Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14887 del 20/07/2016

Cassazione civile sez. trib., 20/07/2016, (ud. 20/04/2016, dep. 20/07/2016), n.14887

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CHINDEMI Domenico – Presidente –

Dott. ZOSO Liana Maria Teresa – Consigliere –

Dott. BRUSCHETTA Ernestino Luigi – Consigliere –

Dott. MELONI Marina – Consigliere –

Dott. SABATO Raffaele – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 1497/2011 proposto da:

F.S., elettivamente domiciliata in ROMA VIALE REGINA

MARGHERITA 262-264, presso lo studio dell’avvocato SALVATORE

TAVERNA, che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato ITALO

GIOVANNONI giusta delega a margine;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– controricorrente –

e contro

AMMINISTRAZIONE ECONOMIA E FINANZE DELLO STATO, AGENZIA DELLE ENTRATE

DIREZIONE PROVINCIALE DI ROMA (OMISSIS) UFFICIO TERRITORIALE DI

VELLETRI;

– intimati –

avverso la sentenza n. 260/2010 della COMM. TRIB. REG. di ROMA,

depositata il 24/05/2010;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

20/04/2016 dal Consigliere Dott. RAFFAELE SABATO;

udito per il ricorrente l’Avvocato STEFANINI per delega dell’Avvocato

TAVERNA che ha chiesto raccoglimento;

udito per il controricorrente l’Avvocato ROCCHITTA che si riporta

agli atti;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

GIACALONE Giovanni, che ha concluso per l’inammissibilità e in

subordine il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

L’agenzia delle entrate ha notificato a F.S., in proprio e nella qualità di esercente la responsabilità genitoriale su D.G.D.R.A., nonchè nella qualità di procuratore speciale della Brimington Limited, avviso di rettifica e liquidazione per minore imposta di registro versata in dipendenza della compravendita immobiliare per atto per notar Pennazzi Catalani del 30 aprile 2003. Con separati ricorsi i tre destinatari hanno impugnato nei confronti dell’agenzia l’avviso e l’adita commissione tributaria provinciale di Roma, dopo aver riunito i procedimenti, ha rigettato quello proposto dalla F. in proprio, accogliendo gli altri.

La sentenza, appellata dalla parte contribuente, è stata riformata in parte dalla commissione tributaria regionale del Lazio in Roma, che ha rideterminato il valore dei terreni p.lle 457 e 460 del comune di Marino per mq. 11.799 in Euro 589.000 (a fronte di Euro 7.000 dichiarati dalla parte ed Euro 1.095.447 accertati dall’ufficio), ritenendo inammissibile l’appello incidentale erariale.

Avverso questa decisione la parte contribuente propone ricorso per cassazione, affidato a due motivi, rispetto al quale il ministero dell’economia e delle finanze non svolge difese, mentre l’agenzia delle entrate resiste con controricorso.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. – Con il primo motivo di ricorso la parte contribuente denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 131 del 1986, art. 52, commi 2 e 2 bis e L. n. 212 del 2000, art. 7, comma 1, nonchè insufficiente motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio. Sostiene la parte ricorrente che la commissione regionale – dopo aver premesso che l’ufficio non aveva documentato la rettifica del valore degli immobili mediante l’allegazione delle quotazioni OMI nonchè delle precedenti valutazioni di riferimento richiamate nell’atto impositivo – non avrebbe accolto l’eccezione di essa parte contribuente di difetto di motivazione dello stesso atto, per cui sottopone quesito ai sensi dell’art. 366 bis c.p.c., nei seguenti termini: “stabilisca la suprema corte se un avviso di rettifica e liquidazione formato ai fini dell’imposta di registro con il quale l’ufficio rettifichi il valore degli immobili oggetto di compravendita mediante il mero richiamo alle quotazioni OMI, ma senza che detti criteri di comparazione siano portati a conoscenza del destinatario, risulti carente sotto il profilo motivazionale nel significato fatto proprio” dal D.P.R. n. 131 del 1986, art. 52, “anche alla luce del rapporto fisco contribuente riequilibrato a seguito dell’entrata in vigore” della L. n. 212 del 2000.

2. – Il motivo – unico ma con deduzione di violazione di legge e vizio di motivazione – è inammissibile da un duplice punto di vista.

Come questa corte ha già chiarito (v. sez. 3, n. 12248 del 2013), è inammissibile la congiunta proposizione di doglianze ai sensi dell’art. 360 c.p.c., nn. 3) e 5), salvo che non sia accompagnata dalla formulazione, per il primo vizio, del quesito di diritto, nonchè, per il secondo, dal momento di sintesi o riepilogo, in forza della duplice previsione di cui all’art. 366-bis c.p.c. (applicabile “ratione temporis” alla fattispecie).

