere soggetto alla obbligazione della resa del conto e di essere perciò sottoposto a sindacato giurisdizionale da parte della Corte dei Conti.

L’automatismo processuale che contrassegna il giudizio di conto ed il carattere accentuatamente ufficioso di tutto il procedimento (sia esso preceduto o meno da autonomo giudizio per resa del conto) non valgono, in definitiva, a far sì che le fasi preliminari – interlocutorie in cui il Magistrato relatore, il Procuratore generale e la Sezione giurisdizionale si interrogano e si rispondono in ordine alla iniziativa di sottoporre o meno il conto a verificazione, alla effettiva esistenza ed al modo di esercizio in concreto della podestà sindacatoria, possano sfociare in una decisione sulla giurisdizione od in una decisione parziale di merito (suscettiva di passare in giudicato se non tempestivamente impugnata davanti alle Sezioni Riunite della Corte dei Conti), prima ancora che il contabile diventi destinatario, tramite la notificazione di un atto del procedimento, di una provocazione a contraddire.

In particolare, le “decisioni interlocutorie” della Sezione giurisdizionale, contenenti osservazioni sul conto R.D. n. 1214 del 1933, ex art. 49, comma 1, (osservazioni che possono riguardare anche la necessità della sua presentazione e la deliberazione sulla sussistenza o meno dei presupposti dell’obbligo del rendiconto, cfr. C. conti, sez. 1^, dec. 21 luglio 1978 n. 89) sono da considerare, pur dopo la modificazione del Codice di procedura civile che ha reso possibile l’immediata impugnazione contro le sentenze parziali, alla stregua di provvedimenti collegiali di natura istruttoria, non soggetti ad immediato appello perchè non definiscono il giudizio od una parte di esso; e ciò quand’anche contengano affermazioni di principio in ordine al potere giurisdizionale che si intende esercitare.

La lettura del provvedimento interlocutorio reso nella fattispecie in esame, conferma, del resto, la sua portata esclusivamente istruttoria: esaurendosi il dispositivo nell’ordine di presentare entro il termine assegnato, i conti dell’ente e gli altri documenti specificatamente indicati, ed indirizzandosi la motivazione a sorreggere la richiesta di rendicontazione ed a giustificare la estensione della verifica all’intera gestione dell’ente medesimo.

Poichè soltanto con la notificazione di quel provvedimento si è iniziata la fase giurisdizionale contenziosa del procedimento con pieno adeguamento di esso alle regole del contraddittorio, e poichè prima di allora non potevano essere adottate decisioni (sulla giurisdizione o di merito) sottratte a contestazione nello stesso primo grado del giudizio, si disvelano inconsistenti le ragioni esposte nel controricorso come preclusive della ammissibilità del regolamento preventivo di giurisdizione, per asserito passaggio in giudicato di una decisione parziale di merito (In termini, Cass., sez. un., 18 gennaio 1991, n. 456, nonchè C. conti, sez. 1^, 5 febbraio 1982 n. 12: la mancata proposizione di opposizione contabile, avverso il decreto emesso inaudita altera parte che impone a un presunto contabile la resa del conto non preclude all’interessato la possibilità di contestare la propria qualità di contabile nel giudizio instaurato con atto di citaizone del procuratore a seguito della mancata presentazione del conto).

3. Deduce la ricorrente di svolgere l’attività di gestione del gioco lecito in forza di concessione di servizio pubblico (D.Lgs. n. 163 del 2006, art. 3, comma 12), con mezzi propri e con assunzione del rischio (i proventi dell’attività sono costituiti dagli incassi del gioco, al netto di quanto distribuito ai giocatori, del canone di concessione e del Prelievo erariale unico), contestando di essere “agente contabile” (figura individuata R.D. 18 novembre 1923, n. 2440, ex art. 74, e dal R.D. 23 maggio 1924, n. 827, artt. 178 e 610, in coloro che, a qualsiasi titolo, siano incaricati di riscuotere le entrate dello Stato e di versarne l’ammontare, che abbiano il maneggio di denaro pubblico o che abbiano in consegna oggetti o materie appartenenti allo Stato) e, quindi, di essere soggetta all’obbligo di rendiconto.

