Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1488 del 23/01/2020

Cassazione civile sez. trib., 23/01/2020, (ud. 05/11/2019, dep. 23/01/2020), n.1488

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. STALLA Giacomo Maria – Presidente –

Dott. PAOLITTO Liberato – Consigliere –

Dott. BALSAMO Milena – Consigliere –

Dott. FASANO Anna Maria – Consigliere –

Dott. CIRESE Marina – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 25753-2016 proposto da:

LATINA AMBIENTE SPA IN LIQUIDAZIONE, in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA VIA

DELLA SCROFA 57, presso lo studio dell’avvocato PAOLO DE PERSIS,

rappresentata e difesa dall’avvocato PATRIZIA SOSCIA, giusta procura

a margine;

– ricorrente –

contro

ERREVERDE SNC, in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA VIA MARCANTONIO COLONNA 60, presso

lo studio dell’avvocato FRANCESCA ROMANA FRITTELLI, rappresentata e

difesa dagli avvocati ENRICO QUINTAVALLE, ANDREA MORA, giusta

procura a margine;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1699/2016 della COMM. TRIB. REG. SEZ. DIST. di

LATINA, depositata il 01/04/2016;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

05/11/2019 dal Consigliere Dott. MARINA CIRESE;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

GIOVANNI GIACALONE che ha concluso per il rigetto del ricorso;

udito per il controricorrente l’Avvocato MORA che ha chiesto il

rigetto del ricorso deposita una cartolina di ricevimento.

Fatto

FATTI DI CAUSA

La Erreverde s.n.c. proponeva ricorso avverso l’avviso di accertamento notificatole in data 5.9.2011 con il quale le era stato chiesto il conguaglio per gli anni 2006/2009 della TIA del Comune di Latina.

La società deduceva l’erroneità dell’applicazione della sola tariffa n. 22 (ristoranti) nonchè la illegittimità della delibera del Consiglio comunale di approvazione del passaggio dalla TARSU alla TIA.

La Latina Ambiente s.p.a., gestore della TIA per conto del Comune di Latina, aveva controdedotto che la fattura sulla cui base era stato emesso l’avviso di accertamento aveva individuato le diverse superfici di utenza secondo la suddivisione indicata dal contribuente ed in conformità a quanto contenuto nella sentenza n. 416/4/10 della Commissione Tributaria Provinciale di Roma. Aveva altresì sostenuto la legittimità della delibera comunale.

All’esito del giudizio di primo grado la CTP di Latina, con sentenza del 10.7.2012, accoglieva il ricorso con conseguente annullamento dell’avviso di accertamento, rilevando che, come evidenziato dalla sentenza della CTP n. 416/4/10, l’imposizione era stata articolata su una erronea applicazione delle tariffe dedotte nel Regolamento esecutivo della TIA, restando assorbita ogni altra questione.

Avverso detta pronuncia la Latina Ambiente s.p.a. proponeva appello deducendo che, in relazione alle annualità 2006, 2007 e 2008, essa aveva ripartito la superficie imponibile nelle tre diverse categorie tariffarie nn. 22, 23 e 30 in ossequio a quanto stabilito dalla sentenza n. 416/04/2010 della CTP la quale esclusivamente con riguardo a tali annualità aveva ritenuto corretta la ripartizione.

Con riferimento, invece, alla successiva annualità 2009, riteneva comunque corretta la categoria n. 22 per l’intera superficie, in quanto i criteri enunciati nella sentenza n. 416/04/2010 riguardavano solo gli anni dal 2006 al 2008.

Deduceva inoltre che i giudici di prime cure non avrebbero dovuto in ogni caso disporre l’annullamento integrale dell’avviso di accertamento.

La CTR del Lazio, con sentenza dell’1 aprile 2016, rigettava il ricorso ritenendo che l’oggetto della controversia fosse identico a quello di cui alla sentenza n. 416/06/2010 cit., ove si affermava che l’imposizione era articolata su una erronea applicazione delle tariffe dedotte nel Regolamento esecutivo della TIA cosicchè, in relazione al medesimo tributo concernente il 2009, si era formato il giudicato esterno.

Avverso detta pronuncia la Latina Ambiente s.p.a. proponeva ricorso per cassazione articolato in tre motivi, cui resisteva la società contribuente con controricorso ove riproponeva la illegittimità della delib. comunale n. 44/06 di passaggio dalla Tarsu alla Tia (questione da essa già dedotta nei gradi precedenti di giudizio, ma qui ritenuta assorbita dall’accoglimento del suo ricorso sotto il diverso profilo del giudicato esterno).

