Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14878 del 19/06/2010

Cassazione civile sez. III, 19/06/2010, (ud. 06/05/2010, dep. 19/06/2010), n.14878

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FINOCCHIARO Mario – Presidente –

Dott. MASSERA Maurizio – Consigliere –

Dott. SEGRETO Antonio – rel. Consigliere –

Dott. VIVALDI Roberta – Consigliere –

Dott. LANZILLO Raffaella – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso proposto da:

C.E., C.P., elettivamente domiciliati in

ROMA, VIA TORNIELLI 46, presso lo STUDIO PROTA, rappresentati e

difesi dall’avvocato MALAFRONTE ANTONIO, giusta procura speciale a

margine del ricorso;

– ricorrenti –

contro

ENEL DISTRIBUZIONE SPA, in persona dell’Amministratore Delegato e

legale rappresentante, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA MICHELE

MERCATI 51, presso lo studio dell’avvocato BRIGUGLIO ANTONIO, che la

rappresenta e difende unitamente all’avvocato GUERRA PIETRO, giusta

procura speciale a margine del controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 243/2008 del TRIBUNALE DI TORRE ANNUNZIATA,

SEZIONE DISTACCATA di GRAGNANO, depositata il 27/05/2008;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

06/05/2010 dal Consigliere Relatore Dott. ANTONIO SEGRETO;

è presente il P.G. in persona del Dott. ANTONIETTA CARESTIA.

 

Fatto

FATTO E DIRITTO

E’ stata depositata in cancelleria la relazione ex art. 380 bis c.p.c., regolarmente comunicata al P.G. e notificata ai difensori, con la quale il relatore, cons. Antonio Segreto, letti gli atti depositati, osserva che :

1. Il Tribunale di Torre Annunziata, sede distaccata di Gragnano, con sentenza n. 243 depositata il 27.5.2008, in riforma di sentenza del giudice di pace di Gragnano, con cui l’Enel distribuzione veniva condannata al risarcimento dei danni patiti rispettivamente da C.E. e C.P. a seguito del black out elettrico verificatosi nella notte tra il (OMISSIS) e il (OMISSIS), rigettava le domande e riteneva che il preteso danno esistenziale non fosse risarcibile e che non era stato provato il danno patrimoniale dell’avaria di generi alimentari conservati nei frigoriferi.

Avverso questa sentenza hanno proposto ricorso per Cassazione gli attori.

Resiste con controricorso l’Enel Distribuzione s.p.a..

Il relatore conclude per la manifesta infondatezza dei motivi.

2. Il Collegio ritiene che il ricorso vada rigettato.

Con il primo motivo di ricorso i ricorrenti lamentano la violazione degli artt. 1218, 1228, 1372, 2697 c.c., nonchè il vizio motivazionale dell’impugnata sentenza ai sensi dell’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5.

Assumono i ricorrenti che andava affermata la responsabilità della convenuta, poichè essa a norma dell’art. 1228 c.c., rispondeva anche dei fatti dei propri ausiliari e che nella fattispecie il Gestore della Rete nazionale di trasmissione (a cui era addebitabile la mancata consegna all’Enel distribuzione dell’energia) operava appunto quale ausiliario della convenuta.

3. Il motivo è manifestamente infondato.

Dalla normativa regolante il sistema elettrico nazionale all’epoca dei fatti di causa, e segnatamente dal D.Lgs. n. 79 del 1999, artt. 1, 2, 3, 9, 13, e dal D.M. Industria 7 luglio 2000, emerge che la trasmissione di energia, attraverso la Rete Nazionale (e perciò fino alle cabine primarie dell’Enel distribuzione) è gestita obbligatoriamente ed in esclusiva dalla GRTN s.p.a. (soggetto del tutto autonomo rispetto ad Enel Distribuzione); che Enel Distribuzione non può procurarsi energia al di fuori della Rete Nazionale. Infatti sono riservati allo Stato ed affidati in concessione, in base ad apposita convenzione, al Gestore della rete, la trasmissione (consistente nel trasporto e nella trasformazione sulla rete interconnessa ad alta tensione) ed il cd. dispacciamento (consistente nell’attività diretta ad impartire disposizioni per l’utilizzazione e nell’esercizio coordinato degli impianti di produzione, della rete di trasmissione e dei servizi ausiliari) dell’energia elettrica (con la conseguenza che le controversie aventi ad oggetto le domande proposte contro il Gestore della Rete di Trasmissione Nazionale s.p.a. per il risarcimento dei danni cagionati dalla interruzione della somministrazione dell’energia elettrica sono devolute alla giurisdizione del giudice amministrativo; Cass. S.U. 14/06/2007, n. 13887).

