Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1488 del 21/01/2011

Cassazione civile sez. I, 21/01/2011, (ud. 25/11/2010, dep. 21/01/2011), n.1488

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MACIOCE Luigi – Presidente –

Dott. CULTRERA Maria Rosaria – Consigliere –

Dott. GIANCOLA Maria Cristina – rel. Consigliere –

Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – Consigliere –

Dott. MERCOLINO Guido – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 12416/2005 proposto da:

COMUNE DI SALERNO (c.f. (OMISSIS)), in persona del Sindaco pro

tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIALE TIZIANO 80, presso

l’avvocato RICCIARDI PAOLO, rappresentato e difeso dall’avvocato

RICCIARDI Edilberto, giusta procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

C.S. (C.F. (OMISSIS)), N.R. (C.F.

(OMISSIS)), N.S. (C.F. (OMISSIS)),

nella qualità di eredi di N.F., elettivamente

domiciliato in ROMA, VIALE TIZIANO 80, presso l’avvocato TURETTA

PIERO ENRICO, rappresentato e difeso dall’avvocato AMABILE ANTONIO,

giusta procura a margine del controricorso;

– controricorrenti –

contro

R.A., + ALTRI OMESSI

;

– intimati –

sul ricorso 15515/2005 proposto da:

B.G. (C.F. (OMISSIS)), + ALTRI OMESSI

elettivamente domiciliati in ROMA, PIAZZA DI

PIETRA 63, presso l’avvocato MARENGHI ENZO MARIA, che li rappresenta

e difende, giusta procura a margine del controricorso e ricorso

incidentale;

– controricorrenti e ricorrenti incidentali –

contro

COMUNE DI SALERNO, in persona del Sindaco pro tempore, elettivamente

domiciliato in ROMA, VIALE TIZIANO 80, presso l’avvocato RICCIARDI

PAOLO, rappresentato e difeso dall’avvocato RICCIARDI EDILBERTO,

giusta procura a margine del ricorso principale;

– controricorrente al ricorso incidentale –

contro

A.A., + ALTRI OMESSI

;

– intimati –

avverso la sentenza n. 429/2004 della CORTE D’APPELLO di SALERNO, del

10/09/2004;

udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del

25/11/2010 dal Consigliere Dott. MARIA CRISTINA GIANCOLA;

udito, per il ricorrente, l’Avvocato PAOLO RICCIARDI, con delega, che

ha chiesto l’accoglimento del ricorso;

udito, per i controricorrenti e ricorrenti incidentali B.

R.A. + ALTRI, l’Avvocato PIERO ENRICO TURETTA, con delega, che

ha chiesto il rigetto del ricorso;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

RUSSO Rosario Giovanni, che ha concluso per, previa riunione, rigetto

dei primi due motivi, accoglimento del terzo motivo e assorbimento

del quarto motivo del ricorso principale; assorbimento del ricorso

incidentale.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con distinti atti di citazione, B.G., + ALTRI OMESSI adivano la Corte di appello di Salerno chiedendo che fossero determinate le giuste indennità di espropriazione ed occupazione legittima e che fosse disposto il conseguente deposito presso la cassa DDPP degli importi dovuti. Nel giudizio spiegavano intervento adesivo autonomo D.L., + ALTRI OMESSI i quali si riportavano alla domanda già formulata dai B. – R. e chiedevano che fosse determinata la quota di loro spettanza.

I tratti salienti della vicenda controversa possono così riassumersi:

a seguito del sisma del 1980, veniva danneggiato il fabbricato a più piani, sito in (OMISSIS) ed il Comune di Salerno ne disponeva la demolizione con ordinanza sindacale n. 1051 del 18.01.1981, all’esito della quale residuavano l’area di sedime e due aree già pertinenziali;

