Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14868 del 27/05/2021

Cassazione civile sez. I, 27/05/2021, (ud. 29/04/2021, dep. 27/05/2021), n.14868

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GENOVESE Francesco A. – Presidente –

Dott. PARISE Clotilde – Consigliere –

Dott. BELLE’ Roberto – Consigliere –

Dott. CAPRIOLI Maura – Consigliere –

Dott. CARADONNA Lunella – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 10373/2020 proposto da:

K.D., rappresentato e difeso dall’Avv. Caterina Bozzoli,

in virtù di procura speciale allegata al ricorso per cassazione.

– ricorrente –

contro

Ministero dell’Interno, in persona del Ministro in carica,

domiciliato ex lege in Roma, Via dei Portoghesi, 12, presso gli

uffici dell’Avvocatura Generale dello Stato.

– resistente –

avverso la sentenza della Corte di appello di Venezia n. 4186/2019,

pubblicata in data 3 marzo 2020;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

29/04/2021 dal Consigliere Dott. Lunella Caradonna.

 

Fatto

RILEVATO

Che:

1. Con sentenza del 3 marzo 2020, la Corte di appello di Venezia ha rigettato, perchè manifestamente inammissibile, l’appello proposto da K.D., proveniente dalla Costa d’Avorio, avverso l’ordinanza del Tribunale di Venezia del 10 ottobre 2018, che non aveva riconosciuto la protezione internazionale ed umanitaria.

2. Il richiedente ha riferito di essere fuggito dal Paese di origine per il timore di essere ucciso dalla polizia (OMISSIS) per il danneggiamento del motociclo del capo dei dipendenti comunali, a causa della brutale aggressione subita ed anche in ragione di quanto riferitogli da un suo collega che lo aveva avvisato che la polizia, dopo avere scoperto che era ancora vivo, lo stava cercando verosimilmente per ucciderlo.

3. La Corte di appello ha dichiarato inammissibile l’appello perchè proposto dopo il decorso del termine di trenta giorni dall’avvenuta lettura dell’ordinanza impugnata all’udienza del 10 ottobre 2018, affermando che il termine di impugnazione era scaduto il 9 novembre 2019 (venerdì), mentre il gravame era stato introdotto il 12 novembre 2018.

4. K.D. ricorre per la cassazione della sentenza con atto affidato a due motivi.

5. L’Amministrazione intimata si è costituita ai soli fini della eventuale partecipazione all’udienza di discussione della causa ai sensi dell’art. 370 c.p.c., comma 1.

Diritto

CONSIDERATO

Che:

1. Con il primo motivo il ricorrente deduce la violazione e falsa applicazione degli artt. 702 quater, 134 e 176 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, avendo errato la Corte di appello a ritenere che l’ordinanza del Tribunale fosse stata letta all’udienza del 10 ottobre 2018, perchè il provvedimento di primo grado era stato redatto su foglio separato, il che era presupposto di una pronuncia avvenuta fuori udienza e non invece inserita nel verbale di udienza; che l’udienza si era tenuta alle ore 9,15 in presenza del difensore del ricorrente, mentre la Commissione restava contumace ed il giudice, invece, si era pronunciato alle ore 11,30 in assenza di entrambe le parti, omettendo peraltro la comunicazione alle parti dell’ordinanza data per letta ed, invero, non letta; che l’ordinanza non era stata letta in udienza, ma era stata pubblicata in data 12 ottobre 2018, alle ore 9,06, come si leggeva dallo storico del fascicolo.

2. Con il secondo motivo il ricorrente lamenta la violazione degli artt. 702 bis, ter e quater c.p.c., in relazione all’art. 281 sexies c.p.c., nonchè in relazione al D.Lgs. n. 150 del 2011, art. 19, comma 9, avendo la Corte di appello errato nel ritenere applicabile la disposizione speciale di cui all’art. 281 sexies c.p.c., perchè il rito applicabile era quello di cui agli artt. 702 bis c.p.c. e segg., che non prevedeva la lettura del dispositivo in udienza e che del D.Lgs. n. 150 del 2011, art. 19, comma 9, prevedeva la comunicazione dell’ordinanza alle parti a cura della cancelleria; il Giudice, in ogni caso, non aveva invitato le parti alla discussione orale e non aveva avvisato le parti che avrebbe adottato tale procedura anche per la discussione.

2.1 I motivi, che in quanto connessi vanno trattati unitariamente, sono in parte inammissibili e in parte infondati.

2.2 Va, innanzi tutto, osservato che le controversie in materia di protezione internazionale, instaurate in data successiva all’entrata in vigore del D.Lgs. n. 150 del 2011, sono assoggettate al rito sommario di cognizione ai sensi degli artt. 19 e 36 di tale D.Lgs., con contestuale abrogazione del rito speciale già disciplinato dal D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35 (Cass., 7 giugno 2016, n. 13830).

