Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14868 del 06/07/2011

Cassazione civile sez. lav., 06/07/2011, (ud. 26/05/2011, dep. 06/07/2011), n.14868

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ROSELLI Federico – Presidente –

Dott. IANNIELLO Antonio – rel. Consigliere –

Dott. NOBILE Vittorio – Consigliere –

Dott. BALESTRIERI Federico – Consigliere –

Dott. MELIADO’ Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 18063-2007 proposto da:

POSTE ITALIANE S.P.A., in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, LUNGOTEVERE MICHELANGELO

9, presso lo studio dell’avvocato TRIFIRO’ & PARTNERS,

rappresentata

e difesa dall’avvocato CORNA ANNA MARIA, giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

M.F.;

– intimata –

sul ricorso 21573-2007 proposto da:

M.F., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA G. GENTILE

8, presso lo studio dell’avvocato MARTORIELLO MASSIMO, rappresentata

e difesa dall’avvocato COGO GIOVANNA, giusta delega in atti;

– controricorrente e ricorrente incidentale –

contro

POSTE ITALIANE S.P.A., in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, LUNGOTEVERE MICHELANGELO

9, presso lo studio dell’avvocato TRIFIRO’ & PARTNERS,

rappresentata

e difesa dall’avvocato CORNA ANNA MARIA, giusta delega in atti;

– controricorrente al ricorso incidentale –

avverso la sentenza n. 473/2006 della CORTE D’APPELLO di MILANO,

depositata il 22/06/2006 r.g.n. 1538/05;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

26/05/2011 dal Consigliere Dott. ANTONIO IANNIELLO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

DESTRO Carlo che ha concluso per il rigetto del ricorso principale,

accoglimento dell’incidentale.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza depositata il 22 giugno 2006, la Corte d’appello di Milano, in riforma della decisione di primo grado, ha dichiarato la nullità del termine apposto al contratto di lavoro intercorso tra Poste Italiane s.p.a. e M.F., “ai sensi del D.Lgs. n. 368 del 2001, art. 1 per ragioni di carattere sostitutivo correlate alla specifica esigenza di provvedere alla sostituzione del personale inquadrato nell’area operativa e addetto al servizio smaltimento presso il Polo corrispondenza Lombardia assente con diritto alla conservazione del posto di lavoro nel periodo dal 1 dicembre 2003 al 14 febbraio 2004”, con le condanne conseguenti.

In proposito, la Corte territoriale ha ritenuto generica l’indicazione della causale del termine contenuta nel contratto di lavoro e inoltre e comunque non offerta la prova della effettiva esistenza delle condizioni legittimanti l’apposizione del termine.

La società p.a. Poste Italiane chiede ora la cassazione di tale sentenza, con ricorso notificato in data 21 giugno 2007, affidato a cinque motivi.

Resiste alle domande M.F. con rituale controricorso, proponendo altresì contestualmente un ricorso incidentale, con un unico motivo.

Avverso il ricorso incidentale, la società ha proposto rituale controricorso, depositando infine una memoria. Motivazione semplificata.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

I motivi del ricorso principale attengono: 1 e 2) alla violazione del D.Lgs. n. 368 del 2001, art. 1 e al vizio di motivazione, laddove il giudice d’appello ha erroneamente e con insufficiente motivazione ritenuto generica la causale indicata nel contratto; 3) alla violazione dell’art. 2697 c.c. e artt. 115 e 116 c.p.c. e al vizio di motivazione, laddove la Corte territoriale, in contrasto con a richiesta di prova testimoniale effettuata dalla società, ha affermato che non era stata offerta la prova delle invocate esigenze sostitutive; 4) alla violazione dell’art. 12 preleggi, art. 1419 c.c., D.Lgs. n. 368 del 2001, art. 1 e art. 115 c.p.c., per avere ritenuto che la violazione del D.Lgs. n. 368 del 2001, art. 1 comporti la conversione del contratto a tempo indeterminato; 5) in via subordinata, alla violazione degli artt. 1206, 1207, 1217, 1219, 2094, 2099 e 2697 c.c. nonchè della L. n. 300 del 1970, art. 18 in quanto la lavoratrice avrebbe avuto semmai diritto, a titolo risarcitorio, alle retribuzioni solo dal momento dell’effettiva ripresa del servizio o dall’offerta della prestazione, mentre nel caso in esame la Corte non aveva neppure indicato quale fosse da considerare atto di messa in mora accipiendi della società; infine, condannando la società al pagamento delle retribuzioni anche successive alla data della sentenza e fino alla ripresa del servizio, i giudici avrebbero erroneamente fatto applicazione al caso in esame dell’art. 18 S.L..