i Comune di Salerno respingeva sia nel 1990 ed in ragione dell’inedificabilità dell’area conseguente alla variante al PRG adottata nel 1989, la domanda presentata nel 1981 dai condomini, volta ad ottenere l’autorizzazione alla ricostruzione in sito del fabbricato, e sia successivamente, la domanda degli stessi condomini di assegnazione di una nuova area per la ricostruzione dell’immobile demolito, domande entrambe formulate ex L. n. 219 del 1981 – in particolare, il medesimo Comune:

a. con Delib. 18 dicembre 1989, n. 71, aveva destinato l’area di sedime del fabbricato a spazi pubblici, verde pubblico, parcheggi, servizi o attrezzature pubbliche, in variante (poi approvata con decreto del PGR Campania, 13 luglio 1994, n. 7665) alla destinazione impressagli dal PRG, approvato con D.P.R. 4 febbraio 1965, secondo cui si trattava di area ricompresa in “zona residenziale attuale densa – 12”;

b. con Delib. Consiliare 12 novembre 1990, n. 30, Delib. Consiliare 22 febbraio 1993, n. 29 e Delib. Consiliare 18 aprile 1994, n. 3, aveva adottato il piano di recupero n. 5 zona del Carmine, ricomprendendovi l’area de qua;

c. aveva, conseguentemente, disposto, con decreti sindacali n. 46 del 4.09.95 (per tre anni) e n 74 del 27.06.95 (per due anni) l’occupazione d’urgenza di detta area per i lavori di ristrutturazione di (OMISSIS) e per la sistemazione dell’area antistante la chiesa (OMISSIS);

d. con Delib. giuntale 23 luglio 1997, n. 1851, aveva approvato le indennità di esproprio e di occupazione, secondo i criteri di cui alla L. n. 359 del 1992, art. 5 bis;

e. in data 22.01.1998, aveva depositato presso la Cassa DDPP, le indennità provvisorie di esproprio offerte ma non accettate dai proprietari delle singole unità immobiliari, deposito che il 9.07.1999 incrementava (a L. 338.217.600) in aderenza alle determinazioni assunte dalla Commissione provinciale espropri, che aveva elevato i valori venali di riferimento;

f. con decreto sindacale n. 36 dell’ 11.09.1998, aveva pronunciato il decreto definitivo di esproprio dell’area in questione.

Con sentenza del 17.06 – 10.09.2004, la Corte di appello di Salerno, riunite le cause e disposta ed espletata una CTU, la cui relazione era stata integrata da altra relazione in risposta ai rilievi critici formulati dai consulenti tecnici delle parti, in accoglimento delle domande introduttive:

determinava le giuste indennità di espropriazione in complessivi Euro 1.027.232,35 (Euro 971.455,300 per l’area di sedime ed Euro 55.777,35 per le due aree pertinenziali), oltre interessi legali dal 9.07.1998 e di occupazione per il periodo intercorso dal 1.07.1996 all’11.09.1998, in Euro 134.425,23, oltre interessi legali dal 1.07.1996, ripartendole tra le varie parti istanti e disponendo che il Comune di Salerno depositasse presso la cassa DDPP le somme differenziali;

condannava, inoltre, il Comune al pagamento delle spese processuali, ivi comprese quelle di CTU La Corte territoriale osservava e riteneva tra l’altro e per quanto ancora rileva:

che quanto all’eccezione di carenza di legittimazione attiva, sollevata dal Comune di Salerno nel proc. riunito 287/1998, inerente agli eredi Ri., doveva rilevarsi che essa non atteneva alla titolarità del diritto e, dunque, alla sussistenza del potere di azione, bensì alla questione della quota effettiva di pertinenza di ciascuno degli attori, rispetto alla quale la ripartizione andava effettuata secondo le corrette indicazioni del CTU;

che la richiesta di sospensione necessaria del processo, ai sensi dell’art. 295 c.p.c., formulata dal Comune di Salerno sempre in riferimento al proc. riunito 287/1998, inerente ai Sigg.ri Ri., riferita al giudizio da quest’ultimi introdotto il 22.07.1998, pendente tra le stesse parti, dinanzi al Tribunale di Salerno, e volto all’accertamento del diritto degli attori alla ricostruzione fuori sito del fabbricato demolito ed alla conseguente condanna dell’ente al risarcimento dei danni subiti per violazione della L. n. 218 del 1981, art. 28, nonchè al pagamento dell’indennità da occupazione illegittima del suolo, doveva essere disattesa, non sussistendo tra le due cause alcun vincolo di stretta ed effettiva consequenzialità;