Pertanto la s.p.a. GRTN non può considerarsi ausiliaria della convenuta ex art. 1228 c.c., poichè è un soggetto autonomo ed indipendente da questa e da qualsiasi altro soggetto operante nel settore elettrico ed è posto in posizione di supremazia rispetto a tali soggetti e di monopolista nella gestione della rete di trasmissione, controllando tutti i flussi di energia da chiunque immessa e prelevata sulla rete, senza alcun potere direttivo o di controllo dell’Enel distribuzione nei confronti di GRTN. Infatti non tutti i soggetti della cui attività il debitore si avvalga per l’adempimento della propria obbligazione sono suoi ausiliari nei termini indicati dall’art. 1228 c.c.. Possono considerarsi tali tutti e soltanto coloro che agiscono su incarico del debitore ed il cui operato sia assoggettato ai suoi poteri direttivi e di controllo, a prescindere dalla natura giuridica del rapporto intercorrente tra loro ed il debitore medesimo, ovvero allorchè sussista un collegamento tra l’attività del preteso ausiliario e l’organizzazione aziendale del debito della prestazione (cfr. Cass. 14/06/2007, n. 13953).

Inoltre la s.p.a. GRTN non può essere considerato ausiliaria dell’Enel Distribuzione in quanto non è stato liberamente scelta dall’Enel Distribuzione per la trasmissione di energia, ma è posta in posizione di monopolista, per cui ad essa l’Enel distribuzione doveva necessariamente rivolgersi per la trasmissione dell’energia da distribuire agli utenti.

4. Con il secondo motivo di ricorso i ricorrenti lamentano la violazione dell’art. 2059 c.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, nonchè il vizio motivazionale della sentenza a norma dell’art. 360 c.p.c., n. 5, non avendo il giudice di appello liquidato il danno, che, sia pure definito esistenziale, coincideva con il diritto costituzionalmente garantito di non vedersi privato per 15 ore di black out della possibilità di attendere alle normali attività realizzatrici della persona umana.

5. Il motivo è manifestamente infondato.

Come statuito da Cass. S.U. 11.11.2008, n. 26972, non è ammissibile nel nostro ordinamento l’autonoma categoria di “danno esistenziale”, inteso quale pregiudizio alle attività non remunerative della persona. Il danno non patrimoniale derivante dalla lesione di diritti inviolabili della persona, come tali costituzionalmente garantiti, è risarcibile – sulla base di una interpretazione costituzionalmente orientata dell’art. 2059 cod. civ. – anche quando non sussiste un fatto-reato, nè ricorre alcuna delle altre ipotesi in cui la legge consente espressamente il ristoro dei pregiudizi non patrimoniali, a tre condizioni: (a) che l’interesse leso – e non il pregiudizio sofferto – abbia rilevanza costituzionale (altrimenti si perverrebbe ad una abrogazione per via interpretativa dell’art. 2059 cod. civ., giacchè qualsiasi danno non patrimoniale, per il fatto stesso di essere tale, e cioè di toccare interessi della persona, sarebbe sempre risarcibile);

(b) che la lesione dell’interesse sia grave, nel senso che l’offesa superi una soglia minima di tollerabilità (in quanto il dovere di solidarietà, di cui all’art. 2 Cost., impone a ciascuno di tollerare le minime intrusioni nella propria sfera personale inevitabilmente scaturenti dalla convivenza); (c) che il danno non sia futile, vale a dire che non consista in meri disagi o fastidi, ovvero nella lesione di diritti del tutto immaginari, come quello alla qualità della vita od alla felicità.

Nella fattispecie i ricorrenti si riferiscono ad una generica impossibilità di attendere alla normale attività realizzatrice della persona umana, senza indicare (e poi provare) quale fosse lo specifico diritto inviolabile costituzionalmente garantito, leso in modo serio.

6. Con il terzo motivo di ricorso la parte ricorrente lamenta la violazione degli artt. 91 e 92 c.p.c. per avere il giudice di appello condannato essa al pagamento del 50% delle spese del doppio grado di ciascun giudizio, pur essendo stati rigettati il primo ed il secondo motivo di appello ed accolti per quanto di ragione il terzo ed il quarto.

7. Il motivo è manifestamente infondato.

Le spese processuali devono essere regolate secondo il principio della soccombenza a norma dell’art. 91 c.p.c., salvo l’esistenza di motivi di compensazione di cui all’art. 92 c.p.c..

La soccombenza deve essere stabilita in base ad un criterio unitario e globale, con riferimento all’esito finale della lite (cfr. Cass. 10.9.2001, n. 11543), essendo irrilevante, a questo fine, che la domanda proposta sia stata accolta per una sola delle varie ragioni prospettate. Nella fattispecie, quindi, avendo il giudice di appello accolto l’appello dell’Enel e rigettata per intero la domanda di parte attrice, è irrilevante, al fine dell’affermazione della totale soccombenza della parte attrice che solo due motivi dell’appello siano stati accolti. Ciò che rileva è che, all’esito del giudizio sull’appello, la domanda attrice è stata rigettata per intero.

8. Le spese seguono la soccombenza.

PQM

Visti gli artt. 375 e 380 bis c.p.c.;

Rigetta il ricorso. Condanna i ricorrenti in solido al pagamento delle spese del giudizio di Cassazione sostenute dalla resistente e liquidate in complessivi Euro 400,00, di cui Euro 100,00 per spese, oltre spese generali ed accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 6 maggio 2010.

Depositato in Cancelleria il 19 giugno 2010

 

 

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