Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14887 del 06/07/2011

Cassazione civile sez. II, 06/07/2011, (ud. 03/05/2011, dep. 06/07/2011), n.14887

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SETTIMJ Giovanni – Presidente –

Dott. PETITTI Stefano – Consigliere –

Dott. PARZIALE Ippolisto – Consigliere –

Dott. D’ASCOLA Pasquale – Consigliere –

Dott. GIUSTI Alberto – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

EMMEGI COSTRUZIONI s.r.l., in persona del legale rappresentante pro

tempore, rappresentata e difesa, in forza di procura speciale in

calce al ricorso, dall’Avv. NARDELLI Vincenzo, elettivamente

domiciliata dello studio dell’Avv. Ilario Leonino in Roma, via Fabio

Massimo, n. 33;

– ricorrente –

contro

B.L.;

– intimato –

e nei confronti di:

T.E. e R.A.;

– intimati –

per la cassazione dell’ordinanza del Tribunale di Latina depositata

in data 18 ottobre 2008.

Udita, la relazione della causa svolta nell’udienza pubblica del 3

maggio 2011 dal Consigliere relatore Dott. Alberto Giusti;

udito l’Avv. Vincenzo Nardelli;

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore

Generale Dott. FINOCCHI GHERSI Renato, che ha concluso per il rigetto

del ricorso.

Fatto

RITENUTO IN FATTO

che il Tribunale di Latina, con ordinanza depositata in data 18 ottobre 2008, ha rigettato il ricorso D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, ex art. 170 (T.U. disposizioni legislative e regolamentari in materia di spese di giustizia) proposto dalla s.r.l. Emmegi Costruzioni avverso il decreto di pagamento del compenso al c.t.u. ing. B. L., per l’importo di Euro 2.200,00 oltre accessori, emesso dal giudice istruttore della causa di opposizione a decreto ingiuntivo promossa da T.E. e da R.A. nei confronti della detta società;

che il Tribunale ha rilevato: (a) che i compensi ai consulenti tecnici vanno liquidati secondo le speciali tabelle allegate al decreto ministeriale 30 maggio 2002 e solo nell’ ipotesi in cui le prestazioni non siano ricompresse o riconducibili a quelle previste in dette tabelle gli onorari possono liquidarsi a vacazioni; (b) che in sede di liquidazione del compenso al c.t.u. ing. B. l’istruttore non ha determinato l’onorario con il criterio delle vacazioni ma con quello tabellare, riducendo di Euro 463,00 (cioè di quasi il 20%) l’importo richiesto dal consulente e riconoscendogli il compenso complessivo di Euro 2.200,00; (c) che detto compenso è conforme alle tariffe indicate nel D.M. 30 maggio 2002, art. 11, attesa l’accuratezza e la completezza della prestazione, la molteplicità e precisione delle indagini sulle opere e sulla documentazione, la dettagliata redazione dei numerosi conteggi e l’ampiezza complessiva della relazione, composta da ben 50 pagine, alla quale, per una esauriente risposta al quesito, non possono considerarsi quali attività estranee e superflue nè l’esame esteso dal c.t.u. ad altri e diversi lavori compiuti dall’Impresa per gli stessi committenti nè l’analisi della consulenza tecnica di parte in atti;

che per la cassazione della ordinanza del Tribunale la Emmegi Costruzioni ha proposto ricorso, con atto notificato il 27 novembre 2009;

che nè il B. nè gli altri intimati hanno svolto attività difensiva in questa sede.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

che il Collegio ha deliberato di adottare una motivazione semplificata nella decisione del ricorso;

che il primo motivo – sotto la rubrica “violazione o falsa applicazione di legge (D.P.R. n. 115 del 2002 e D.M. 30 maggio 2002) in relazione all’art. 113 cod. proc. civ. e art. 360 cod. proc. civ., comma 1, n. 3” – pone i seguenti quesiti: (a) “se la mancata e/o erronea applicazione delle disposizioni di cui al T.U. D.P.R. n. 115 del 2002 e D.M. 30 maggio 2002 tale da comportare la liquidazione del giudice al c.t.u. di somme eccedenti l’onorario previsto secondo le tabelle legali, possa comportare la dichiarazione di illegittimità del provvedimento giudiziale e finanche la illegittimità delle somme acquisite dal c.t.u. in virtù del provvedimento giudiziale medesimo)”; (b) “se nel corso delle indagini peritali commesse dal giudice ex art. 62 cod. proc. civ., sia da ritenersi legittima l’attività del consulente che venga da lui rivolta ad accertare circostanze, fatti e documenti che esulino dalle specifiche indagini richieste dal giudice”; (c) “se, nel caso in cui, nel corso delle indagini peritali, il consulente si produca ad accertare o negare fatti e circostanze che esulano dalle indagini commesse dal giudice ex art. 62 cod. proc. civ., il consulente sia legittimato a ricevere il compenso ex T.U. D.P.R. n. 115 del 2002 e D.M. 30 maggio 2002”;

