Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14889 del 15/06/2017


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Cassazione civile, sez. I, 15/06/2017, (ud. 04/04/2017, dep.15/06/2017),  n. 14889

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TIRELLI Francesco – Presidente –

Dott. SAMBITO Maria Giovanna C. – rel. Consigliere –

Dott. VALITUTTI Antonio – Consigliere –

Dott. MARULLI Marco – Consigliere –

Dott. LAMORGESE Antonio Pietro – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 1353/2013 proposto da:

Roma Capitale, già Comune di Roma, in persona del Sindaco pro

tempore, elettivamente domiciliata in Roma, Via del Tempio di Giove

n. 21, presso l’Avvocatura Capitolina, rappresentata e difesa

dall’avvocato Maggiore Enrico, giusta procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

M.F.; G.P. e G.R., nella qualità di

eredi di M.C., elettivamente domiciliati in Roma, Via

Michele Mercati n. 51, presso l’avvocato Siracusano Alessandra, che

li rappresenta e difende, giusta procura a margine del

controricorso;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 4767/2011 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 14/11/2011;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

04/04/2017 dal cons. SAMBITO MARIA GIOVANNA C.;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale

SORRENTINO Federico che ha concluso per l’accoglimento per quanto di

ragione;

udito, per la ricorrente, l’Avvocato Domenico Rossi, con delega

orale, che ha chiesto l’accoglimento del ricorso;

udito, per i controricorrenti, l’Avvocato Siracusano Alessandra che

si riporta.

Fatto

FATTI DI CAUSA

Con sentenza del 14.11.2011, la Corte d’Appello di Roma ha determinato in Euro 516.00,00 ed in Euro 38.311,23 le indennità dovute dal Comune di Roma a C. ed a M.F. per l’espropriazione e l’occupazione di un terreno di loro proprietà. Per quanto d’interesse, la Corte ha considerato che, prima della variante, a natura espropriativa, che aveva destinato l’area a strada, il suolo ricadeva in zona F, sottozona F/1, con indice di fabbricabilità di 1,5 mc/mq, ed era legalmente edificabile, ed ha quantificato il dovuto, in ragione del valore venale del bene, quale accertato nella disposta CTU.

Per la cassazione della sentenza, ricorre Roma Capitale (già Comune di Roma) con due motivi, ai quali M.F. nonchè P. e G.R., eredi di M.C., hanno resistito con controricorso. Le parti hanno depositato memorie.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Col proposto ricorso, si lamenta, rispettivamente, sotto il profilo della violazione di legge (1^ motivo) e del vizio di motivazione (2^ motivo), l’erroneità della ritenuta natura edificatoria del suolo espropriato, per non esser stato considerato che, in base al D.P.R. 16 dicembre 1965, con cui era stato approvato il PRG del Comune di Roma, l’area era già interessata a strada, come chiaramente indicato dal foglio 14 N. La Corte territoriale, afferma l’Amministrazione ricorrente, avrebbe dovuto tenere conto di tale atto, trattandosi di atto a carattere normativo, e che era stato allegato alle controdeduzioni del proprio CTP, mentre al contrario aveva affermato, incorrendo in una clamorosa svista, che il predetto foglio non era stato versato in atti. La ricorrente aggiunge che, secondo detto PRG, il suolo ricadeva in zona F, sottozona F1, definita di ristrutturazione urbanistica, destinata a dotare le zone di servizi ed attrezzature pubbliche, da definirsi mediante adozione di piani particolareggiati, di talchè l’attribuzione dell’indice di fabbricabilità di 1,5 mc/mq era avvenuta in contrasto con la normativa urbanistica (tenuto anche conto delle prescrizioni relative ai distacchi dalla strada, posti dall’art. 9 delle NTA), e tanto era documentato dal fatto che lo stesso CTU aveva rilevato l’impossibilità di reperire terreni analoghi, ai fini del criterio sintetico comparativo.