che la variante al PRG, adottata con Delib. 18 dicembre 1989, n. 71, nel destinare l’area di sedime del fabbricato (F. 61 p.lla 136 di mq 483) a spazi pubblici, verde pubblico, parcheggi, servizi o attrezzature pubbliche, aveva introdotto un vincolo non conformativo ma preordinato all’esproprio (ed alla destinazione ad opera pubblica), atteso che tale variante relativamente all’area in questione non solo edificabile ma già edificata, sita in pieno centro cittadino, in zona altamente edificata e che presentava quasi nulla possibilità di intervento pubblico, non si era risolta in immutazione della sua preesistente destinazione urbanistica ma aveva solo comportato la possibilità di localizzarvi l’opera pubblica;

che, quindi, ai fini indennitari detta variante non aveva inciso sull’originaria natura edificabile dell’area, della quale, peraltro, nemmeno il Comune aveva dubitato, essendosi limitato a chiedere l’applicazione dei criteri indennitari propri delle aree edificabili, di cui all’art. 5 bis in luogo di quelli previsti dalla L. n. 2359 del 1865, art. 39, per le aree edificate, norma che, invece, si rendeva applicabile per l’arca de qua, con riguardo allo stato di fatto anteriore alla demolizione dell’edificio che vi insisteva ed ai limiti imposti alla relativa ricostruzione, posto anche che il soddisfacimento del prevalente interesse pubblico non poteva avvenire attraverso un procedimento logico di mera fictio iuris, tendente a risultati non solo erronei in diritto ma sommamente ingiusti;

che oltre all’area di sedime del fabbricato demolito, erano state occupate ed ablate due aree latistanti scoperte (f. 61 pp.lle n. 136 di mq 250 e n 453 di mq 220), di proprietà esclusiva degli eredi Benvenuto, costituenti pertinenze, e soggette alle diverse regole indennitarie, di cui alla L. n. 359 del 1992, art. 5 bis;

che dovevano essere condivisi i distinti metodi seguiti dal consulente d’ufficio per la determinazione dei valori di mercato sia dell’area di sedime (valore questo determinato in base alla consistenza del fabbricato demolito, costituito da 16 unità immobiliari oltre pertinenze coperte e scoperte, e dei valori tratti da altro procedimento di esproprio inerente a diversa zona denominata (OMISSIS)) e sia delle due aree pertinenziali (valori questi determinati per l’una in L. 600.000 al mq mentre per l’altra, gravata da usufrutto, in L. 300.000 al mq ed individuati con il metodo sintetico-comparativo, riconducendo al 1998, tramite gli indici istat, alcuni prezzi relativi ad anni diversi e con verifica dei risultati alla luce del procedimento analitico);

– che l’indennità di occupazione, non determinata in via amministrativa nè depositata, doveva essere quantificata in base al criterio degli interessi legali calcolati sull’indennità di esproprio, con decorrenza dall’immissione in possesso dei beni e sino al decreto di esproprio.

Avverso questa sentenza, notificatagli l’8.03.2005, il Comune di Salerno ha proposto ricorso per cassazione notificato il 5, il 7 ed il 10 maggio 2005, a B.G., + ALTRI OMESSI . Il Comune ha anche depositato memoria.

B.G., + ALTRI OMESSI hanno resistito con controricorso notificato il 13.06.2005 e proposto ricorso incidentale affidato ad un unico motivo, cui il comune di Sorrento ha resistito con controricorso.

C.S., N.R. e N.S., quali eredi di N.F. hanno resistito con controricorso.