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo di ricorso, rubricato “Violazione di legge in relazione all’art. 360 c.p.c. n. 3”, parte ricorrente deduceva l’erroneità della sentenza impugnata per aver ritenuto operante per l’annualità 2009 il giudicato esterno che riguarda periodi di imposta differenti.

Con il secondo motivo di ricorso, rubricato “Violazione di legge in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3”, parte ricorrente deduceva l’erroneità delle sentenze di merito che invece di annullare l’atto impositivo avrebbero dovuto rideterminare il quantum dovuto dalla contribuente secondo il computo ritenuto legittimo.

Con il terzo motivo di ricorso, rubricato “Violazione di legge in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3”, parte ricorrente deduceva l’erroneità della sentenza impugnata per violazione dell’art. 112 c.p.c., atteso che la società contribuente non ha mai contestato l’accertamento compiuto con riguardo alle annualità 2006, 2007 e 2008 cosicchè non poteva procedersi all’annullamento dell’atto impugnato.

Tanto premesso, rileva la Corte che va esaminata preliminarmente l’eccezione di illegittimità della delib. n. 44/06 del Comune di Latina.

La ricognizione normativa della fattispecie evidenzia, sul punto, innanzitutto che il D.Lgs. 5 febbraio 1997, n. 22, istituiva (art. 49) la tariffa di igiene ambientale (cd. TIA 1) che, nel disegno del legislatore, avrebbe dovuto sostituire la TARSU.

Per quel che qui interessa, il D.Lgs. n. 22 del 1997, art. 49 cit., disponeva la soppressione della TARSU (istituita dal D.Lgs. 15 novembre 1993, n. 507, art. 58 e ss.) “a decorrere dai termini previsti dal regime transitorio, disciplinato dal regolamento di cui al comma 5” (art. 49, c. 1); e prevedeva, al comma 5 cit., che il Ministro dell’ambiente, di concerto con il Ministro dell’industria, del commercio e dell’artigianato (sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano) avrebbe dovuto elaborare “un metodo normalizzato per definire le componenti dei costi e determinare la tariffa di riferimento, prevedendo disposizioni transitorie per garantire la graduale applicazione del metodo normalizzato e della tariffa, ed il graduale raggiungimento dell’integrale copertura dei costi del servizio di gestione dei rifiuti urbani da parte dei comuni.”.

L’atto regolamentare in questione è stato, quindi, adottato col D.P.R. 27 aprile 1999, n. 158, il cui art. 11, ha previsto un regime transitorio (anche per effetto di successive modifiche normative) così articolato: “Gli enti locali sono tenuti a raggiungere la piena copertura dei costi del servizio di gestione dei rifiuti urbani attraverso la tariffa entro la fine della fase di transizione della durata massima cosi articolata: a) sette anni per i comuni che abbiano raggiunto nell’anno 1999 un grado di copertura dei costi superiore all’85%; b) sette anni per i comuni che abbiano raggiunto un grado di copertura dei costi tra il 55 e l’85%; c) otto anni per i comuni che abbiano raggiunto un grado di copertura dei costi inferiore al 55%; d) otto anni per i comuni che abbiano un numero di abitanti fino a 5000, qualunque sia il grado di copertura dei costi raggiunto nel 1999.”.

La soppressione della TARSU, quindi, non ha comportato l’immediata abrogazione della relativa disciplina istitutiva ma, – secondo il cennato regime transitorio, – detta imposta rimaneva in vigore (con la conseguente disciplina regolamentare adottata dai Comuni; D.Lgs. n. 507 del 1993 cit., art. 68) almeno sino al 19 giugno 2006 (il D.P.R. 27 aprile 1999, n. 158, è stato pubblicato sulla gazzetta ufficiale 4 giugno 1999, n. 129 e, come appena sopra ricordato, il termine più breve istituito dal regime transitorio prevedeva una durata di almeno 7 anni).

Detto regime transitorio, peraltro, non verrà a compimento, in quanto col D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152 (pubblicato in Gazz. Uff. il 14 aprile 2006) il legislatore interveniva nuovamente sulla materia disponendo la soppressione della TIA 1 istituita col D.Lgs. n. 22 del 1997.

Ha previsto, in particolare, il D.Lgs. n. 152 del 2006, che:

– “La tariffa di cui al D.Lgs. 5 febbraio 1997, n. 22, art. 49, è soppressa a decorrere dall’entrata in vigore del presente articolo, salvo quanto previsto dal comma 11.” (art. 238, comma 1);

– “Sino alla emanazione del regolamento di cui al comma 6 e fino al compimento degli adempimenti per l’applicazione della tariffa continuano ad applicarsi le discipline regolamentari vigenti” (art. 238, comma 11);

– è abrogato “il D.Lgs. 5 febbraio 1997, n. 22. Al fine di assicurare che non vi sia alcuna soluzione di continuità nel passaggio dalla preesistente normativa a quella prevista dalla parte quarta del presente decreto, i provvedimenti attuativi del D.Lgs. 5 febbraio 1997, n. 22 cit., continuano ad applicarsi sino alla data di entrata in vigore dei corrispondenti provvedimenti attuativi previsti dalla parte quarta del presente decreto” (art. 264, comma 1, lett. i)).

