Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14867 del 15/06/2017


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Cassazione civile, sez. lav., 15/06/2017, (ud. 08/03/2017, dep.15/06/2017),  n. 14867

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BRONZINI Giuseppe – Presidente –

Dott. MANNA Antonio – Consigliere –

Dott. BALESTRIERI Federico – Consigliere –

Dott. PATTI Adriano Piergiovanni – rel. Consigliere –

Dott. ESPOSITO Lucia – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 5365/2011 proposto da:

POSTE ITALIANE S.P.A., C.F. (OMISSIS), in persona del studio

dell’avvocato LUIGI FIORILLO, che la rappresenta e difende, giusta

delega in atti;

– ricorrente –

contro

E.N. C.F. (OMISSIS), elettivamente domiciliata in ROMA,

CORSO TRIESTE 185, presso lo studio dell’avvocato RAFFAELE VERSACE,

rappresentata e difesa dall’avvocato VINCENZO DI PALMA, giusta

delega in atti;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1332/2010 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI,

depositata il 20/02/201D R.G.N. 3967/2006.

Fatto

RILEVATO

che con sentenza 20 febbraio 2010, la Corte d’appello di Napoli dichiarava l’inefficacia del termine finale apposto al contratto stipulato da Poste Italiane s.p.a. con E.N. per il periodo 6 febbraio – 30 aprile 2002, con inquadramento in area operativa e mansioni di portalettere, accertava l’esistenza tra le parti di un rapporto di lavoro a tempo indeterminato dal 6 febbraio 2002, condannava la società datrice alla riammissione in servizio della lavoratrice e al pagamento, a titolo risarcitorio, di somma pari alle retribuzioni maturate dalla data di notifica del ricorso introduttivo alla sentenza, oltre interessi e rivalutazione: così riformando la sentenza di primo grado, che aveva respinto le domande della lavoratrice;

che avverso tale sentenza Poste Italiane s.p.a. ha proposto ricorso con sei motivi, cui ha resistito la lavoratrice con controricorso;

che l’udienza originariamente fissata per il 16 marzo 2016 è stata rinviata a nuovo ruolo in attesa della decisione delle sezioni unite di questa Corte sulle ordinanze di rimessione nn. 14340/15 e 15705/15.

Diritto

CONSIDERATO

che la ricorrente deduce violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 368 del 2001, art. 1, commi 1 e 1, art. 4, comma 2, art. 12 preleggi, artt. 1362 c.c. e segg., art. 1325 c.c., per la specificità delle ragioni tecniche, produttive ed organizzative datoriali in virtù del richiamo delle previsioni contenute negli accordi sindacali del 17, 18 e 23 ottobre, 11 dicembre 2001 e 11 gennaio 2002, compiutamente disciplinanti il processo di riallocazione territoriale e professionale delle risorse a tempo indeterminato, a base dell’esigenza di assunzioni a termine (primo motivo); omessa e insufficiente motivazione sul fatto decisivo e controverso dell’idoneità della compresenza di più ragioni, tra loro non incompatibili e per richiamo ai citati accordi sindacali, quale sufficiente specificazione delle esigenze sottese al contratto a termine (secondo motivo); violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 368 del 2001, art. 4, comma 2, art. 2697 c.c., artt. 115, 116, 244, 253 c.p.c., art. 421 c.p.c., comma 2, per inesistenza di un onere probatorio a carico datoriale delle esigenze giustificanti l’assunzione a termine, previsto per la sola eventuale proroga e per mancata ammissione dei mezzi di prova orale dedotti con esposizione degli elementi essenziali, da integrare con la documentazione prodotta (terzo motivo); vizio di omessa ed insufficiente motivazione sul fatto decisivo e controverso della mancata ammissione in particolare del capitolo 27) (quarto motivo); violazione e falsa applicazione degli artt. 1206, 1207, 1217, 1218, 1219, 1223, 2094, 2099 c.c., per maturazione del diritto della lavoratrice al pagamento delle retribuzioni dal momento di effettiva ripresa del servizio, in carenza di sua prestazione lavorativa e non dalla notifica del ricorso introduttivo, con applicabilità della L. n. 183 del 2001, art. 32, comma 5, quale ius superveniens (quinto e sesto motivo);