Ne consegue che l’appello avverso l’ordinanza emessa ai sensi dell’art. 702 bis c.p.c., dal tribunale è esperibile, ai sensi dell’art. 702 quater c.p.c., entro trenta giorni dalla notificazione o dalla comunicazione dell’ordinanza stessa, ai sensi del D.Lgs. n. 150 del 2011, art. 19, comma 9 (Cass., 31 ottobre 2016, n. 22119; Cass., 25 agosto 2020, n. 17624).

2.3 Questa Corte ha anche affermato che, in tema di procedimento sommario di cognizione, il termine per proporre appello avverso l’ordinanza resa in udienza e inserita a verbale decorre, pur se questa non è stata comunicata o notificata, dalla data dell’udienza stessa, equivalendo la pronuncia in tale sede a “comunicazione” ai sensi degli artt. 134 e 176 c.p.c. (Cass., 6 giugno 2018, n. 14478).

E difatti, le norme richiamate, che si applicano anche al procedimento sommario di cognizione, dispongono che l’ordinanza pronunciata in udienza è inserita nel processo verbale (art. 134 c.p.c., comma 1) e le ordinanze pronunciate in udienza si ritengono conosciute dalle parti presenti e da quelle che dovrebbero comparirvi (art. 176 c.p.c., comma 2).

Ciò, in consonanza con la ratio legis connessa alla natura accelerata del procedimento sommario di cognizione e con il tenore letterale della disposizione dell’art. 702 quater c.p.c., che, a tal fine, fa decorrere il termine per l’appello dalla “comunicazione”, a cui è equipollente la lettura in udienza dell’ordinanza che definisce il procedimento sommario di cognizione.

2.4. Va messo in evidenza, infatti, il dato dell’estensione, nella disposizione di cui all’art. 702 quater c.p.c., del riferimento per decorrenza del termine, in via alternativa, alla notificazione (art. 137 c.p.c.) su istanza di parte o alla comunicazione (art. 136 c.p.c.) quale atto d’ufficio del cancelliere.

Così facendo, come già detto, il legislatore ha introdotto un ulteriore elemento di speditezza del rito, prevedendosi in sostanza che, quand’anche una parte o entrambe non manifestino interesse al sollecito conseguimento degli effetti del giudicato ai sensi dell’art. 2909 c.c. e si astengano dalla notificazione, gli effetti medesimi (direttamente o indirettamente, mediante stimolo dell’avversario a proporre prontamente gravame) conseguono alla comunicazione del cancelliere, adempimento in ogni caso effettuato per le ordinanze fuori udienza, ovvero, per quel che rileva in questa sede, la non necessità di comunicazione, qualora l’ordinanza venga allegata al verbale e letta in udienza.

Anche di recente, questa Corte ha precisato che la pronuncia dell’ordinanza che definisce il procedimento sommario di cognizione richiede, al fine della decorrenza del termine per impugnare, che l’ordinanza sia inserita a verbale e che della stessa si dia lettura in udienza (Cass., 9 marzo 2021, n. 6454; Cass., 19 marzo 2021, n. 7866).

2.5 Ciò posto, nel caso di specie, si legge nel provvedimento impugnato che l’ordinanza è stata letta all’udienza del 10 ottobre 2018 (pag. 5 della sentenza impugnata), dopo che il Giudice si era ritirato in Camera di consiglio per la decisione, sicchè deve ritenersi realizzata la condizione sopra richiamata per ritenere conosciuta dalle parti la decisione resa all’udienza, da cui l’applicazione della regola generale di cui all’art. 702 quater c.p.c., prima parte, secondo cui il termine per appellare decorre dalla lettura in udienza dell’ordinanza, da intendersi quale comunicazione dell’ordinanza, anche se a quella udienza le parti non erano presenti.

2.6 Il ricorrente ancora la sua affermazione al certificato storico del fascicolo telematico del procedimento ove è indicato l’ordinanza era stata pubblicata in data 12 ottobre 2018, alle ore 9,06.

E tuttavia, dalla verifica degli atti di causa, consentita ed anzi doverosa in questa sede in cui, essendo stata dedotta una questione processuale nel rispetto del principio dell’autosufficienza, la Corte è anche giudice del procedimento, nel verbale di causa è indicato che il giudice si è ritirato in Camera di consiglio per la decisione e alle ore 11,30 pronuncia ordinanza dandone lettura in udienza.

Pertanto, il provvedimento è stato immediatamente comunicato mediante lettura al termine dell’udienza e da quella data decorreva il termine per impugnare.

Ne consegue la tardività dell’appello che è stato depositato in data 12 novembre 2018, oltre il termine di 30 giorni previsto per la relativa impugnazione, che scadeva venerdì 9 novembre 2018.

3. Il ricorso, in conclusione, va rigettato.

Nulla sulle spese, poichè l’Amministrazione intimata non ha svolto difese.

PQM

La Corte rigetta il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, si dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, ove dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 29 aprile 2021.

Depositato in Cancelleria il 27 maggio 2021

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