Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14866 del 27/05/2021

Cassazione civile sez. I, 27/05/2021, (ud. 29/04/2021, dep. 27/05/2021), n.14866

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GENOVESE Francesco A. – Presidente –

Dott. PARISE Clotilde – Consigliere –

Dott. BELLE’ Roberto – Consigliere –

Dott. CAPRIOLI Maura – Consigliere –

Dott. CARADONNA Lunella – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 9993/2020 proposto da:

I.Y., rappresentato e difeso dall’Avv. Fabrizio Ippolito

D’Avino, come da procura speciale allegata al ricorso per

cassazione.

– ricorrente –

contro

Ministero dell’Interno, in persona del Ministro in carica,

domiciliato ex lege in Roma, Via dei Portoghesi, 12, presso gli

uffici dell’Avvocatura Generale dello Stato.

– resistente –

avverso la sentenza della Corte di appello di Venezia n. 5448/2019,

pubblicata in data 2 dicembre 2019;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

29/04/2021 dal Consigliere Dott. Lunella Caradonna.

 

Fatto

RILEVATO

Che:

1. Con sentenza del 2 dicembre 2019, la Corte di appello di Venezia ha rigettato l’appello proposto da I.Y., nato in (OMISSIS), avverso l’ordinanza del Tribunale di Venezia del 2 settembre 2017, cha confermato il provvedimento di diniego della Commissione territoriale competente.

2. Il richiedente aveva dichiarato di essere andato via dal Paese di origine per i problemi sorti con le milizie di (OMISSIS) che, giunte nel villaggio, avevano iniziato ad uccidere le persone senza motivo; di essere stato catturato insieme ad altri, legato e bastonato e che era riuscito a scappare.

3. La Corte di appello ha ritenuto il racconto del richiedente non attendibile, nella mancanza di una reale critica alla ratio decidendi adottata dal Tribunale sulla non credibilità ed estrema genericità della confusa narrazione; i giudici di secondo grado, inoltre, hanno affermato che non sussistevano nemmeno i presupposti per il riconoscimento della protezione sussidiaria, non essendovi alcun elemento per ritenere che egli proveniva effettivamente da Bosso, regione di Diffa, se non le dichiarazioni del richiedente, non credibili, e l’incapacità dello stesso di rispondere alle precise domande della commissione volte proprio a verificare la provenienza del richiedente; quanto alla protezione umanitaria, è stato precisato che la narrazione del ricorrente, non credibile, non poteva essere posta a fondamento del permesso di soggiorno per motivi umanitari e che non era stato allegato in modo specifico un certo grado d’integrazione sociale, non desumibile dall’effettuazione di prestazioni lavorative regolarmente retribuite o corsi di lingua.

4. I.Y. ricorre per la cassazione del decreto con atto affidato a due motivi.

5. L’Amministrazione intimata si è costituita ai soli fini della eventuale partecipazione all’udienza di discussione della causa ai sensi dell’art. 370 c.p.c., comma 1.

Diritto

CONSIDERATO

Che:

1. Con il primo motivo il ricorrente lamenta la nullità della sentenza per motivazione contraddittoria in relazione alla domanda di protezione sussidiaria e omesso esame di fatto decisivo, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 e precisamente l’omessa contestualizzazione dei dati che emergevano dalle fonti internazionali citate nella sentenza impugnata.

1.1 Il motivo è inammissibile.

1.2 In relazione alla dedotta violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c), denunciata con riguardo alla mancata contestualizzazione dei dati che emergevano dalle fonti internazionali richiamate, va osservato che, alla stregua delle indicazioni ermeneutiche impartite da questa Corte, la nozione di violenza indiscriminata in situazioni di conflitto armato, interno o internazionale, in conformità con la giurisprudenza della Corte di giustizia UE (C542/13; C-285/12; C-465/07), deve essere interpretata nel senso che il conflitto armato interno rileva solo se, eccezionalmente, possa ritenersi che gli scontri tra le forze governative di uno Stato e uno o più gruppi armati, o tra due o più gruppi armati, siano all’origine di una minaccia grave e individuale alla vita o alla persona del richiedente la protezione sussidiaria (Cass., 2 ottobre 2019, n. 24647).

