Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14877 del 06/07/2011

Cassazione civile sez. VI, 06/07/2011, (ud. 27/05/2011, dep. 06/07/2011), n.14877

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SETTIMJ Giovanni – Presidente –

Dott. PICCIALLI Luigi – Consigliere –

Dott. MATERA Lina – Consigliere –

Dott. BIANCHINI Bruno – rel. Consigliere –

Dott. PARZIALE Ippolisto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso (iscritto al N.R.G. 13.112/10) proposto da:

C.F. (c.f. (OMISSIS)) rappresentato e

difeso dall’avv. Del Monte Franco, elettivamente domiciliato presso

lo studio del medesimo in via Roma, Rionero in V., giusta procura

speciale in calce al ricorso per cassazione – ex lege presso la

Cancelleria della Corte di Cassazione;

– ricorrente –

contro

– Spa METECNO INDUSTRIE (c.f. e partita IVA (OMISSIS)) in persona

del legale rappresentante dr. F.A.; rappresentata e difesa

dall’avv. Di Benedetto Marco di Pordenone; dall’avv. Stefano Traldi

di Roma e dall’avv. Matteo Del Vescovo di Roma ed elettivamente

domiciliata presso lo studio di quest’ultimo in Roma, via Dei

Dardanelli n. 37, giusta procura a margine del controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Corte di Appello di Trieste n. 490/2009,

depositata il 23/10/2009.

Udita la relazione della causa svolta nell’adunanza del 27/05/2011

dal Consigliere Dott. Bruno Bianchini;

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore

Generale dott. FUCCI Costantino che ha dichiarato di nulla osservare

in merito alla relazione.

Fatto

OSSERVA IN FATTO ED IN DIRITTO

La spa Bremet Brevetti Metecno, assumendo di essere creditrice di C.F. per la fornitura e posa in opera di un cancello, chiese ed ottenne che al predetto fosse ingiunto il pagamento del corrispettivo. L’opposto si costituì innanzi al Tribunale di Pordenone chiedendo la revoca del decreto e che fosse accertata e dichiarata la risoluzione del contratto per inadempimento dell’ingiungente che non avrebbe fornito il manufatto del cd. passo d’uomo (porta, ricavata nella sagoma del portone carrabile, idonea a consentire l’autonomo ingresso pedonale senza l’apertura dell’intero cancello) nè della promessa trasmittente bicanale, come neppure avrebbe rispettato il termine essenziale per la consegna; sottolineò che l’ingiunzione era stata azionata dopo quasi cinque anni dalla fornitura. L’opposta si costituì, contrastando la ricostruzione dei fatti e l’interpretazione degli impegni negoziali offerte dall’opponente con l’affermare che il cd. passo d’uomo, originariamente previsto nell’ordine, era stato poi da questo eliminato nella conferma di vendita, che per questo portava un corrispettivo minore; sottolineò che comunque il cliente non si sarebbe dimostrato disponibile all’eventuale sostituzione del manufatto, non fissando alcun appuntamento.

L’adito Tribunale respinse l’opposizione sulla base della sostanziale considerazione che l’assenza di un accessorio non poteva incidere sulla funzionalità del cancello che il C. avrebbe usato per anni.

La Corte di Appello di Trieste, decidendo sull’appello del C. e nel contraddicono della spa Metecno Industrie, incorporante la precedente ingiungente, respinse l’impugnazione, negando che potesse parlarsi di un inadempimento di quest’ultima in ragione del fatto che il contratto al quale le parti avevano dato esecuzione doveva identificarsi nella conferma dell’ordine del 29 settembre 2000 (che differiva da quello originario – datato 7 agosto 2000 – in quanto prevedeva il “passo d’uomo” ma non il termine essenziale per la consegna) avvenuta il 18 dicembre 2000: nell’elenco dei beni da consegnare allegato a quest’ultima non sarebbe stato compreso, nè fatturato, il cd. passo d’uomo. Affermò poi la Corte territoriale che l’assenza del dispositivo in esame non avrebbe costituito vizio redibitorio.

Detta sentenza è stata impugnata in sede di legittimità dal C. che ha fatto valere due motivi; si è costituita la spa Metecno Industrie con controricorso, lì Consigliere delegato ha ritenuto d’avviare la trattazione in Camera di consiglio redigendo relazione ex art. 380 bis c.p.c. nella quale ha osservato quanto segue.

