Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14871 del 20/07/2016
Cassazione civile sez. VI, 20/07/2016, (ud. 15/06/2016, dep. 20/07/2016), n.14871
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE T
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. IACOBELLIS Marcello – Presidente –
Dott. CIGNA Mario – Consigliere –
Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere –
Dott. CRUCITTI Roberta – rel. Consigliere –
Dott. CONTI Roberto Giovanni – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 12788/2012 proposto da:
AGENZIA DELLE ENTRATE, (OMISSIS), in persona del Direttore pro
tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,
presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e
difende;
– ricorrente –
contro
F.F., elettivamente domiciliato in ROMA, VIALE DELLE
PROVINCIE 184, presso lo studio dell’avvocato MARIA TERESA
PATERNOSTER, rappresentato e difeso dall’avvocato EUGENIO RONCO
MUNICCHI giusta procura in calce al controricorso;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 39/7/2011 della COMMISSIONE TRIBUTARIA
REGIONALE della LIGURIA, depositata il 29/03/2011;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del
15/06/2016 dal Consigliere Relatore Dott. Roberta Crucitti;
udito l’Avvocato M. Teresa Paternoster (delega avvocato Eugenio Ronco
Municchi) difensore del contro corrente che si riporta agli scritti.
Fatto
RITENUTO IN FATTO
Nella controversia avente origine dall’impugnazione da parte di F.F., esercente l’attività di agente di commercio, di cartella portante IRAP, per l’anno di imposta 2005, la C.T.R. della Liguria, con la sentenza indicata in epigrafe, in accoglimento dell’appello proposto dal contribuente, riformava integralmente la decisione di primo grado di rigetto del ricorso, ritenendo insussistenti i presupposti impositivi, perchè il contribuente esercitava l’attività di agente di commercio in via diretta e personale, senza l’aiuto di personale dipendente ed avvalendosi di pochi beni strumentali.
Avverso la sentenza l’Agenzia delle Entrate ha proposto ricorso su tre motivi.
Il contribuente resiste con controricorso.
A seguito di deposito di relazione ex art. 380 bis c.p.c., è stata fissata l’adunanza della Corte in Camera di consiglio, con rituale comunicazione alle parti.
Diritto
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Con il primo motivo si deduce la violazione e/o falsa applicazione del D.Lgs. n. 446 del 1997, art. 2, comma 1 e art. 3, in riferimento agli artt. 2082, 2195 e 1742 c.c., laddove la Commissione Regionale aveva escluso la debenza dell’Irap sulla base della mancanza di un’autonoma organizzazione, mentre la stessa attività svolta, di agente di commercio, in quanto attività di impresa, era in re ipso assoggettabile all’imposta de qua.
La censura è infondata alla luce del principio sancito dalle Sezioni Unite di questa Corte (Sez. U, Sentenza n. 12108 del 26/05/2009) e reiteratamente condiviso secondo cui “in tema di IRAP, a norma del combinato disposto del D.Lgs. 15 dicembre 1997, n. 446, art. 2, comma 1, primo periodo e art. 3, comma 1, lett. c), l’esercizio dell’attività di agente di commercio di cui alla L. 9 maggio 1985, n. 204, art. 1, è escluso dall’applicazione dell’imposta soltanto qualora si tratti di attività non autonomamente organizzata. Il requisito dell’autonoma organizzazione, il cui accertamento spetta al giudice di merito ed è insindacabile in sede di legittimità se congruamente motivato, ricorre quando il contribuente: a) sia, sotto qualsiasi forma, il responsabile dell’organizzazione e non sia, quindi, inserito in strutture organizzative riferibili ad altrui responsabilità ed interesse; b) impieghi beni strumentali eccedenti, secondo l’id quod plerumque accidit, il minimo indispensabile per l’esercizio dell’attività in assenza dell’organizzazione, oppure si avvalga in modo non occasionale di lavoro altrui”.
2. Il secondo ed il terzo motivo di ricorso sono, invece inammissibili, laddove, a fronte del costante insegnamento di questa Corte (secondo cui, in tema di I.r.a.p., l’accertamento del requisito dell’autonoma organizzazione spetta al giudice di merito ed e insindacabile in sede di legittimità se congruamente motivato) e dell’accertamento in fatto compiuto dal Giudice di merito, non si ravvisa nè la dedotta violazione dell’art. 2967 c.c., non apprezzandosi nell’operato della C.T.R. alcun illegittima inversione dell’onere probatorio, nè tanto meno una motivazione insufficiente ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 (nel testo applicabile rullane (empori:) non introducendo il mezzo fatti decisivi nell’accezione di cui alla norma invocata.
3. Da quanto esposto consegue il rigetto del ricorso e la condanna dell’Agenzia delle Entrate, soccombente, alle spese di lite liquidate come in dispositivo.
PQM
La Corte rigetta il ricorso.
Condanna la ricorrente alla refusione in favore del controricorrente delle spese processuali che si liquidano in complessivi Euro 900, oltre rimborso forfetario nella misura del 15% ed accessori di legge.
Così deciso in Roma, il 15 giugno 2016.
Depositato in Cancelleria il 20 luglio 2016