1.3 Il grado di violenza indiscriminata deve aver pertanto raggiunto un livello talmente elevato da far ritenere che un civile, se rinviato nel Paese o nella regione in questione correrebbe, per la sua sola presenza sul territorio, un rischio effettivo di subire detta minaccia (Cass., 31 maggio 2018, n. 13858).

1.4 Anche di recente, questa Corte ha affermato il principio di diritto che segue: “Il conflitto armato interno, tale da comportare minaccia grave ed individuale alla vita o alla persona di un civile, ai sensi del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c), ricorre in situazione in cui le forze armate governative di uno Stato si scontrano con uno o più gruppi armati antagonisti, o nella quale due o più gruppi armati si contendono tra loro il controllo militare di un dato territorio, purchè detto conflitto ascenda ad un grado di violenza indiscriminata talmente intenso ed imperversante da far sussistere fondati motivi per ritenere che un civile rinviato nella regione di provenienza – tenuto conto dell’impiego di metodi e tattiche di combattimento che incrementano il rischio per i civili, o direttamente mirano ai civili, della diffusione, tra le parti in conflitto, di tali metodi o tattiche, della generalizzazione o, invece, localizzazione del combattimento, del numero di civili uccisi, feriti, sfollati a causa del combattimento – correrebbe individualmente, per la sua sola presenza su quel territorio, la minaccia contemplata dalla norma” (Cass., 2 marzo 2021, nn. 5675 e 5676).

1.5 Ciò posto, il motivo è inammissibile perchè volto a sollecitare questa Corte ad una rivalutazione delle plurime fonti informative utilizzate aggiornate al 2018, per accreditare, in questo giudizio di legittimità, un diverso apprezzamento della situazione di pericolosità interna del Niger, giudizio quest’ultimo inibito alla corte di legittimità ed invece rimesso alla cognizione esclusiva dei giudici del merito, la cui motivazione è stata articolata, sul punto qui in discussione, in modo adeguato e scevro da criticità argomentative, alle pagine 7 – 10 del provvedimento impugnato, avendo la Corte concluso che “il quadro complessivo è quello di uno Stato con gravi problemi di politica interna a rischio d’involuzione autoritaria e con una povertà ampiamente diffusa, ma non quello di un paese dove imperversi una situazione di violenza generalizzata contro la popolazione civile”.

1.6 Il motivo, peraltro, trascura del tutto di censurare il secondo iter argomentativo della Corte del merito, laddove essa ha affermato che non sussistevano elemento per ritenere che il ricorrente provenisse effettivamente da (OMISSIS), se non le sue dichiarazioni, non credibili, e l’incapacità dello stesso di rispondere alle precise domande della commissione volte proprio a verificare la provenienza del richiedente.

1.7 In ultimo va precisato che, in seguito alla riformulazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 (disposta dal D.L. n. 83 del 2012, art. 54, convertito con modificazioni dalla L. n. 134 del 2012), non sono più ammissibili nel ricorso per cassazione le censure di contraddittorietà ed insufficienza della motivazione della sentenza di merito impugnata, in quanto il sindacato di legittimità della motivazione resta circoscritto alla sola verifica della violazione del “minimo costituzionale” richiesto dall’art. 111 Cost., comma 6, individuabile nelle ipotesi che si convertono in violazione dell’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4 e danno luogo a nullità della sentenza per “mancanza della motivazione”, di “motivazione apparente”, di “manifesta ed irriducibile contraddittorietà” e di “motivazione perplessa o incomprensibile”, al di fuori delle quali, il vizio di motivazione può essere dedotto solo per omesso esame di un “fatto storico”, che abbia formato oggetto di discussione e che appaia “decisivo” ai fini di una diversa soluzione della controversia. (Cass., 12 ottobre 2017, n. 23940; Cass., 25 settembre 2018, n. 22598).