A suo avviso, il concessionario non è per ciò solo agente contabile, nè in senso contrario può argomentarsi sulla base del rilievo che esso è tenuto a versare il PREU (Prelievo erariale unico), il quale ha natura tributaria (in tal senso, Corte cost. n. 334/2006) ed è dovuto dal concessionario come soggetto passivo di imposta (L. 27 dicembre 2006, n. 296, art. 1, comma 81), nell’ambito di una procedura regolata dall’Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato per la gestione e il prelievo dell’imposta (L. n. 296 del 2006, art. 1, cit., commi 82 – 84).

Eventuali somme dovute all’Erario – assume, ancora, la ricorrente – devono essere recuperate non attraverso il giudizio di conto ma tramite le procedure erariali utilizzate nei confronti di un qualsiasi contribuente.

4. Il Procuratore regionale deduce l’infondatezza del ricorso, atteso che la Cirsa, incassando tutti ì proventi del gioco, distribuendo le vincite ai giocatori e versando il PREU, “riceve somme delle quali lo stato diviene debitore” (R.D. n. 2440 del 1923, art. 74, e R.D. n. 827 del 1924, art. 610), ossia la quota percentuale relativa alle vincite e alla remunerazione delle attività connesse alla gestione degli apparecchi e videoterminali di gioco, rimanendo responsabile della relativa contabilizzazione.

Con riguardo alla previsione della L. n. 296 del 2008, art. 1, comma 81, che ha qualificato il concessionario quale “soggetto passivo d’imposta”, essa riguarda soltanto la quota percentuale delle somme che, nell’ambito delle somme giocate, sono destinate all’assolvimento del PREU, rimanendo comunque l’obbligo della resa del conto per le altre somme.

5. Ribadendo la propria giurisprudenza in materia (Cass., sez. un., 1 maggio 2010, n. 13330), osserva la Corte che è consolidato nella giurisprudenza di queste SU il principio in ragione del quale elementi essenziali e sufficienti perchè un soggetto rivesta la qualifica di agente contabile, ai fini della sussistenza della giurisdizione della Corte dei Conti in materia di responsabilità contabile (R.D. 18 novembre 1923, n. 2440, art. 74, e R.D. 23 maggio 1924, n. 827, artt. 178 e 610), sono soltanto il carattere pubblico dell’ente per il quale tale soggetto agisca e del denaro o del bene oggetto della sua gestione, mentre resta irrilevante (oltre che l’eventuale assenza, da parte di quel soggetto, di contestazione della responsabilità stessa) il titolo in base al quale la gestione è svolta, che può consistere in un rapporto di pubblico impiego o di servizio, in una concessione amministrativa, in un contratto e perfino mancare del tutto, potendo il relativo rapporto modellarsi indifferentemente secondo gli schemi generali, previsti e disciplinati dalla legge, ovvero discostarsene in tutto od in parte (cfr. Cass., sez. un., 10 aprile 1999, n. 232; Cass., sez. un., 28 marzo 1974, n. 846).

Nella specie, la società ricorrente è concessionaria dell’Azienda Autonoma dei Monopoli dello Stato per la attivazione e la conduzione operativa della rete per la gestione telematica del gioco lecito.

Essa assicura che la rete telematica affidatale contabilizzi le somme giocate, le vincite ed il prelievo erariale unico, nonchè la trasmissione periodica di tali informazioni al sistema centrale.

La società – inoltre – contabilizza, per gli apparecchi collegati alla rete telematica affidatale, il prelievo erariale unico e ne esegue il versamento.

Come tale essa riveste la qualifica di agente della riscossione tenuto al versamento di quanto riscosso e, dunque, al conto giudiziale degli introiti complessivamente derivanti dalla gestione telematica del gioco lecito, compreso il compenso del concessionario.

Deve concludersi, pertanto, in termini opposti rispetto a quanto invocate dalla ricorrente e alle conclusioni del P.G. che la società è soggetta al giudizio di conto e deve dichiararsi – quindi – la giurisdizione della Corte dei Conti.

Nulla sulle spese.

P.Q.M.

La Corte, dichiara la giurisdizione della Corte dei Conti; nulla sulle spese di questo giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio delle Sezioni Unite Civili della Corte di Cassazione, il 18 maggio 2010.

Depositato in Cancelleria il 21 giugno 2010

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