Ri.An., + ALTRI OMESSI non hanno svolto attività difensiva.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Deve essere preliminarmente disposta ai sensi dell’art. 335 c.p.c., la riunione dei ricorsi principale ed incidentale, proposti avverso la medesima sentenza.

A sostegno del ricorso principale il Comune di Salerno denunzia:

1. “Violazione e falsa applicazione degli artt. 99, 100, 112 e 113 c.p.c.. Omessa ed insufficiente motivazione circa un punto decisivo della controversia, in riferimento all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5”.

L’ente si duole che in riferimento alle domande svolte da Ri.

A., + ALTRI OMESSI sia stata respinta la sua eccezione di difetto di legittimazione attiva, per non avere gli stessi dimostrato “anche” la quota effettiva dei loro diritti reali sulla res in comunione e cioè i millesimi di pertinenza di ciascuno.

1 motivo è infondato, avendo la Corte rigettato l’eccezione in questione in base ad un’interpretazione della stessa congrua e logica rispetto al suo tenore argomentativo, laddove l'”anche” ben poteva essere riferito soltanto alle quote di pertinenza degli istanti, sulla premessa incontestata della loro effettiva contitolarità del bene, rispetto alla cui ricorrenza, integrante condizione dell’azione, i giudici di merito non sono nemmeno venuti meno al loro compito di verifica d’ufficio (in tema, cfr. tra le altre, cass 200706980). D’altra parte, “La legittimazione ad opporsi alla stima amministrativa di terreni espropriati va presuntivamente riconosciuta a chi sia indicato negli atti del procedimento ablativo come proprietario del fondo, e quindi titolare del credito indennitario, fino a quando non si deduca un errore al riguardo, mentre non sono necessarie allegazioni o prove in ordine alla spettanza del diritto di proprietà, vertendosi in tema di tutela di posizioni creditorie, e non di rivendicazione o, comunque, di azioni di natura reale” (in tema, cfr. tra le altre, cass 199914587; 200413115).

2. “Violazione e falsa applicazione dell’art. 295 c.p.c..

Insufficiente e contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia, in riferimento all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5”.

Il motivo non ha pregio, in ragione del difetto di pertinenza della relativa illustrazione rispetto alle esplicate ragioni del diniego di sospensione del presente giudizio ai sensi del rubricato art. 295 c.p.c..

L’avversata conclusione risulta fondata dalla Corte distrettuale sull’interpretazione e qualificazione della domanda svolta dai Ri. nel diverso giudizio, ritenuta d’indole risarcitoria non per illecita appropriazione acquisitiva dell’area dei Ri. da parte del Comune, come prospettato nel motivo in esame, ma per l’illecito diniego da parte del medesimo ente sia del contributo per la ricostruzione dell’edificio su di essa edificato e danneggiato dal sisma e sia di assegnazione della L. n. 219 del 1981, ex art. 28, di una nuova area per la ricostruzione dell’immobile demolito, e, quindi, a diverse e specifiche causae petendi, giustamente ritenute inidonee a porsi in nesso di interdipendenza logico-giuridica con il presente giudizio, di determinazione delle indennità conseguenti al pronunciato esproprio ed alla disposta occupazione preespropriativa.

3. “Violazione e falsa applicazione della L. 8 agosto 1992, n. 359, art. 5 bis, della L. 17 agosto 1942, n. 1150, artt. 7, 10 e 40, della L. 3 novembre 1952, n. 1902, articolo unico, D.M. 2 aprile 1968, n. 1444, art. 3, nonchè dei principi generali in tema di varianti ai piani regolatori generali, in riferimento all’art. 360 c.p.c., n. 3.

Omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa punti decisivi della controversia, in riferimento all’art. 360 c.p.c., n. 5”.

Deduce che nell’accertare l’edificabilità dell’area espropriata non sono stati seguiti i criteri introdotti dalla L. n. 359 del 1992, art. 5 bis, ossia verificate le possibilità legali ed effettive di edificazione al momento dell’apposizione del vincolo preordinato all’esproprio, dolendosi essenzialmente che la conclusione dei giudici di merito circa la natura espropriativa e non conformativa della variante al PRG, adottata nel 1981 dal Comune di Salerno è affetta da vizi motivazionali e che è stata erroneamente ritenuta espropriata un’area edificata e non da lungo tempo inedificata.