che ritiene il collegio che il primo e secondo motivo, congiuntamente esaminabili, debbano essere rigettati, con assorbimento del terzo e del quarto e che il quinto e il sesto, pure congiuntamente esaminabili, debbano invece essere accolti, nella parte relativa all’applicazione della L. n. 183 del 2001, art. 32, comma 5, quale ius superveniens, assorbita quella riguardante il regime previgente; che, infatti, i primi due motivi sono infondati, per la ravvisata mancata indicazione de “concreti elementi atti a rapportare le diverse ragioni enunciate con le esigenze della sede di lavoro o, quanto meno, della filiale presso la quale dovrà essere adibito il lavoratore, nell’arco temporale di durata del contratto” (quarto capoverso, seconda parte di pg. 5 della sentenza), pure “non incompatibile con la formulazione del D.Lgs. n. 368 del 2001, art. 1, la enunciazione – nel contratto individuale – di più esigenze relative al termine finale… ammettendo in tal modo la legittimità di più ragioni di carattere tecnico, produttivo, organizzativo o sostitutivo.. non incompatibili tra loro” (quarto capoverso, prima parte di pg. 5 della sentenza), in esatta applicazione del criterio interpretativo più elastico adottato da questa Corte per le situazioni aziendali complesse (Cass. 7 gennaio 2016, n. 113; Cass. 26 novembre 2015, n. 24196; Cass. 12 gennaio 2015, n. 208; Cass. 26 gennaio 2010, n. 1577) e ritenuto generico il richiamo di Poste Italiane s.p.a. alle esigenze rappresentate negli accordi sindacali sopra citati, debitamente scrutinati (ultimi due capoversi di pg. 5 della sentenza);

che l’esame del terzo e del quarto motivo, relativi alla prova di esigenze non specificate resta assorbito dall’infondatezza dei primi due;

che invece sono fondati il quinto e il sesto, in parte qua, per la ritenuta corretta interpretazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, nel senso che la violazione di norme di diritto possa concernere anche disposizioni emanate dopo la pubblicazione della sentenza impugnata, qualora siano applicabili al rapporto dedotto in giudizio perchè dotate di efficacia retroattiva: in tal caso essendo ammissibile il ricorso per cassazione per violazione di legge sopravvenuta; neppure nel caso di specie sussistendo il limite del giudicato, precluso anche, qualora la sentenza si componga di più parti connesse tra loro in un rapporto per il quale l’accoglimento dell’impugnazione nei confronti della parte principale determini necessariamente anche la caducazione della parte dipendente, dalla proposizione dell’impugnazione nei confronti della parte principale, pur in assenza di impugnazione specifica della parte dipendente (Cass. s.u. 27 ottobre 2016, n. 21691);

che pertanto il ricorso deve essere accolto in relazione al quinto e sesto motivo nei limiti detti, rigettati i primi due ed assorbiti il terzo e il quarto, con la cassazione della sentenza impugnata, in relazione ai motivi accolti e rinvio, anche per le spese del giudizio di legittimità, alla Corte d’appello di Napoli in diversa composizione, che dovrà limitarsi a quantificare l’indennità spettante all’odierna parte contro ricorrente ai sensi dell’art. 32 cit. per il periodo compreso fra la scadenza del termine e la pronuncia del provvedimento con il quale il giudice ha ordinato la ricostituzione del rapporto di lavoro (per tutte: Cass. 10 luglio 2015, n. 14461), con interessi e rivalutazione su detta indennità da calcolarsi a decorrere dalla data della pronuncia giudiziaria dichiarativa della illegittimità della clausola appositiva del termine al contratto di lavoro subordinato (per tutte: Cass. 17 febbraio 2016, n. 3062).

PQM

 

La Corte accoglie i motivi concernenti l’applicazione della L. n. 183 del 2010, art. 1, rigettati gli altri; cassa la sentenza, in relazione ai motivi accolti e rinvia, anche per la regolazione delle spese del giudizio di legittimità, alla Corte d’appello di Napoli in diversa composizione.

Così deciso in Roma, nella Adunanza camerale, il 8 marzo 2017.

Depositato in Cancelleria il 15 giugno 2017

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