Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14872 del 27/05/2021

Cassazione civile sez. I, 27/05/2021, (ud. 29/04/2021, dep. 27/05/2021), n.14872

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GENOVESE Francesco A. – Presidente –

Dott. PARISE Clotilde – Consigliere –

Dott. BELLE’ Roberto – Consigliere –

Dott. CAPRIOLI Maura – Consigliere –

Dott. CARADONNA Lunella – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 16832/2020 proposto da:

F.U., rappresentato e difeso dall’Avv. Caterina Bozzoli, in

virtù di procura speciale allegata al ricorso per cassazione.

– ricorrente –

contro

Ministero dell’Interno, in persona del Ministro in carica,

domiciliato ex lege in Roma, Via dei Portoghesi, 12, presso gli

uffici dell’Avvocatura Generale dello Stato.

– resistente –

avverso la sentenza della Corte di appello di Venezia n. 4130/2019,

pubblicata in data 2 ottobre 2019;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

29/04/2021 dal Consigliere Dott. Lunella Caradonna.

 

Fatto

RILEVATO

Che:

1. Con sentenza del 2 ottobre 2020, la Corte di appello di Venezia ha dichiarato inammissibile l’appello proposto da F.U., proveniente dalla Nigeria, avverso l’ordinanza del Tribunale di Venezia del 17 aprile 2018, che non aveva riconosciuto la protezione internazionale ed umanitaria.

2. Il richiedente ha concluso in appello chiedendo il riconoscimento della sola protezione umanitaria.

3. La Corte di appello, ha dichiarato inammissibile l’appello proposto poichè era stato impugnato un decreto collegiale della sezione specializzata in materia di immigrazione e non anche un’ordinanza pronunciata dal giudice monocratico, che in relazione alla nuova disciplina introdotta dal D.L. n. 13 del 2007, convertito con modificazioni dalla L. n. 46 del 2017, non era reclamabile, ma unicamente ricorribile per cassazione; che, in ogni caso, anche se si voleva sostenere che le regole del nuovo rito non fossero applicabili alla protezione umanitaria, l’appello rimaneva inammissibile per il principio dell’apparenza, in applicazione del quale l’impugnazione doveva avvenire in base alla forma del provvedimento adottato.

4. F.U. ricorre per la cassazione della sentenza con atto affidato ad un unico motivo.

5. L’Amministrazione intimata si è costituita ai soli fini della eventuale partecipazione all’udienza di discussione della causa ai sensi dell’art. 370 c.p.c., comma 1.

Diritto

CONSIDERATO

Che:

1. Con il primo ed unico motivo il ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35 bis, come modificato dal D.L. n. 13 del 2017, confermando che il difensore, in presenza di soluzioni offerte dalla dottrina e praticate dalla giurisprudenza variegate, aveva aderito alla prima interpretazione giurisprudenziale strettamente collegata alla lettera della legge, secondo cui le controversie che riguardano solo la protezione umanitaria dovevano essere introdotte con atto di citazione o ricorso, decise con sentenza o ordinanza ex art. 702 ter c.p.c. e che tali provvedimenti erano comunque appellabili e che non era condivisibile l’esigenza di trattazione unitaria per ragioni di competenza per connessione di carattere funzionale spettante alle Sezioni specializzate; ancora la scelta di eliminare la garanzie dell’appello era disarmonica e ai limiti dell’irragionevolezza, nel quadro di un ordinamento processuale che, prevedeva tale garanzia per la stragrande maggioranza delle controversie civili, anche di infimo valore patrimoniale o extrapatrimoniale, comprese le impugnazioni delle sanzioni amministrative.

1.1 Il motivo è infondato.

1.2 Deve premettersi che il provvedimento impugnato davanti alla Corte di appello di Venezia è un decreto collegiale della Sezione specializzata in materia di immigrazione, protezione internazionale e libera circolazione dei cittadini dell’Unione Europea emesso in data 17 aprile 2019, nel giudizio iscritto al n. 1005/2018 R.G. (pagine 3 e 4 della sentenza impugnata).

Inoltre, dal ricorso per cassazione si ricava che la domanda proposta dal ricorrente sia in Commissione, che al Tribunale avesse ad oggetto sia le protezioni maggiori, sia la protezione umanitaria (pag. 2 del ricorso).

In sede di appello, il ricorrente – appellante ha, poi, concluso con specifico riferimento all’accoglimento della protezione umanitaria (pag. 2 e 3 della sentenza impugnata).

1.3 Dagli atti emerge, quindi, che la data di emissione del decreto di rigetto è del 17 aprile 2018 e che il procedimento di primo grado è stato iscritto a ruolo nel 2018, con la conseguenza che la disciplina applicabile al caso in esame è quella successiva all’entrata in vigore del D.L. n. 13 del 2017, convertito con modificazioni dalla L. n. 46 del 2017.

