Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14866 del 18/06/2010

Cassazione civile sez. trib., 18/06/2010, (ud. 17/02/2010, dep. 18/06/2010), n.14866

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LUPI Fernando – Presidente –

Dott. VIRGILIO Biagio – Consigliere –

Dott. GRECO Antonio – rel. Consigliere –

Dott. BISOGNI Giacinto – Consigliere –

Dott. SCARANO Luigi Alessandro – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, e presso

di essa domiciliata in Roma, in Via dei Portoghesi n. 12;

– ricorrente –

contro

B.G., rappresentato e difeso dall’avv. BARBACCI

Torquato e dall’avv. Stefania Casanova, presso la quale è

elettivamente domiciliato in Roma presso in Via Pompeo Trogo n. 21;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale del Lazio

n. 35/38/06, depositata il 15 marzo 2006.

Udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

17 febbraio 2010 dal Relatore Cons. Dott. Antonio Greco.

La Corte:

 

Fatto

RITENUTO IN FATTO

che, ai sensi dell’art. 380 bis cod. proc. civ., è stata depositata in cancelleria la seguente relazione:

“L’Agenzia delle Entrate propone ricorso per cassazione nei confronti della sentenza della Commissione tributaria regionale del Lazio n. 35/38/06, depositata il 15 marzo 2006, che, rigettando l’appello dell’Agenzia delle entrate, ufficio di Viterbo, ha riconosciuto a B.G., avvocato, il diritto al rimborso dell’IRAP versata per gli anni 1998, 1999, 2000 e 2001, avendo ritenuto privo di pregio il rilievo dell’appellante secondo cui il diritto al rimborso era inesistente, per essersi avvalso il contribuente del condono ai sensi della L. 27 dicembre 2002, n. 289, art. 9.

Nei confronti della decisione l’Agenzia delle entrate propone ricorso per cassazione.

Il contribuente resiste con controricorso.

Il ricorso contiene quattro motivi, che rispondono ai requisiti prescritti dall’art. 366 bis cod. proc. civ..

Con i primi due motivi l’amministrazione ricorrente denuncia la violazione della normativa istitutiva dell’IRAP sotto il profilo del presupposto impositivo costituito dalla sussistenza di autonoma organizzazione; con il terzo motivo censura la sentenza per vizio di motivazione; con il quarto motivo deduce che la presentazione di istanza di condono, ai sensi della L. n. 289 del 2002, art. 9, preclude al contribuente la formulazione o la coltivazione di istanze di rimborso che facciano perno sulla non debenza delle imposte che siano state cosi definite.

Questa Corte ha affermato che, “con riferimento alla definizione automatica prevista dalla L. n. 289 del 2002, art. 9, l’esercizio della facoltà di ottenere la chiusura delle liti fiscali pendenti, pagando una somma correlata al valore della causa, produce un effetto estintivo del giudizio, che opera anche in relazione alle domande giudiziali riguardanti le richieste di rimborso d’imposta (nella specie, IRAP), con la conseguenza che l’intervenuta proposizione della relativa istanza, palesandosi come questione officiosa, di ordine pubblico, deve essere rilevata d’ufficio dal giudice prima di ogni altra” ( Cass. n. 25239 del 2007).

Ed ha altresì affermato che, “con riferimento alla definizione automatica prevista dalla L. 27 dicembre 2002, n. 289, art. 9, la presentazione della relativa istanza preclude al contribuente ogni possibilità di rimborso per le annualità d’imposta definite in via agevolata, ivi compreso il rimborso di imposte asseritamente inapplicabili per assenza del relativo presupposto (nella specie, IRAP): il condono, infatti, in quanto volto a definire “transattivamente” la controversia in ordine all’esistenza di tale presupposto, pone il contribuente di fronte ad una libera scelta tra trattamenti distinti e che non si intersecano tra loro, ovverosia coltivare la controversia nei modi ordinari, conseguendo se del caso il rimborso delle somme indebitamente pagate, oppure corrispondere quanto dovuto per la definizione agevolata, ma senza possibilità di riflessi o interferenze con quanto eventualmente già corrisposto in via ordinaria” (Cass. n. 3682, n. 6504, n. 25239 del 2007).

In conclusione, si ritiene che, ai sensi dell’art. 375 cod. proc. civ., comma 1, n. 5, e art. 380 bis cod. proc. civ., il ricorso possa essere deciso in Camera di consiglio poichè il quarto, assorbente, motivo è manifestamente fondato”;

che la relazione è stata comunicata al Pubblico Ministero e notificata agli avvocati delle parti;

che il controricorrente ha depositato memoria.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

che il Collegio, a seguito della discussione in Camera di consiglio, condivide i motivi in fatto e in diritto esposti nella relazione e pertanto, ribaditi i principi di diritto sopra enunciati, il quarto motivo del ricorso va accolto, assorbiti gli altri, la sentenza impugnata va cassata e, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa va decisa nel merito, con il rigetto del ricorso introduttivo del contribuente;

che sussistono giusti motivi per disporre la compensazione delle spese dell’intero giudizio.

P.Q.M.

La Corte accoglie il quarto motivo del ricorso, assorbiti gli altri, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta il ricorso introduttivo del contribuente.

Compensa le spese dell’intero giudizio.

Così deciso in Roma, il 17 febbraio 2010.

Depositato in Cancelleria il 18 giugno 2010

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