4. “Violazione e falsa applicazione della L. 8 agosto 1992, n. 359, art. 5 bis, della L. 25 giugno 1865, n. 2359, art. 39, della L. 22 ottobre 1971, n. 865, art. 19, e dei principi generali in tema di determinazione del valore venale degli immobili soggetti ad espropriazione e di liquidazione delle relative indennità, in riferimento all’art. 360 c.p.c., n. 3. Violazione e falsa applicazione dell’art. 116 c.p.c., ed omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia, in riferimento all’art. 360 c.p.c., n. 5”.

Censura con riguardo all’area di sedime le regole legali applicate per la determinazione delle indennità di espropriazione e di occupazione legittima nonchè e con riguardo anche alle aree pertinenziali, metodi e criteri in concreto seguiti dal ctu per la quantificazione del dovuto, dolendosi pure dell’insufficienza dei chiarimenti forniti dall’esperto in merito ai sollevati rilievi critici e chiedendo anche l’annullamento delle statuizioni consequenziali ivi comprese quelle sulle spese processuali.

A sostegno del ricorso incidentale B.G., + ALTRI OMESSI denunziano “Violazione e falsa applicazione della L. 25 giugno 1865, n. 2359, spec. art. 39, della L. 22 ottobre 1971, n. 865, spec. art. 19, e dei principi generali in tema di determinazione del valore venale degli immobili soggetti ad espropriazione e di liquidazione della relativa indennità in riferimento all’art. 360 c.p.c., n. 3. Violazione e falsa applicazione dell’art. 116 c.p.c. ed omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia, in riferimento all’art. 360 c.p.c., n. 5”.

Si dolgono che i giudici di merito:

– non abbiano riferito le indennità al valore attuale dell’immobile da ricostruire ovvero incluso tra i valori da indennizzare quello alla ricostruzione, stante il nesso immediato di causalità e consequenzialità tra l’esproprio e la compromissione del loro diritto a ricostruire il fabbricato in sito e fuori sito. Sul punto il Comune di Salerno eccepisce la novità della questione, tra l’altro oggetto del menzionato diverso giudizio, e l’inapplicabilità della L. n. 218 del 1971, art. 28, per non essere ricompreso tra i comuni disastrati;

in ogni caso, abbiano sottostimato le indennità, anche recependo l’erroneo calcolo della cubatura del preesistente fabbricato e non considerando la consistenza della loro quota millesimale di proprietà nè l’altissimo pregio del sito ed i prezzi di mercato.

Il terzo motivo del ricorso principale è fondato nei limiti in prosieguo precisati.

In primo luogo va disatteso il profilo di censura con cui si impugna per vizi motivazionali, la qualificazione della variante al PRG del 1981 come espropriativa e non conformativa e conseguentemente, si contesta per la prima volta l’attuata riconduzione all’ambito delle aree edificabili del compendio ablato, con riguardo peraltro soltanto all’area di sedime del fabbricato demolito e non anche alle aree pertinenziali. Genericamente ed inammissibilmente, infatti, il Comune fonda la doglianza essenzialmente o su apodittici rilievi critici, non suffragati – in violazione del principio di autosufficienza del ricorso – dalla trascrizione di pertinenti passi della variante in questione, o su richiami a noti principi generali di diritto, sia espressamente considerati dai giudici di merito, e sia quali anche desumibili dalla precedente pronuncia di questa Corte n. 200410265, peraltro, secondo la stessa prospettazione, inerente ad altre aree ubicate in località molto distanti da quella de qua; non censura, invece, specificamente le congrue e logiche ragioni che hanno indotto la Corte di merito a ritenere l’indole non generale ma lenticolare e, dunque, a carattere espropriativo, de vincolo imposto dalla variante urbanistica in questione, con precipuo riferimento ai requisiti oggettivi di esso in rapporto al terreno di cui si controverte, tenendo anche presenti le peculiari caratteristiche e vicende di tale bene, poi coerentemente evolutesi nella sua inclusione nel piano di recupero n. 5 zona del Comune.