2. Disattesa l’eccezione d’inammissibilità del primo motivo, che non attiene al merito, ma censura il criterio di determinazione dell’indennità, in relazione alla destinazione urbanistica dell’area espropriata, lo stesso è fondato alla stregua dei seguenti principi:

a) a seguito delle sentenze n. 348 e 349 del 2007 e n. 181 del 2011, della Corte cost., emesse anche per conformare il diritto interno ai principi della CEDU, il serio ristoro che l’art. 42 Cost., comma 3, riconosce al sacrificio della proprietà per motivi d’interesse generale si identifica col valore venale del bene (Cass. n. 11480 del 2008; n. 14939 del 2010; n. 6798 del 2013; n. 17906 del 2014);

b) la distinzione tra suoli edificabili e non edificabili non è tuttavia venuta meno, in vista del raggiungimento dell’interesse pubblico alla conservazione di spazi a beneficio della collettività, e che le regole di mercato non possono travalicare: pertanto, il terreno da considerare inedificabile in virtù dell’imposizione di un vincolo conformativo, non può ricevere surrettizie valorizzazioni edificatorie (cfr. Cass. n. 6343 del 2014 in motivazione). L’inclusione dei suoli nell’uno o nell’altro ambito va effettuata in ragione del criterio dell’edificabilità legale, posto dalla L. n. 359 del 1992, art. 5 bis, comma 3, tuttora vigente, e D.P.R. n. 327 del 2001, artt. 32 e 37, in base al quale un’area va ritenuta edificabile solo quando la stessa risulti così classificata al momento della vicenda ablativa dagli strumenti urbanistici (Cass. nn. 7987/2011; 9891/2007; 3838/2004; 10570/2003; S.U. n. 172 e 173/2001);

c) per converso, le possibilità legali di edificazione vanno escluse tutte le volte in cui per lo strumento urbanistico vigente all’epoca in cui deve compiersi la ricognizione legale, la zona sia stata concretamente vincolata ad un utilizzo meramente pubblicistico (attrezzature pubbliche, viabilità, verde pubblico, ecc.) in quanto dette classificazioni apportano un vincolo di destinazione che preclude ai privati tutte quelle forme di trasformazione del suolo che sono riconducibili alla nozione tecnica di edificazione, da intendere come estrinsecazione dello ius aedificandi connesso al diritto di proprietà, ovvero con l’edilizia privata esprimibile dal proprietario dell’area (Cass. 14840/2013; 2605/2010; 21095 e 16537/2009), soggetta al regime autorizzatorio previsto dalla vigente legislazione edilizia (cfr. Cass. n. 11503 del 2014; 665/2010; 400/2010; 21396/2009; 21095/2009; 17995/2009).

d) per i suoli non aventi natura edificatoria, rivestono valore a fini indennitari e risarcitori le possibilità di utilizzazioni intermedie tra l’agricola e l’edificatoria (parcheggi, depositi, attività sportive e ricreative, chioschi per la vendita di prodotti ecc.), sempre che siano assentite dalla normativa vigente, sia pure con il conseguimento delle opportune autorizzazioni amministrative.

3. A tali principi non si è attenuta l’impugnata sentenza, che, dopo aver affermato che la destinazione a strada contenuta nella variante del PRG aveva carattere espropriativo (senza che in parte qua sia stata formulata censura), ha ritenuto il terreno edificabile in base alla pregressa destinazione urbanistica (cui occorreva, dunque, fare riferimento), secondo cui esso ricadeva in zona F – aree destinate ad opere di ristrutturazione urbanistica -, destinazione che, alla stregua di quanto si è esposto alla lettera c) del precedente p., comportava, tuttavia, il carattere non edificatorio del suolo stesso. Peraltro, anche l’utilizzazione dell’indice massimo di fabbricabilità fondiaria non si sottrae alla censura che le è stata rivolta, dato che tale indice si limita ad individuare la sede di distribuzione delle strutture pubbliche realizzande (rilevando, piuttosto, l’indice di fabbricabilità territoriale, che definisce il complessivo carico di edificazione che può gravare su di una ZTO, al lordo degli spazi pubblici), ciò che plasticamente ha ritenuto impossibile il rinvenimento di suoli comparabili da parte del CTU (cfr. ricorso, inizio pag. 8).

4. L’impugnata sentenza va, in conclusione, cassata, restando assorbita ogni ulteriore questione, con rinvio alla Corte d’Appello di Roma, in diversa composizione, che si atterrà ai suddetti principi e provvederà, anche, a regolare le spese del presente giudizio di legittimità.

PQM

 

Accoglie il primo motivo, assorbito il secondo, cassa e rinvia, anche per le spese, alla Corte d’Appello di Roma, in diversa composizione.

Così deciso in Roma, il 4 aprile 2017.

Depositato in Cancelleria il 15 giugno 2017

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