“1 – Con il primo motivo il ricorrente lamenta la violazione degli artt. 1453, 1454 e 1490 e segg. c.c. – omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su fatti controversi e decisivi per il giudizio – omesso esame degli atti di causa – in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5″ assumendo che la Corte territoriale avrebbe qualificato il titolo per il quale l’ingiungente aveva agito, in maniera diversa da quella esposta dalla medesima ed avrebbe altresì pretermesso l’esame di clementi documentali dai quali agevolmente si sarebbe potuto trarre il convincimento del superamento del termine – di tre giorni- contenuto nella diffida ad adempiere.

1/a – La prima censura non è ammissibile per carenza di interesse in quanto, pur se fosse riscontrabile una contraddizione logica tra la sostenuta fissazione dell’oggetto del contratto escludente il cd.

passo d’uomo e l’affermazione, sempre contenuta in sentenza, della irrilevanza di tale accessorio nell’ambito del sinallagma negoziale, tuttavia la conclusione cui la Corte distrettuale è pervenuta rimarrebbe ferma in quanto il giudice dell’appello ha posto a base della propria decisione entrambe le motivazioni.

1/b – Il secondo rilievo difensivo è infondato; in quanto rappresenta indirizzo giurisprudenziale consolidato di questa Corte – dal quale il Collegio non intende deflettere, non avendo il ricorrente proposto validi argomenti in contrario quello per cui, in caso di reiterazione di atti di diffida ad adempiere, il termine di cui all’art. 1454 cod. civ. decorre dall’ultimo di essi, con la conseguenza che lo spatium agendi di 15 giorni, che necessariamente deve intercorrere tra il ricevimento della diffida e l’insorgenza della fattispecie risolutoria, deve essere rispettato dall’ultima diffida ( contrariamente dunque all’assunto del ricorrente, secondo il quale l’esistenza di precedenti diffide renderebbe irrilevante il rispetto di tale termine).

2 – Con il secondo motivo il ricorrente lamenta la ” violazione dell’art. 1490 e segg. cod. civ. – errata valutazione del vizio redibitorio – violazione degli artt. 1218 e 2697 cod. civ. – indebita inversione dell’onere della prova – violazione degli artt. 1458 e 1493 cod. civ.- violazione dell’art. 112 c.p.c. omesso esame di fatti e circostanze decisive per il giudizio – motivazione illogica e contraddittoria in relazione ali art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5″, ribadendo, da un lato, che l’assenza del cd. passo d’uomo avrebbe concretato un vizio redibitorio e, dall’altro, che erroneamente sarebbe stata affermata la violazione, da parte di esso ricorrente, dell’onere di collaborazione al fine di rendere possibile la sostituzione del bene ceduto.

2/a – La prima articolazione del motivo in esame è inammissibile in quanto: a – è stato violato il principio di autosufficienza del ricorso a cagione della omessa riproduzione, nel contesto dell’atto introduttivo del presente giudizio, del contratto che si assume costituire la fonte del diritto agito e del contenuto delle varie diffide inviate alla fornitrice al fine di consentire alla Corte di riscontrare le dedotte carenze valutative imputate al giudice di Appello; b – il giudizio di non rilevanza dell’inadempimento – ai sensi dell’art. 1490 c.c., comma 1 – posto a base della sentenza, è dunque congruamente motivato e sfugge pertanto ad un ulteriore scrutinio in sede di legittimità.

2/b – La censura relativa alla condotta in mala fede del compratore non è suscettibile di accoglimento in quanto è stata adeguatamente motivata sulla base della ritenuta non ragionevolezza della eccezione di inadempimento del ricorrente che, in questa sede, ha trovato conferma.

3- La riscontrata manifesta infondatezza del ricorso fa ritenere sussistenti i presupposti per la trattazione della causa in camera di consiglio à sensi del combinato disposto dell’art. 360 bis c.p.c., n. 1; art. 375 c.p.c., n. 5; artt. 376 e 380 bis c.p.c.”.

La relazione e stata ritualmente comunicata alle parti ed al P.M..

Il PG nulla ha osservato.

Ritiene il Collegio di poter integralmente recepire le conclusioni esposte nella relazione, mancando valide ed argomentate ragioni per disattenderne l’iter logico. Il ricorso va pertanto rigettato e parte ricorrente condannata al pagamento delle spese.

P.Q.M.

LA CORTE DI CASSAZIONE Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese che liquida in Euro 1.000,00 di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre IVA, GAP e spese generali come per legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 27 maggio 2011.

Depositato in Cancelleria il 6 luglio 2011

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