1.4 Ciò posto, il ricorso dinanzi al Tribunale di Venezia, come ricostruito dal ricorrente, era volto ad ottenere il riconoscimento dello status di rifugiato, della protezione sussidiaria e di quella umanitaria ed è stato proposto dopo l’entrata in vigore del decreto n. 13/2007 istitutivo delle sezioni specializzate in materia di immigrazione, che devolve, ex artt. 3 e 4 bis del medesimo, le controversie aventi ad oggetto l’impugnazione dei provvedimenti previsti dal D.Lgs. 28 gennaio 2008, n. 25, art. 35, anche relative al mancato riconoscimento dei presupposti per la protezione speciale a norma dell’art. 32, comma 3, del medesimo D.Lgs., e quelle aventi ad oggetto l’impugnazione dei provvedimenti adottati dall’autorità preposta alla determinazione dello Stato competente all’esame della domanda di protezione internazionale, al tribunale in composizione collegiale (Cass., 3 marzo 2020, n. 5858).

1.5 L’art. 35 bis dello stesso Decreto, nel testo vigente al momento del deposito del ricorso ed introdotto dal D.L. n. 13 del 2017, convertito con modificazioni dalla L. n. 46 del 2017, stabilisce che le controversie aventi ad oggetto l’impugnazione dei provvedimenti previsti dall’art. 35 sono regolate dalle disposizioni di cui agli artt. 737 c.p.c. e segg. e sono decise dal tribunale in composizione collegiale (citato art. 3, comma 4 bis, introdotto dalla Legge di Conversione n. 46 del 2017), ove non diversamente disposto.

Dello stesso D.L. n. 13 del 2017, art. 3, comma 1, individua le materie attribuite alla competenza delle sezioni specializzate, indicando sub lettera c) “le controversie in materia di riconoscimento della protezione internazionale di cui del D.Lgs. 28 gennaio 2008, n. 25, art. 35” e sub lett. d) “le controversie in materia di riconoscimento della protezione umanitaria nei casi di cui al D.Lgs. 28 gennaio 2008, n. 25, art. 32, comma 3”.

1.6 Al riguardo, questa Corte ha affermato che non sussistono ragioni ostative di natura processuale alla tutela giurisdizionale del diritto al riconoscimento del permesso umanitario, che rientra nel sistema di protezione costituzionale dell’asilo e, più in particolare, ha evidenziato che da un lato che la situazione giuridica soggettiva sottesa a tale domanda è riconducibile alla categoria dei diritti umani fondamentali garantiti dall’art. 2 Cost. e art. 3 CEDU e dall’altro che con l’attuale sistema pluralistico di misure riconducibili alla protezione internazionale, realizzatosi all’esito del recepimento delle direttive Europee con i decreti legislativi nn. 251/2007 e 25/2008, è stata data completa attuazione al diritto di asilo previsto dall’art. 10 Cost., comma 3 (Cass., 19 aprile 2019, n. 11110; Cass., 4 agosto 2016, n. 16362 del 2016; Cass., Sez. U., 28 febbraio 2017, n. 5059).

1.7 Inoltre, nell’affrontare la questione del rito applicabile alle controversie in materia di protezione umanitaria, considerato che, per evidenza letterale, non vi è coincidenza tra l’ambito delle controversie in materia di riconoscimento della protezione umanitaria e quello delle ipotesi di cui al D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 32, comma 3, non si può prescindere da una interpretazione delle norme che sia conforme alla finalità perseguita dal legislatore del 2017, che è quella di concentrare tutto il contenzioso in materia di protezione internazionale davanti ad un giudice specializzato.

Con il conseguente corollario che il legislatore, nel riferirsi alle “controversie in materia di riconoscimento della protezione umanitaria nei casi di cui al D.Lgs. 28 gennaio 2008, n. 25, art. 32, comma 3”, ha inteso disciplinare le controversie concernenti il rilascio del permesso di soggiorno per motivi umanitari ai sensi del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, richiamato, per l’appunto, dal D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 32, comma 3. Ed invero, argomentando diversamente, le controversie in materia di protezione umanitaria non ricomprese nei casi di cui al D.Lgs. 28 gennaio 2008, n. 25, art. 32, comma 3, resterebbero affidate alla competenza delle sezioni ordinarie del tribunale, ciò in evidente contrasto con la finalità di concentrazione e specializzazione chiaramente esplicitata dal legislatore.

