Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14877 del 27/05/2021

Cassazione civile sez. trib., 27/05/2021, (ud. 13/01/2021, dep. 27/05/2021), n.14877

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CRUCITTI Roberta – Presidente –

Dott. D’ANGIOLELLA Rosita – Consigliere –

Dott. FEDERICI Francesco – Consigliere –

Dott. D’ORAZIO Luigi – Consigliere –

Dott. MAISANO Giulio – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 11147-2013 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

I CAVALLACCI SRL;

– intimata –

avverso la sentenza n. 29/2012 della COMM. TRIB. REG. TOSCANA,

depositata il 08/03/2012;

udita la relazione della causa svolta nella camera di Consiglio del

13/01/2021 dal Consigliere Dott. MAISANO GIULIO.

 

Fatto

RILEVATO

che:

con sentenza n. 29/17/12 pubblicata l’8 marzo 2012 la Commissione tributaria regionale della Toscana ha accolto l’appello proposto dalla società “I Cavallacci s.r.l.” avverso la sentenza della Commissione tributaria provinciale di Firenze n. 76/06/2009 con la quale era stato rigettato il ricorso proposto dalla stessa società avverso l’avviso di accertamento n. R4H030400282 emesso dall’Agenzia delle Entrate nei suoi confronti a titolo di IRPEG ed IVA per l’anno 2003 in conseguenza di plusvalenza determinata dalla cessione d’azienda per la quale l’Ufficio aveva rettificato il valore dichiarato da Euro 229.041,00 ad Euro 285.641,00 sulla base del valore di Euro 386.000,00 concordato da parte acquirente con l’Ufficio ai fini dell’imposta di registro;

che la Commissione tributaria regionale ha motivato tale sentenza considerando la diversa funzione ed il diverso presupposto dei due tributi, riguardando l’imposta di registro il valore di mercato del bene trasferito, mentre per le imposte dirette rileva la plusvalenza costituita dalla differenza tra il prezzo di cessione convenuto dalle parti nell’esercizio della loro autonomia negoziale ed il costo originale;

che l’Agenzia delle Entrate ha proposto ricorso per cassazione avverso tale sentenza affidato ad un unico motivo;

che la società “I Cavallucci s.r.l.” è rimasta intimata.

Diritto

CONSIDERATO

che:

con l’unico motivo di ricorso si lamenta la violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, comma 1, lett. d), del D.P.R. n. 917 del 1986, artt. 58 e 86, e degli artt. 2729 e 2697 c.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3. In particolare si deduce la legittimità dell’accertamento in quanto il valore accertato o concordato ai fini dell’imposta di registro costituisce elemento di presunzione grave e preciso a fronte del quale è onere del contribuente dimostrare che il prezzo concretamente percepito con la vendita del bene è stato inferiore;

che il ricorso è infondato. Infatti, seppure questa Corte ha costantemente affermato come nella fase di accertamento di una plusvalenza patrimoniale realizzata a seguito di cessione di beni a titolo oneroso, l’Amministrazione finanziaria è legittimata a procedere in via presuntiva sulla base dell’accertamento di valore effettuato in sede di applicazione dell’imposta di registro, restando a carico del contribuente l’onere di superare la presunzione di corrispondenza del prezzo incassato col valore di mercato accertato in via definitiva in sede di applicazione dell’imposta di registro, dimostrando di aver in concreto venduto ad un prezzo inferiore (così Cass. n. 4057/2007, poi ribadita in Cass. n. 21020/2009, Cass. n. 18705/2010), non di meno, successivamente è intervenuta una norma di interpretazione autentica;

che, più precisamente, il D.Lgs. n. 147 del 2015, art. 5, comma 3 – che, quale norma di interpretazione autentica, ha efficacia retroattiva – esclude che l’Amministrazione finanziaria possa ancora procedere ad accertare, in via induttiva, plusvalenza patrimoniale realizzata a seguito di cessione di immobile o di azienda solo sulla base del valore dichiarato, accertato o definito ai fini di altra imposta commisurata al valore del bene, posto che la base imponibile ai fini IRPEF è data non già dal valore del bene, ma dalla differenza tra i corrispettivi percepiti nel periodo di imposta e il prezzo di acquisto del bene ceduto, aumentato di ogni altro costo inerente al bene medesimo;

che il riferimento contenuto in detta norma all’imposta di registro ed alle imposte ipotecarie e catastali svolge una funzione esemplificativa, volta esclusivamente a rimarcare la ratio della norma incentrata sulla non assimilabilità della differente base impositiva (valore) rispetto a quella prevista per l’IRPEF (corrispettivo) (Cfr. Cass. n. 19227/2017, Cass. n. 12265/2017, Cass. 27614/18);

che di questo principio ha fatto buon governo la sentenza impugnata;

che nulla si dispone sulle spese soccombendo l’unica parte costituita;

che non sussistono i presupposti per il versamento, a carico della soccombente, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto ai sensi del medesimo art. 13, comma 1-bis, in quanto tale versamento non può aver luogo per quelle parti, come le Amministrazioni dello Stato, che siano istituzionalmente esonerate, per valutazione normativa della loro qualità soggettiva, dal materiale versamento del contributo stesso, mediante il meccanismo della prenotazione a debito.

P.Q.M.

La Corte di Cassazione rigetta il ricorso.

Così deciso in Roma, il 13 gennaio 2021.

Depositato in Cancelleria il 27 maggio 2021

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