Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14879 del 06/07/2011

Cassazione civile sez. VI, 06/07/2011, (ud. 27/05/2011, dep. 06/07/2011), n.14879

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SETTIMJ Giovanni – Presidente –

Dott. PICCIALLI Luigi – Consigliere –

Dott. MATERA Lina – Consigliere –

Dott. BIANCHINI Bruno – rel. Consigliere –

Dott. PARZIALE Ippolisto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso (iscritto al N.R.G. 17.057/10) proposto da:

T.G. (c.f. (OMISSIS));

rappresentato e difeso dall’avv. Guerrera Nicole ed elettivamente

domiciliato presso lo studio dell’avv. Lino Iuliano in Roma, via

Baldassarre Peruzzi n. 30, giusta procura in calce al ricorso per

cassazione.

– ricorrente –

contro

S.M.;

– intimata –

avverso la sentenza della Corte di Appello di Catanzaro n. 1.016/2009

pubblicata il 12/12/2009.

Udita la relazione della causa svolta nell’adunanza del 27/05/2011

dal Consigliere Dott. Bruno Bianchini;

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore

Generale Dott. FUCCI Costantino che ha concluso concordando con la

relazione.

Fatto

OSSERVA IN FATTO ED IN DIRITTO

T.G. citò S.M. innanzi al Tribunale di Paola per sentirla condannare al risarcimento del danno per non aver proceduto alla stipula del contratto definitivo di acquisto di un immobile costruito da esso attore, oggetto di preliminare di vendita, senza addurre valide giustificazioni. La convenuta, costituitasi, dapprima si dichiarò disposta a procedere all’acquisto e poi, avuto contezza che il promittente venditore costruttore aveva proceduto ad alienare a terzi l’immobile, chiese – per quello che qui ancora conserva interesse – che l’attore fosse condannato a risarcirle i danni per la ingiustificata risoluzione del preliminare, riservandosi di specificarli in separato giudizio.

Trattenuta la causa in decisione, la medesima venne rimessa sul ruolo per compiere una complessa istruttoria riguardante anche la quantificazione dei danni, all’esito della quale l’adito Tribunale respinse la domanda del T. e, in accoglimento di quella della S., come specificata in sede di precisazione delle conclusioni, dichiarò la risoluzione del contratto preliminare per inadempimento dell’attore, condannando quest’ultimo alla restituzione delle somme percepite ed al pagamento di Euro 22.016,59 a titolo di risarcimento del danno.

Tale sentenza, appellata dal T., fu confermata dalla Corte di Appello di Catanzaro con decisione n. 1016/2005, contro cui ha proposto ricorso in cassazione detta parte soccombente, sulla base di due motivi. Parte intimata non ha svolto difese. Il Consigliere delegato ha ritenuto d’avviare la trattazione in Camera di consiglio redigendo relazione ex art. 380 bis c.p.c. nella quale ha osservato quanto segue.

1 – Il T., dopo aver trascritto nel ricorso le motivazioni della sentenza del Tribunale e i propri motivi di appello, affida le doglianze in sede di legittimità alle seguenti considerazioni:

“MOTIVI: 1 – nullità della sentenza per omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudico, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5.” Invero a fronte di specifiche e motivate censure, contenute nell’atto di appello e sopra trascritte, che afferiscono ad un fatto controverso e decisivo per il giudizio, manca completamente la motivazione nella sentenza impugnata.

2 – “nullità della sentenza per violazione o falsa applicazione dell’art. 167 c.p.c., comma 2, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3 “.

Ai sensi dell’art. 167 c.p.c., comma 2 la domanda riconvenzionale deve essere proposta a pena di decadenza con la comparsa di risposta.

Sicchè la domanda riconvenzionale, spiegata all’udienza di precisazione delle conclusioni, va dichiarata decaduta, inammissibile ex lege. La Corte è incorsa nella nullità della sentenza per non aver rilevato la decadenza e, quindi, l’inammissibilità della domanda riconvenzionale, nonostante la specifica e dettagliata censura”.