1.8 Non è superfluo rilevare che tali conclusioni valgono per le controversie introdotte prima dell’entrata in vigore del D.L. n. 113 del 2018, convertito con modificazioni dalla L. n. 132 del 2018, che ha introdotto nel D.Lgs. n. 151 del 2011, art. 19 ter, che ha stabilito che le controversie di cui del D.L. n. 13 del 2017, art. 3, comma 1, lett. d) e d bis), convertito con modificazioni dalla L. n. 46 del 2017, sono regolate dal rito sommario di cognizione da proporsi davanti al tribunale, sezione specializzata in materia di immigrazione, protezione internazionale e libera circolazione dei cittadini dell’Unione Europea, che giudica in composizione collegiale e pronuncia con ordinanza non appellabile, ma ricorribile per cassazione.

1.9 Diversa è la questione (che non rileva nel caso in esame) del rito applicabile alle controversie che hanno ad oggetto esclusivamente la domanda di protezione umanitaria, con riguardo alla quale si è già detto che sono soggette al rito camerale speciale solo le controversie di cui all’art. 3, comma 1, lett. c), mentre non si rinviene dell’art. 3, comma 4 bis, alcun richiamo alle controversie di cui alla Legge di Conversione n. 46 del 2017, art. 3, comma 4 bis, lett. d)).

In queste ipotesi, il rito applicabile alle controversie in materia di protezione umanitaria deve essere individuato secondo le regole generali, sicchè il rito applicabile è quello ordinario di cui agli artt. 281 bis e segg. c.p.c. o, a scelta del ricorrente e ricorrendone i presupposti, il procedimento sommario di cognizione di cui agli artt. 702 bis c.p.c., e segg.: il ricorrente è titolare, quindi, della scelta libera, autonoma e consapevole di natura processuale concernente la selezione delle domande da proporre e, conseguentemente, del rito che ne consegue anche per ciò che concerne i rimedi impugnatori esperibili.

1.10 Si tratta, peraltro di una ricostruzione ermeneutica, già affermata da questa Corte (Cass.,13 febbraio 2020, n. 3668; Cass., 19 giugno 2019, n. 16458 e 16459), che, oltre che rispettosa della lettera delle norme, risulta coerente sotto il profilo sistematico, dato che l’esplicita volontà legislativa di attribuire, nelle controversie di cui trattasi, la competenza all’organo giudicante in composizione monocratica è bilanciata dal mantenimento del doppio grado di merito, poichè sia la sentenza che definisce il procedimento davanti al tribunale in composizione monocratica, sia l’ordinanza che conclude il procedimento sommario di cognizione sono impugnabili davanti la Corte di appello.

Come affermato da questa Corte “L’accennata formulazione normativa ha così creato una distinzione tra le azioni volte al riconoscimento della protezione internazionale (finalizzate al riconoscimento dello status di rifugiato ovvero della protezione sussidiaria) e le azioni volte al riconoscimento della (sola) protezione umanitaria; il legislatore, pur avendo attribuito per tutte tali controversie la competenza alle sezioni specializzate, ha tuttavia scelto riti diversi, ossia per il giudizio di protezione internazionale, uno speciale rito camerale, e per il giudizio relativo alla protezione umanitaria, il rito ordinario dinanzi al Tribunale in composizione monocratica” (Cass., 5 aprile 2019, n. 9658).

1.11 In conclusione, nelle controversie, come quella in esame, che hanno ad oggetto più domande, dirette ad ottenere in via principale lo status di rifugiato e la protezione sussidiaria ed in via subordinata la protezione umanitaria, il rito applicabile è quello di cui all’art. 35 bis dello stesso Decreto, nel testo vigente al momento del deposito del ricorso ed introdotto dal D.L. n. 13 del 2017, convertito con modificazioni dalla L. n. 46 del 2017, che stabilisce che le controversie aventi ad oggetto l’impugnazione dei provvedimenti previsti dall’art. 35 sono regolate dalle disposizioni di cui agli artt. 737 c.p.c. e segg. e sono decise dal tribunale in composizione collegiale (introdotto dalla Legge di Conversione n. 46 del 2017, citato art. 3, comma 4 bis), ove non diversamente disposto. Il ricorso, quindi, correttamente è stato deciso dal Tribunale, sezione specializzata in composizione collegiale, con il conseguente corollario che avverso il decreto collegiale del Tribunale è espressamente prevista la possibilità di ricorso per cassazione ai sensi del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35 bis, comma 13.

12. Il ricorso va, pertanto, rigettato.

Nulla sulle spese, poichè l’Amministrazione intimata non ha svolto difese.

PQM

La Corte rigetta il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, si dà atto della sussistenza dei presupposti per contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, ove dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 29 aprile 2021.

Depositato in Cancelleria il 27 maggio 2021

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