Dal punto di vista della censura per vizio di motivazione, deve rilevarsi come, sia dalla lettura del quesito – come sopra riportato nella sua essenzialità – sia dalla complessiva lettura del motivo di ricorso, non appaia decifrabile – per la carenza di un quesito di fatto, ossia di una conclusione a mezzo di apposito momento di sintesi – quale sia il fatto decisivo posto al fondo della doglianza di insufficienza della motivazione. L’intero argomentare della ricorrente risulta semplicemente finalizzato a sostenere una conclusione distonica rispetto a quella pur sinteticamente dalla commissione regionale fatta propria (cfr., alla p. 10 del ricorso, l’inciso “tali affermazioni… non possono essere affatto condivise”, che ciò con chiarezza esprime l’esito auspicato, senza peraltro alcun aggancio ad un fatto decisivo controverso).

Dal punto di vista, poi, della violazione di legge, il relativo quesito di diritto, come sopra riportato, non è formulato in modo pertinente rispetto alla fattispecie concreta sottoposta alla cognizione del giudice. Nella specie, con il quesito la parte ricorrente, nel chiedere una declaratoria di sussistenza di violazione del D.P.R. n. 131 del 1986, art. 52, commi 2 e 2 bis e L. n. 212 del 2000, art. 7, comma 1, rapporta la questione sottoposta alla corte esclusivamente ad una ritenuta difformità tra la motivazione dell’atto impositivo e le prescrizioni di legge, del tutto trascurando il portato della pronuncia impugnata che, riconoscendo che l’ufficio non aveva documentato la rettifica del valore degli immobili mediante l’allegazione delle quotazioni OMI nonchè delle precedenti valutazioni di riferimento richiamate nell’atto impositivo, ha (v. p. 4 della sentenza) ritenuto “più equo” altro e diverso valore “pari… a circa 50,00 Euro/mq”, sicchè proprio rispetto a tale ultima statuizione del giudice di merito, sostituitosi all’emittente l’atto impugnato, avrebbe dovuto porsi, correttamente, il quesito di diritto, con ogni opportuno raffronto con (anche diverse) fattispecie normative eventualmente violate.

2. – Con il secondo motivo di ricorso la parte contribuente denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 131 del 1986, art. 51, comma 3, nonchè insufficiente motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio. Sostiene la parte ricorrente che la commissione regionale – “riconoscendo in parte la pretesa erariale in parte fondata unicamente sulle quotazioni OMI, ha in ogni caso quantificato il valore accertato degli immobili 50,00 Euro/mq”, per cui sottopone quesito ai sensi dell’art. 366 bis c.p.c., nei seguenti termini; “stabilisca… la suprema corte se, alla luce della recente evoluzione legislativa in forza della quale i predetti valori OMI sono stati retrocessi da presunzioni legali e meri riferimenti utili ai fini della ricostruzione del valore immobiliare… tale retrocessione ha sic interessato direttamente anche il comparto dell’imposta di registro… Di conseguenza stabilisca questa sic suprema corte la legittimità dell’opposta pretesa erariale fondata unicamente su tali quotazioni OMI peraltro mai documentate dall’ufficio in sede contenziosa”.

2. – Il motivo – unico ma con deduzione di violazione di legge e vizio di motivazione – è anch’esso inammissibile da un duplice punto di vista.

Richiamato quanto sopra esposto circa la duplice deduzione di violazione di legge e vizio di motivazione, anche per tale motivo si ravvisa la carenza di idoneo momento di sintesi quanto al fatto controverso decisivo per la controversia e la non pertinenza del quesito di diritto rispetto alla statuizione del primo giudice che, come detto, per quanto emerge dalla lettura di essa, non ha fondato la propria decisione (almeno direttamente e testualmente) sui valori OMI, bensì su un valore espresso in Euro/mq. dichiarato “più equo”; stima equitativa cui, mediante idoneo riferimento a norme applicabili ritenute applicate e/o violate, nessun riferimento è contenuto nel quesito.

3. Resta assorbita, quanto a tale secondo motivo, ogni disamina dell’eccezione contenuta nel controricorso secondo cui il motivo si risolverebbe in un profilo innovativo di critica all’atto impositivo, non dedotto nel ricorso originario, e quindi per tal via inammissibile.

4. In definitiva, il ricorso va rigettato. Tanto assorbe l’esame della questione della legittimazione passiva del ministero dell’economia e delle finanze, che non ha svolto difese, la carenza della quale avrebbe eventualmente parimenti imposto di disattendere il ricorso nei confronti dello stesso, non partecipe dei precedenti gradi di giudizio.

5. Le spese seguono la soccombenza e vanno liquidate come in dispositivo.

PQM

La corte dichiara rigetta il ricorso e condanna la parte ricorrente alla rifusione delle spese del giudizio di legittimità che liquida in euro settemila per compensi, oltre eventuali spese prenotate a debito.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Quinta Civile, il 20 aprile 2016.

Depositato in Cancelleria il 20 luglio 2016

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