2 – Il ricorso nel suo complesso non risponde ai canoni di autosufficienza indicati nell’art. 366 c.p.c., n. 4 dal momento che la natura impugnatoria dell’atto impone un confronto tra la scelta motivazionale del giudice di appello ed il vizio lamentato: mancando il medium comparationis (l’esposizione del passo della decisione che si censura) la doglianza rimane del tutto generica e priva di contenuto.

3 – Quanto poi specificamente al secondo motivo, nessun esame è riservato nel ricorso alla compiuta motivazione in forza della quale la Corte d’Appello ritenne accettato il contraddittorio sulla domanda nuova dopo che la causa era stata rimessa sul ruolo per l’effettuazione dell’istruttoria.

4 – La riscontrata inammissibilità del ricorso nel suo complesso – per non corrispondenza con lo schema legale – fa ritenere sussistenti i presupposti per la trattazione della causa in camera di consiglio à sensi del combinato disposto dell’art. 375 c.p.c., n. 1; artt. 376 e 380 bis c.p.c.”.

La relazione è stata ritualmente comunicata alle parti ed al P.M.;

all’adunanza del 27 maggio 2011 il PG ha concordato con la relazione.

Ritiene il Collegio di poter integralmente recepire le conclusioni esposte nella relazione. Va aggiunto, quanto al primo motivo, che la censura sopra esposta non perviene ad un vizio di motivazione bensì ad uno di omessa pronunzia che – in via di mera ipotesi astratta – doveva essere denunciato ex art. 360 c.p.c., n. 4 per violazione dell’art. 112 c.p.c. e non già in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5: ciò in quanto l’omessa pronunzia su alcuni dei motivi di appello, al pari dell’omessa pronunzia su una domanda, eccezione od istanza ritualmente formulata in giudizio, risolvendosi nella violazione della corrispondenza tra il chieste ed il pronunziato, integra un difetto di attività del giudice di secondo grado; la mancata deduzione del vizio nei termini indicati, oltre ad evidenziare un difetto del ricorrente nell’identificazione dell’errore che avrebbe commesso il giudice del merito ed a rendere non pertinente la censura formulata, impedisce ogni valutazione della fondatezza del motivo, in quanto preclude quell’esame degli atti processuali necessario alla verifica della sussistenza dell’omissione lamentata, che in sede di legittimità è consentito unicamente per il riscontro dell’error in procedendo (così Cass, 9318/2009 in motivazione, cui adde, e pluribus: Cass 21226/2010; Cass. 6361/2007;

Cass. 11.844/2006; Cass. 1755/2006; Cass. 12.475/2004). Quanto al secondo motivo deve altresì mettersi in rilievo che l’inammissibilità dello stesso deriva dalla violazione del principio della specificità del mezzo – art. 366 c.p.c., n. 4 atteso che il ricorso per cassazione deve contenere i motivi per i quali si richiede la cassazione, motivi che devono avere i caratteri di specificità, completezza e riferibilità alla decisione impugnata.

In tale prospettiva si ritiene necessario che l’impugnante espliciti le ragioni per le quali dissente dalla decisione del giudice del merito, altresì indicando le affermazioni in diritto contenute nella sentenza gravata che si assumono in contrasto con le disposizioni normative asseritamente violate o con l’interpretazione fornitane dalla giurisprudenza di legittimità o dalla prevalente dottrina (vedi Cass. 4489/2010, alla quale adde Cass. 14.752/2007; Cass. 21245/2006; Cass. 20.100/2006; Cass. 10.043/2006; Cass. 1108/2006;

Cass. 26048/2005; Cass. 21.659/2005; Cass. 16.132/2005).

Il ricorso va dunque dichiarato inammissibile, senza onere di spese, non avendo la parte intimata svolto difese.

P.Q.M.

LA CORTE DI CASSAZIONE Dichiara l’inammissibilità del ricorso.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 27 maggio 2011.

Depositato in Cancelleria il 6 luglio 2011

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