Nè, d’altronde, nel caso di specie, è configurabile una delle predette ipotesi in quanto la motivazione della sentenza impugnata, per quanto già detto, è sorretta da un contenuto non inferiore al “minimo costituzionale”, avendo la Corte territoriale affermato la non configurabilità dei presupposti, indicando le fonti consultate e le specifiche informazioni da esse tratte.

1.8 Va, al riguardo, data continuità ai principio secondo cui “In tema di protezione internazionale, il motivo di ricorso per cassazione che mira a contrastare l’apprezzamento del giudice di merito in ordine alle cd. fonti privilegiate, di cui al D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3, deve evidenziare, mediante riscontri precisi ed univoci, che le informazioni sulla cui base è stata assunta la decisione, in violazione del cd. dovere di collaborazione istruttoria, sono state oggettivamente travisate, ovvero superate da altre più aggiornate e decisive fonti qualificate” (Cass., 18 febbraio 2020, n. 4037).

2. Con il secondo motivo il ricorrente lamenta l’omesso esame circa un fatto decisivo, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, per il giudizio sulla domanda di riconoscimento della protezione umanitaria e specificamente della situazione del paese di origine del richiedente sia in termini di violenza generalizzata, sia in termini di violazione dei diritti umani.

2.1 Anche il secondo motivo è inammissibile, non essendo stata censurata specificamente la ratio decidendi posta a fondamento del mancato riconoscimento della protezione umanitaria.

2.2 Il ricorrente fonda, infatti, la propria domanda di permesso umanitario su circostanze che sono state ritenute non credibili dal giudice di merito con argomentazioni adeguate e non sindacabili in sede di legittimità (pagg. 11 e 12 del provvedimento impugnato). 2.3 Questa Corte, di recente, ha affermato che in tema di permesso di soggiorno per ragioni umanitarie, se è pur vero che la valutazione in ordine alla sussistenza dei suoi presupposti deve essere il frutto di autonoma valutazione avente ad oggetto le condizioni di vulnerabilità che ne integrano i requisiti, tuttavia, la necessità dell’approfondimento da parte del giudice di merito non sussiste se, già esclusa la credibilità del richiedente, non siano state dedotte ragioni di vulnerabilità diverse da quelle dedotte per le protezioni maggiori (Cass., 24 dicembre 2020, n. 29624), come nel caso in esame, dove il ricorrente non ha posto a fondamento della richiesta di protezione umanitaria “circostanze diverse” rispetto a quelle poste a fondamento delle protezioni maggiori.

2.4 E ciò senza prescindere dal principio, pure affermato da questa Corte, che l’allegazione da parte del richiedente della situazione generale del paese di provenienza dovrà, proiettare – per essere positivamente apprezzata dal giudice del merito nella valutazione comparativa tra integrazione nel paese di accoglienza e la situazione del paese di provenienza – un riflesso individualizzante rispetto alla vita precedente del richiedente protezione, tale da evidenziare le condizioni di vulnerabilità soggettive necessarie per il riconoscimento dell’invocata tutela protettiva umanitaria, non potendosi ritenere pertinenti nè rilevanti allegazioni generiche sulla situazione del paese di provenienza del richiedente in ordine alla privazione dei diritti fondamentali ovvero in ordine alla condizione di pericolosità interna che siano scollegate dalla situazione soggettiva dello stesso richiedente (Cass., Sez. U., 13 novembre 2019, n. 29459; Cass., 23 febbraio 2018, n. 4455).

3. In conclusione, il ricorso va dichiarato inammissibile.

Nulla sulle spese, poichè l’Amministrazione intimata non ha svolto difese.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, si dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, ove dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 29 aprile 2021.

Depositato in Cancelleria il 27 maggio 2021

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