Col ricorso incidentale, M.F. lamenta la violazione della L. 13 giugno 1942, n. 794, art. 24 nonchè del D.M. n. 127 del 2004, artt. 1, 4, 5 e 6 avendo il giudice di appello liquidato le spese di difesa della lavoratrice per ambedue i gradi di giudizio di merito in Euro 1.300,00 complessive, inferiori ai minimi tariffari e senza indicazione distinta degli onorari, invece di attenersi ai minimi, consistenti nel caso in esame in Euro 1.503,12, di cui Euro 760,00 per onorari nel primo grado e in Euro 1.700,00, di cui Euro 935,00 per onorari nel secondo grado.

Il ricorso principale è parzialmente fondato.

Secondo la recente uniforme giurisprudenza di questa Corte (cfr., da ultimo, Cass. 16 novembre 2010 n. 23119), “In tema di assunzione a termine di lavoratori subordinati per ragioni di carattere sostitutivo, l’onere di specificazione delle predette ragioni imposto dal D.Lgs. n. 368 del 2001, art. 1 è correlato alla finalità di assicurare la trasparenza e la veridicità della causa dell’apposizione del termine e l’immodificabilità della stessa nel corso del rapporto. Pertanto, nelle situazioni aziendali complesse, in cui la sostituzione non è riferita ad una singola persona, ma ad una funzione produttiva specifica, occasionalmente scoperta, l’apposizione del termine deve considerarsi legittima se l’enunciazione dell’esigenza di sostituire lavoratori assenti – da sola insufficiente ad assolvere l’onere di specificazione delle ragioni stesse – risulti integrata dall’indicazione di elementi ulteriori (quali, l’ambito territoriale di riferimento, il luogo della prestazione lavorativa, le mansioni dei lavoratori da sostituire, il diritto degli stessi alla conservazione del posto di lavoro in relazione a determinate circostanze) che consentano di determinare il numero dei lavoratori da sostituire, ancorchè non identificati nominativamente, ferma restando in ogni caso la verificabilità della effettiva corrispondenza quantitativa tra il numero dei lavoratori assunti con contratto a termine per lo svolgimento di una data funzione aziendale e le scoperture che per quella stessa funzione si sono realizzate per il periodo dell’assunzione”.

Nel caso in esame appare incongrua e priva di adeguata motivazione, in relazione ai principi sopra enunciati, la valutazione fatta dalla Corte di merito circa l’assenza di specificità della causale apposta al contratto di lavoro a termine in discussione. In particolare la Corte territoriale non ha tenuto conto del fatto che il concetto di specificità deve essere collegato a situazioni aziendali non più standardizzate ma obiettive, con riferimento alle realtà specifiche in cui il contratto viene ad essere calato.

Inoltre, la Corte, in connessione diretta con la ritenuta genericità della causale, ha affermato che la società non avrebbe offerto la prova della effettiva sussistenza delle condizioni legittimanti l’assunzione a termine, senza analizzare, alla luce dei principi ora indicati, la richiesta di prova testimoniale effettuata in primo grado, ribadita in appello e riprodotta nel corpo del ricorso per cassazione, in osservanza della regola della autosufficienza di quest’ultimo.

I primi tre motivi di ricorso devono essere pertanto accolti, con assorbimento degli altri due e del ricorso incidentale.

Concludendo, riuniti i ricorsi, ai sensi dell’art. 335 c.p.c., in quanto aventi ad oggetto una medesima sentenza, vanno accolti i primi tre motivi di quello principale, assorbiti gli altri due nonchè il ricorso incidentale. La sentenza va conseguentemente cassata, con rinvio ad altro giudice, che si atterrà ai principi di diritto enunciati, provvedendo altresì, in caso di condanna alle spese di giudizio, alla distinta indicazione di quelle dovute per onorari, nel rispetto dei minimi tariffari obbligatori.

P.Q.M.

La Corte riunisce i ricorsi, accoglie quello principale, assorbito l’incidentale; cassa conseguentemente la sentenza impugnata, con rinvio, anche per il regolamento delle spese di questo giudizio di cassazione, alla Corte d’appello di Milano, in diversa composizione.

Così deciso in Roma, il 26 maggio 2011.

Depositato in Cancelleria il 6 luglio 2011

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