Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14868 del 15/06/2017


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Cassazione civile, sez. lav., 15/06/2017, (ud. 08/03/2017, dep.15/06/2017),  n. 14868

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BRONZINI Giuseppe – Presidente –

Dott. MANNA Antonio – Consigliere –

Dott. BALESTRIERI Federico – Consigliere –

Dott. PATTI Adriano Piergiovanni – Consigliere –

Dott. ESPOSITO Lucia – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 5750/2011 proposto da:

POSTE ITALIANE S.P.A. C.F. (OMISSIS), in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA,

PIAZZA G. MAZZINI 27, presso lo studio TRIFIRO’ & PARTNERS,

rappresentata e difesa dall’avvocato SALVATORE TRIFIRO’, giusta

delega in atti;

– ricorrente –

contro

V.R. C.F. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA,

VIA DELLA GIULIANA, 58, presso lo studio dell’avvocato ANTONIO

CARUSO, rappresentato e difeso dall’avvocato ANTONINO SIRACUSA,

giusta delega in atti;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 707/2010 della CORTE D’APPELLO di MILANO,

depositata il 26/08/2010 R.G.N. 486/2008.

Fatto

RILEVATO

che la Corte d’Appello di Roma, con sentenza del 26 agosto 2010, confermò, per quanto in questa sede interessa, la decisione del giudice di primo grado che aveva dichiarato la nullità del termine apposto al contratto di lavoro stipulato tra V.R. e Poste Italiane S.p.A., accertando la sussistenza tra le parti di un rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato;

che avverso la sentenza ha proposto ricorso per cassazione Poste Italiane S.p.A. sulla base di quattro motivi;

che la lavoratrice ha resistito con controricorso;

che l’udienza originariamente fissata è stata rinviata in attesa della decisione delle Sezioni Unite sulle ordinanze di rimessione n. 14340/2015 e 15705/2015 e per l’odierna adunanza entrambe le parti hanno prodotto memorie illustrative.

Diritto

CONSIDERATO

che con il primo motivo la ricorrente deduce, ex art. 360 c.p.c., n. 3, violazione e falsa applicazione del D.Lgs. 6 settembre 2001, n. 368, art. 1, art. 2697 c.c. e degli artt. 115 e 116 c.p.c., anche in relazione all’art. 12 disp. gen., r.g. 16 marzo 1942 n. 262, rilevando che la sentenza sarebbe incorsa in error in iudicando laddove aveva ritenuto che la società non avrebbe dimostrato la sussistenza delle esigenze sostitutive poste a fondamento dell’assunzione del lavoratore;

che con il secondo motivo la ricorrente rileva la contraddittorietà della motivazione su un fatto decisivo e controverso ex art. 360 c.p.c., n. 5, osservando che dall’esame complessivo delle deduzioni in fatto e dai prospetti allegati si evincerebbero proprio quegli elementi ulteriori idonei a integrare l’enunciazione dell’esigenza di sostituire i lavoratori a termine;

che con il terzo motivo la ricorrente deduce, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 4, la nullità del procedimento per non corrispondenza tra chiesto e pronunciato, ex art. 112 c.p.c.: omessa pronuncia sull’eccezione di cui all’art. 1419 c.c., comma 1, in relazione al D.Lgs. 6 settembre 2001, n. 368, art. 1, rilevando che la Corte non si era pronunciata sulla questione, dedotta in primo grado e in appello, relativa alla nullità dell’intero contratto in conseguenza dell’applicazione dell’art. 1419 c.c., in ragione dell’essenzialità della clausola appositiva del termine e dell’assenza di una norma imperativa idonea a sostituirla;

che con il quarto motivo la ricorrente deduce, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione e falsa applicazione degli artt. 1206, 1207, 1217, 2697, 2094 e 2099 c.c., rilevando che il lavoratore avrebbe diritto a titolo risarcitorio alle retribuzioni solo dal momento dell’effettiva ripresa del servizio e invocando in ogni caso l’applicazione dello ius superveniens costituito dalla L. 4 novembre 2010, n. 183, art. 32;

che i primi due motivi di ricorso, attinenti entrambi alla legittimità del termine apposto al contratto, proponendo una valutazione probatoria alternativa a quella compiuta dai giudici del merito, non consentita in questa sede, in ordine alla sussistenza delle esigenze sostitutive in fase di esecuzione del contratto, sono infondati, posto che gli stessi lasciano incensurata la ritenuta inidoneità del contenuto del testo contrattuale ad assolvere l’onere di specificazione di cui al D.Lgs. n. 368 del 2001, art. 1;

che, quanto al terzo motivo, deve ritenersi non configurabile il vizio di omessa pronuncia da parte del giudice d’appello, poichè la Corte territoriale, riconoscendo la nullità della sola clausola contrattuale concernente il termine apposto al contratto, ha fondato la decisione su una costruzione logico-giuridica incompatibile con la domanda attinente alla declaratoria di integrale nullità del contratto ex art. 1419 c.c., cui si riconnette la censura di cui si assume sia mancata la trattazione (Cass. 14/01/2015 n. 452);

che in ordine all’ultimo motivo, ogni questione attinente alle conseguenze risarcitorie dell’illegittimità del termine in base al regime antecedente alla previsione contenuta nella L. 4 novembre 2010, n. 183, art. 32, comma 5, è superata a seguito dell’entrata in vigore della richiamata disciplina e del suo carattere retroattivo, ai sensi del comma 7, ancorchè trattasi di norma emanata dopo la sentenza d’appello (“In tema di ricorso per cassazione, la censura ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, può concernere anche la violazione di disposizioni emanate dopo la pubblicazione della sentenza impugnata, ove retroattive e, quindi, applicabili al rapporto dedotto, atteso che non richiede necessariamente un errore, avendo ad oggetto il giudizio di legittimità non l’operato del giudice, ma la conformità della decisione adottata all’ordinamento giuridico” Cass. Sez. U. del 27/10/2016 n. 21691);

che, pertanto, la sentenza va cassata limitatamente al suddetto motivo accolto, con rinvio, anche per le spese, alla Corte d’appello di Roma in diversa composizione, che dovrà limitarsi a quantificare l’indennità spettante all’odierna parte ricorrente ex art. 32 cit. per il periodo compreso tra la scadenza del termine e la pronuncia del provvedimento con il quale il giudice ha ordinato la ricostituzione del rapporto di lavoro (cfr., per tutte, Cass. 10/07/2015 n. 14461), con interessi e rivalutazione su detta indennità da calcolarsi a decorrere dalla data della pronuncia giudiziaria dichiarativa della illegittimità della clausola appositiva del termine al contratto di lavoro subordinato (cfr., per tutte, Cass. 17/02/2016 n. 3062);

PQM

 

La Corte accoglie il motivo di ricorso concernente l’applicazione della L. 4 novembre 2010, n. 183, art. 32, rigetta gli altri. Cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia, anche per le spese del giudizio di legittimità, alla Corte d’appello di Roma in diversa composizione.

Così deciso in Roma, il 8 marzo 2017.

Depositato in Cancelleria il 15 giugno 2017

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