4.1 – In relazione ad analoghe controversie, la Corte ha avuto modo di rilevare che, – alla stregua della sopra ripercorsa sequenza normativa, – “il Regolamento adottato con la delib. cons. com. del 30 maggio 2006, istitutiva della TIA 1 “in via sperimentale” nel Comune di Latina, si colloca temporalmente in una fase della trasformazione della disciplina fiscale in cui, stante la mancata adozione del regolamento attuativo di cui al D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 238, comma 6, i Comuni che già erano passati dalla TARSU alla TIA 1 potevano continuare ad applicarla, essendo tale sistema tariffario destinato ad operare sino alla adozione della disciplina attuativa prevista dal Codice dell’Ambiente, così come i Comuni che tale opzione non avevano effettuato, potevano continuare ad applicare la TARSU – i cui criteri di determinazione sono stati peraltro estesi alla TIA – ma era loro precluso di passare alla “tariffa” prevista dal Decreto Ronchi, ormai destinata ad essere sostituita dalla “tariffa” del Codice dell’Ambiente, intesa come “corrispettivo” del servizio prestato e, pertanto, necessitante di un’apposta regolamentazione (mai intervenuta)”; e che, pertanto, detta delibera (adottata in data 30 maggio 2006) “con cui è stata istituita la tariffa di igiene ambientale prevista dal D.Lgs. 5 febbraio 1997, n. 22, così determinandosi il passaggio dalla Tarsu alla Tia, è illegittima in quanto sin dal 29 aprile 2006 non era più in vigore la tariffa ambientale e sino alla emanazione delle norme attuative del D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152, istitutivo della Tia 2, era consentito ai Comuni di continuare ad applicare le discipline regolamentari vigenti, da intendersi quali fonti secondarie di determinazione della tariffa stessa, tra le quali le delibere che gli enti locali avessero già adottato ai sensi del D.Lgs. 5 febbraio 1997, n. 22, art. 49, comma 6” (v. Cass., 28 marzo 2019, n. 8650; Cass., 4 dicembre 2018, n. 31286; Cass., 1 ottobre 2018, n. 23820; Cass., 13 luglio 2017, n. 17271).

Ritiene, quindi, il collegio di dare continuità alla soluzione interpretativa in discorso che, – contrariamente alla diversa opzione interpretativa pur emersa minoritariamente nella giurisprudenza della Corte (v. Cass., 24 gennaio 2019, n. 1999; Cass., 27 dicembre 2018, n. 33424), – condivisibilmente correla, alla data di entrata in vigore del D.Lgs. n. 152 del 2006 (29 aprile 2006), la cessazione dello stesso regime transitorio delineato dal D.P.R. n. 158 del 1999, art. 11, posto che, con la soppressione della tariffa di cui al D.Lgs. 5 febbraio 1997, n. 22, art. 49, le clausole di salvaguardia avevano ad oggetto (solo) le discipline regolamentari “vigenti” (art. 238, comma 11, cit.), ed i “provvedimenti attuativi del D.Lgs. 5 febbraio 1997, n. 22” (art. 264, comma 1, lett. i). cit.); laddove, allora, – ed in difetto di una chiara voluntas legis di segno contrario (id est nel segno della ultrattività), – alcun regime transitorio (qual correlato all’istituzione della TIA 1; D.Lgs. n. 22 del 1997, art. 49) poteva residuare (oltre, dunque i regolamenti già “vigenti” ed i “provvedimenti attuativi” già adottati) all’indomani della soppressione di quella stessa tassa (la TIA 1).

Il ricorso, che presuppone la validità della delibera de qua, va pertanto rigettato.

Le spese del giudizio di legittimità vanno integralmente compensate tra le parti, avuto riguardo alle obiettive incertezze indotte dal quadro normativo di riferimento, alle antinomie ed oscillazioni emerse negli orientamenti giurisprudenziali di merito, ed allo stesso consolidarsi della giurisprudenza di legittimità in momento successivo alla proposizione del ricorso in trattazione.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, va dato atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente principale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 – bis, se dovuto.

PQM

rigetta il ricorso;

compensa tra le parti le spese relative al giudizio di legittimità;

ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello spettante per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 – bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 5 novembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 23 gennaio 2020

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