Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14868 del 18/06/2010

Cassazione civile sez. trib., 18/06/2010, (ud. 17/02/2010, dep. 18/06/2010), n.14868

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LUPI Fernando – Presidente –

Dott. VIRGILIO Biagio – Consigliere –

Dott. GRECO Antonio – rel. Consigliere –

Dott. BISOGNI Giacinto – Consigliere –

Dott. SCARANO Luigi Alessandro – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona dei Direttore pro tempore,

rappresentata e difesa dall’Avvocatura generale dello Stato, e presso

di essa domiciliata in Roma, in Via dei Portoghesi n. 12;

– ricorrente –

contro

B.G.;

– intimato –

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della

Lombardia n. 8/28/06, depositata il 14 marzo 2006.

Udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

17 febbraio 2010 dal Relatore Cons. Dott. Antonio Greco.

La Corte:

 

Fatto

RITENUTO IN FATTO

che, ai sensi dell’art. 380 bis cod. proc. civ., è stata depositata in cancelleria la seguente relazione:

“L’Agenzia delle entrate propone ricorso per cassazione nei confronti della sentenza della Commissione tributaria regionale della Lombardia n. 08/28/06, depositata il 14 marzo 2006, che, rigettando l’appello dell’Agenzia delle entrate, ufficio di Vimercate, ha riconosciuto a B.G. il diritto al rimborso dell’IRAP versata per l’anno 1998, avendo ritenuto privo di pregio il rilievo dell’appellante secondo cui, essendosi avvalso il contribuente del condono ai sensi della L. 27 dicembre 2002, n. 289, art. 9, era divenuta definitiva la liquidazione delle imposte risultanti dalla dichiarazione, con riferimento alla spettanza di deduzioni ed agevolazioni indicate dal contribuente o all’applicabilità di esclusioni.

Nei confronti della decisione l’Agenzia delle entrate propone ricorso per cassazione.

Il contribuente non ha svolto attività difensiva nella presente sede.

Il ricorso contiene un motivo, rispondente ai requisiti prescritti dall’art. 366 bis cod. proc. civ., con il quale l’amministrazione ricorrente, premesso di aver dedotto con l’appello “l’avvenuta adesione del contribuente per gli anni 1999-2001, oggetto di contestazione, alla definizione agevolata ai sensi della L. n. 289 del 2002”, assume che la presentazione di istanza di condono, ai sensi della L. n. 289 del 2002, art. 9, preclude al contribuente “ogni possibilità di rimborso per le annualità d’imposta definite in via agevolata, ivi compreso il rimborso di imposte asseritamente inapplicabili per assenza del relativo presupposto”, con la conseguenza “che, per gli anni (1999-2001) per i quali il contribuente aveva aderito al condono di cui alla L. n. 289 del 2002, artt. 7 e 9, la domanda andava rigettata”.

Il ricorso appare inammissibile per carenza di interesse, in quanto l’amministrazione censura la sentenza di merito deducendo l’intervenuto condono per gli anni 1999-2001, laddove il giudizio, come risulta, oltre che dall’epigrafe e dallo svolgimento del processo della decisione impugnata, dallo stesso ricorso – “la controversia trae origine da un’istanza di rimborso delle somme versate a titolo di IRAP per l’anno 1998″ -, ha ad oggetto il rimborso della somma versata a quel titolo per l’anno 1998, e quindi per un diverso periodo d’imposta, per il quale non si deduce essere intervenuta definizione agevolata.

In conclusione, si ritiene che, ai sensi degli artt. 375 e 380 bis cod. proc. civ., il ricorso possa essere deciso in camera di consiglio in quanto inammissibile”;

che la relazione è stata comunicata al Pubblico Ministero e notificata agli avvocati delle parti;

che l’Agenzia delle entrate ha presentato memoria con la quale evidenzia come nel ricorso, per mero errore materiale, sono stati indicati gli anni 1999-2001 quali periodi d’imposta per i quali l’intimato ha presentato istanza di condono, laddove in realtà la domanda di condono ha avuto ad oggetto gli anni dal 1997 al 2001, come si evince dalla documentazione prodotta in appello e nuovamente depositata nella presente sede ai sensi dell’art. 372 cod. proc. civ..

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

che il Collegio, preso atto dell’evidente lapsus calami, osserva che “con riferimento alla definizione automatica prevista dalla L. n. 289 del 2002, art. 9, l’esercizio della facoltà di ottenere la chiusura delle liti fiscali pendenti, pagando una somma correlata al valore della causa, produce un effetto estintivo del giudizio, che opera anche in relazione alle domande giudiziali riguardanti le richieste di rimborso d’imposta (nella specie, IRAP), con la conseguenza che l’intervenuta proposizione della relativa istanza, palesandosi come questione officiosa, di ordine pubblico, deve essere rilevata d’ufficio dal giudice prima di ogni altra” (Cass. n. 25239 del 2007);

e che “con riferimento alla definizione automatica prevista dalla L. 27 dicembre 2002, n. 289, art. 9, la presentazione della relativa istanza preclude al contribuente ogni possibilità di rimborso per le annualità d’imposta definite in via agevolata, ivi compreso il rimborso di imposte asseritamente inapplicabili per assenza del relativo presupposto (nella specie, IRAP): il condono, infatti, in quanto volto a definire “transattivamente” la controversia in ordine all’esistenza di tale presupposto, pone il contribuente di fronte ad una libera scelta tra trattamenti distinti e che non si intersecano tra loro, ovverosia coltivare la controversia nei modi ordinari, conseguendo se del caso il rimborso delle somme indebitamente pagate, oppure corrispondere quanto dovuto per la definizione agevolata, ma senza possibilità di riflessi o interferenze con quanto eventualmente già corrisposto in via ordinaria” (Cass. n. 3682, n. 6504, n. 25239 del 2007);

che pertanto, a seguito della discussione in Camera di consiglio, ribaditi i principi di diritto sopra enunciati, il ricorso va accolto, la sentenza impugnata va cassata e, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa va decisa nel merito, con il rigetto del ricorso introduttivo del contribuente;

che sussistono giusti motivi per disporre la compensazione delle spese dell’intero giudizio.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta il ricorso introduttivo del contribuente.

Compensa le spese dell’intero giudizio.

Così deciso in Roma, il 17 febbraio 2010.

Depositato in Cancelleria il 18 giugno 2010

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