Merita, invece, favorevole apprezzamento il profilo della doglianza inerente all’erronea determinazione delle indennità di occupazione e di esproprio, che avrebbero dovuto essere rispettivamente commisurate alla consistenza ed al valore del bene al momento del decreto di occupazione ed a quello di espropriazione, momenti in cui nella specie il terreno di cui si controverte si presentava inedificato.

11 legittimamente, dunque, la Corte distrettuale ha commisurato le indennità a situazioni inattuali di edificazione, ritenute predicabili in ragione dell’illegittimità degli ostacoli frapposti dalla P.A. alla riedificazione del fabbricato demolito, sostanzialmente parametrandole non. come avrebbe dovuto, alle conseguenze prodotte dall’esproprio e dall’occupazione d’urgenza, ma al diverso ed inconferente ambito del danno da intervenuta perdita di chances da edificando, in tale erronea prospettiva anche procedendo a distinguere l’area di sedime dalle aree pertinenziali con duplicazione di criteri indennitari. Nella specie, dunque, avrebbero dovuto applicarsi con riguardo all’intera area occupata ed ablata, soltanto le regole legali all’epoca contemplate dalla L. n. 359 del 1992, art. 5 bis, per l’esproprio di terreni edificabili.

All’accoglimento di questa censura segue anche l’assorbimento del quarto motivo del ricorso principale, così come delle censure articolate nel ricorso incidentale, che, peraltro, concernendo la quantificazione delle indennità (anche con riguardo a quelle liquidate in base al citato art. 5 bis), rendono applicabili le innovazioni normative conseguenti alla dichiarazione d’illegittimità costituzionale (sentenza n. 348 del 24 ottobre 2007) del D.L. 11 luglio 1992, n. 333, art. 5 bis, commi 1 e 2 (convertito, con modificazioni, nella L. 8 agosto 1992, n. 359), inerente ai criteri di commisurazione dell’indennità di esproprio per le aree edificabili.

Infatti, in tema di espropriazione per pubblica utilità, una volta venuto meno il criterio riduttivo dell’indennizzo di cui al citato art. 5 bis, torna nuovamente applicabile – sia ai fini della determinazione dell’indennità di espropriazione che ai fini di quella di occupazione temporanea – il criterio generale del valore venale del bene fissato dalla L. 25 giugno 1865, n. 2359, art. 39, mentre lo “ius superveniens” costituito dalla L. 24 dicembre 2007, n. 244, art. 2, commi 89 e 90, si applica solo ai procedimenti espropriativi e non anche ai giudizi in corso (cfr. Cass. 200811480;

200828431; 201014939).

Conclusivamente devono essere respinti i primi due motivi del ricorso principale, deve essere accolto nei precisati sensi il terzo motivo, dichiarato assorbito il quarto motivo del medesimo ricorso principale, così come il ricorso incidentale, decidendo sul quale va disposta l’applicazione del suddetto nuovo assetto normativo per la determinazione delle indennità di espropriazione e di occupazione;

la sentenza impugnata deve essere, dunque, cassata in parte qua, con rinvio alla Corte di appello di Salerno, in diversa composizione, cui si demanda anche la pronuncia sulle spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte riuniti i ricorsi, rigetta i primi due motivi del ricorso principale, accoglie il terzo motivo, assorbito il quarto, provvede sul ricorso incidentale dichiarandolo assorbito per la residua parte, cassa la sentenza impugnata nei limiti precisati e rinvia, anche per le spese del giudizio di legittimità, alla Corte di appello di Salerno, in diversa composizione.

Così deciso in Roma, il 25 novembre 2010.

Depositato in Cancelleria il 21 gennaio 2011

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