Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14869 del 13/07/2020

Cassazione civile sez. trib., 13/07/2020, (ud. 30/01/2020, dep. 13/07/2020), n.14869

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BISOGNI Giacinto – Presidente –

Dott. MANZON Enrico – Consigliere –

Dott. SUCCIO Roberto – Consigliere –

Dott. PUTATURO DONATI VISCIDO M.G. – rel. Consigliere –

Dott. GORI Pierpaolo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

Sul ricorso iscritto al numero 21337 del ruolo generale dell’anno

2013, proposto da:

C.C. rappresentato e difeso, giusta procura speciale a

margine del ricorso, dall’avv.to Giuseppe Piccione, elettivamente

domiciliato presso lo studio dell’avv.to Vanessa Ranieri, in Roma,

Largo Temistocle Solera 7/10;

– ricorrente –

contro

Agenzia delle entrate, in persona del Direttore pro tempore,

domiciliata in Roma, Via dei Portoghesi n. 12, presso l’Avvocatura

Generale dello Stato che la rappresenta e difende;

– controricorrente –

per la cassazione della sentenza della Commissione tributaria

regionale della Sicilia, sezione staccata di Siracusa, n. 55/16/13,

depositata in data 11 febbraio 2013, non notificata.

Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

30 gennaio 2020 dal Relatore Consigliere Dott.ssa Putaturo Donati

Viscido di Nocera Maria Giulia.

Fatto

RILEVATO

che:

-con sentenza n. 55/16/13, depositata in data 11 febbraio 2013, non notificata, la Commissione tributaria regionale della Sicilia, sezione staccata di Siracusa, accoglieva l’appello principale proposto dall’Agenzia delle entrate, in persona del Direttore pro tempore, nei confronti di C.C. e rigettava quello incidentale proposto da quest’ultimo nei confronti dell’Ufficio avverso la sentenza n. 133/01/11 della Commissione tributaria provinciale di Siracusa che aveva accolto il ricorso proposto dal suddetto contribuente avverso l’avviso di accertamento n. (OMISSIS) notificato il 7/11/09, con il quale l’Ufficio aveva contestato nei confronti di quest’ultimo, ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, comma 1, lett. d) e del D.L. n. 331 del 1993, art. 62-sexies, un maggiore reddito imponibile, ai fini Irpef, Irap e Iva, per l’anno 2004, sulla base di gravi incongruenze tra i ricavi dichiarati e quelli desumibili dagli studi di settore;

– la CTR, in punto di diritto, ha osservato che:1) nella specie, il contribuente non aveva contestato la corretta applicazione – dal punto di vista formale- dell’apposito studio di settore da parte dell’Amministrazione ma aveva eccepito la “non gravità” delle rilevate incongruenze; 2) anche a prescindere dalla previsione della L. n. 146 del 1998, art. 10, comma 1, introdotto dalla L. n. 296 del 2006, art. 1, comma 23, l’incongruenza tra i ricavi dichiarati e quelli derivanti dall’applicazione degli studi di settore appariva “grave” in termini assoluti (corrispondendo lo scostamento del 3% a ricavi non dichiarati per circa Euro 40,000);3) il contribuente non aveva fornito prova, in sede procedimentale o processuale, anche mediante presunzioni semplici, dell’inapplicabilità dello studio di settore, mentre l’Ufficio aveva confortato gli esiti derivanti dall’applicazione dello studio di settore con ulteriori elementi probatori facenti riferimento a significativi indici di spesa derivanti dalla proprietà/possesso di numerosi immobili e di veicoli;

-avverso la sentenza della CTR, il contribuente propone ricorso per cassazione affidato a tre motivi, cui resiste, con controricorso, l’Agenzia delle entrate;

– il contribuente ha depositato atto di rinuncia al ricorso- avendo aderito a definizione agevolata -chiedendo dichiararsi estinto il giudizio;

– il ricorso è stato fissato in camera di consiglio, ai sensi dell’art. 375 c.p.c., comma 2, e art. 380-bis.1 c.p.c., introdotti dal D.L. 31 agosto 2016, n. 168, art. 1-bis, convertito, con modificazioni, dalla L. 25 ottobre 2016, n. 197.

Diritto

CONSIDERATO

che:

– con il primo motivo, il ricorrente denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, della L. n. 146 del 1998, art. 10, comma 1, introdotto dalla L. n. 296 del 2006, art. 1, comma 23, per avere la CTR ritenuto valido l’avviso di accertamento in forza della vitata L. n. 146 del 1998, art. 10, comma 1, ancorchè, tale disposizione – che, pur richiamando il D.L. n. 331 del 1993, art. 62-sexies, non contempla espressamente il requisito della “gravità di scostamento”- debba essere interpretata, in una lettura costituzionalmente orientata al rispetto del principio di capacità contributiva ex art. 53 Cost., nel senso della persistente necessità, per fondare un legittimo accertamento, di uno scostamento tra il reddito dichiarato e quello desumibile dagli studi di settore in termini di “grave incongruenza”;

– con il secondo motivo, il ricorrente denuncia “la violazione dell’art. 112 c.p.c. per omesso esame circa un fatto decisivo oggetto di discussione” per avere la CTR omesso di considerare che, avendo il contribuente come dedotto nel ricorso introduttivo e nelle controdeduzioni in appello – comprovato la propria capacità economica- reddituale in ordine al possesso dei rilevati numerosi immobili e veicoli, quest’ultimo non poteva rilevare quale indice di spesa atto a supportare l’accertamento tributario in questione;

– con il terzo motivo, il ricorrente denuncia “violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39 e omesso esame circa un fatto decisivo oggetto di discussione tra le parti e violazione dell’art. 112 c.p.c.” in ordine alla eccepita – nel ricorso introduttivo e nelle controdeduzioni in appello – nullità dell’avviso di accertamento basato sugli studi di settore per difetto di motivazione- non potendo quest’ultima esaurirsi nel rilievo dello scostamento ma dovendo essere integrata con la dimostrazione dell’applicabilità in concreto dello standard e delle ragioni per le quali fossero state disattese le contestazioni del contribuente;

– ritenuto che la depositata rinuncia al ricorso rende lo stesso inammissibile, per sopravvenuta carenza di interesse;

– in considerazione dell’esito complessivo del giudizio, si ravvisano giusti motivi per compensare tra le parti le spese del giudizio di legittimità;

-nell’ipotesi di rinuncia al ricorso per cassazione da parte del contribuente per adesione a definizione agevolata non sussistono i presupposti per condannare lo stesso al pagamento del cd. “doppio contributo unificato”, di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, ove il presupposto per la rinuncia e, quindi, la causa di inammissibilità del ricorso sia sopravvenuta rispetto alla proposizione del medesimo (Cass., 14782/’18; nell’ipotesi di rinuncia al ricorso per cassazione da parte del contribuente per adesione alla definizione agevolata non sussistono i presupposti per condannare lo stesso al pagamento del cd. “doppio contributo unificato”, di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, ove il presupposto per la rinuncia e, quindi, la causa di inammissibilità del ricorso sia sopravvenuta rispetto alla proposizione del medesimo (Cass.n. 14782/18; Sez. 5, Ordinanza n. 33518 del 2019).

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso per sopravvenuta carenza di interesse; compensa interamente tra le parti le spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 30 gennaio 2020.

Depositato in cancelleria il 13 luglio 2020

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