(d) “se, nel caso in cui, nel corso delle indagini peritali, il consulente si produca nell’esame e nella considerazione tecnica del contenuto di perizie di parte prodotte in atti, tale attività comporti uno specifico ed autonomo diritto all’ottenimento del compenso ex T.U. D.P.R. n. 115 del 2002 e D.M. 30 maggio 2002, oltre a quello discendente dal primario ed esclusivo incarico disposto dal giudice, di provvedere alla valutazione di opere e lavori e la contestuale presenza di eventuali vizi nella esecuzione di questi”;

che il motivo è inammissibile per inidoneità del quesito;

che, difatti, gli interrogativi sub (b), (c) e (d) non si confrontano con la specifica ratio che sostiene il provvedimento impugnato, il quale ha argomentatamente escluso che possano ritenersi estranei o superflui l’esame esteso dal c.t.u. ad altri e diversi lavori compiuti dall’Impresa per gli stessi committenti e l’analisi della consulenza di parte;

che, inoltre, l’interrogativo sub (a) è assolutamente generico, perchè non specifica sotto quale profilo la liquidazione sia avvenuta in contrasto con il D.P.R. n. 115 del 2002 o con il D.M. 30 maggio 2002, ed è perciò inidoneo a far comprendere “le ragioni della decisione impugnata ed il diverso principio che avrebbe dovuto essere invece applicato” (Cass., Sez. Un., 28 aprile 2011, n. 9445);

che il secondo motivo (omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione sia del decreto che della ordinanza in relazione all’art. 360 cod. proc. civ., comma 1, n. 5, circa la ritenuta adeguatezza del compenso liquidato al c.t.u.) è del pari inammissibile, perchè privo del prescritto quesito di sintesi, tale non potendosi considerare l’affermazione che lo conclude (“Il giudice non ha alcuna discrezionalità nella scelta del criterio da seguire nella determinazione della liquidazione, rimanendo sempre vincolante la scelta operata delle tabelle”);

che questa Corte regolatrice – alla stregua della stessa letterale formulazione dell’art. 366 bis cod. proc. civ., introdotto, con decorrenza dal 2 marzo 2006, dal D.Lgs. 2 febbraio 2006, n. 40, art. 6 e abrogato con decorrenza dal 4 luglio 2009 dalla L. 18 giugno 2009, n. 69, art. 47, ma applicabile ai ricorsi proposti avverso le sentenze pubblicate tra il 3 marzo 2006 e il 4 luglio 2009 (cfr., L. n. 69 del 2009, art. 58, comma 5) – è fermissima nel ritenere che a seguito della novella del 2006 nel caso previsto dall’art. 360 cod. proc. civ., n. 5, allorchè, cioè, il ricorrente denunci il provvedimento impugnato lamentando un vizio della motivazione, l’illustrazione di ciascun motivo deve contenere, a pena di inammissibilità, la chiara indicazione del fatto controverso in relazione al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria, ovvero le ragioni per le quali la dedotta insufficienza della motivazione la renda inidonea a giustificare la decisione;

che ciò importa in particolare che la relativa censura deve contenere un momento di sintesi (omologo del quesito di diritto) che ne circoscriva puntualmente i limiti, in maniera da non ingenerare incertezze in sede di formulazione del ricorso e di valutazione della sua ammissibilità (cfr., ad esempio, Cass., sez. un., 1 ottobre 2007, n. 20603);

che, al riguardo, ancora è incontroverso che non è sufficiente che tale fatto sia esposto nel corpo del motivo o che possa comprendersi dalla lettura di questo, atteso che è indispensabile che sia indicato in una parte, del motivo stesso, che si presenti a ciò specificamente e riassuntivamente destinata;

che non si può dubitare che allorchè nel ricorso per cassazione si lamenti un vizio di motivazione della in merito ad un fatto controverso, l’onere di indicare chiaramente tale fatto ovvero le ragioni per le quali la motivazione è insufficiente, imposto dall’art. 366 bis cod. proc. civ., deve essere adempiuto non già e non solo illustrando il relativo motivo di ricorso, ma formulando, all’inizio o al termine di esso, una indicazione riassuntiva e sintetica, che costituisca un quid pluris rispetto all’illustrazione del motivo, e che consenta al giudice di valutare immediatamente l’ammissibilità del ricorso (in termini, Cass., Sez. 3^, 30 dicembre 2009, n. 27680);

che nella specie il motivo di ricorso, formulato ex art. 360 c.p.c., n. 5, è totalmente privo di tale momento di sintesi, iniziale o finale, costituente un quid pluris rispetto all’illustrazione del motivo;

che anche a ritenere che configuri quesito di sintesi l’affermazione che conclude il motivo (“Il giudice non ha alcuna discrezionalità nella scelta del criterio da seguire nella determinazione della liquidazione, rimanendo sempre vincolante la scelta operata delle tabelle”), esso sarebbe comunque inidoneo, per assoluta genericità, perchè non specifica sotto quale profilo vi sarebbe stato un discostamento del risultato liquidatorio dalle tabelle;

che, pertanto, il ricorso deve essere rigettato;

che nessuna statuizione sulle spese deve essere adottata, non avendo gli intimati svolto attività difensiva in questa sede.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 3 maggio 2011.

Depositato in Cancelleria il 6 luglio 2011

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