Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14865 del 06/07/2011

Cassazione civile sez. lav., 06/07/2011, (ud. 24/05/2011, dep. 06/07/2011), n.14865

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VIDIRI Guido – Presidente –

Dott. BANDINI Gianfranco – rel. Consigliere –

Dott. NAPOLETANO Giuseppe – Consigliere –

Dott. ZAPPIA Pietro – Consigliere –

Dott. CURZIO Pietro – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 6576-2009 proposto da:

I.N.A.I.L. – ISTITUTO NAZIONALE PER L’ASSICURAZIONE CONTRO GLI

INFORTUNI SUL LAVORO, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA IV

NOVEMBRE 144, presso lo studio dell’avvocato ROSSI ANDREA, che lo

rappresenta e difende unitamente all’avvocato TARANTINO CRISTOFARO,

giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

REALE MUTUA ASSICURAZIONI S.P.A., in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

DARDANELLI 13, presso lo studio dell’avvocato LIUZZI ANTONIO, che la

rappresenta e difende unitamente all’avvocato MAFRICI ORNELLA, giusta

delega in atti; – G.F., in proprio e nella sua

qualità di legale rappresentante pro tempore della GRAZIANI

FRANCESCO S.R.L., (già GRAZIANI FRANCESCO & C. S.A S.), in

persona

del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliati in

ROMA, VIA SAVOIA 78, presso lo studio dell’avvocato DI MARCO CINZIA,

rappresentati e difesi dall’avvocato FILIBERTO NATALE, giusta delega

in atti;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 445/2008 della CORTE D’APPELLO di CATANZARO,

depositata il 01/04/2008 r.g.n. 2055/06;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

24/05/2011 dal Consigliere Dott. GIANFRANCO BANDINI;

udito l’Avvocato RITA RASPANTI per delega ANDREA ROSSI; udito

l’Avvocato LIUZZI ANTONIO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale dott.

MATERA Marcello che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

L’Inail esercitò azione di regresso nei confronti della Graziani Francesco sas, di G.F. in proprio, di L.A. e del Nuovo Pastificio Lecce spa, appaltatori i primi due e committenti gli altri, dei lavori nello svolgimento dei quali erano deceduti due dipendenti della ditta Graziani.

In prime cure l’Inail produsse la comunicazione del curatore fallimentare relativa alle intervenute dichiarazioni di fallimento dei convenuti L.A. e Nuovo Pastificio Lecce spa, non ancora costituiti in giudizio; il Giudice adito dichiarò l’interruzione del processo.

Riassunta la causa nei confronti della Graziani Francesco sas, di G.F. e della Società Reale Mutua Assicurazioni (chiamata in causa dall’impresa Graziani), venne dichiarata l’estinzione del giudizio per tardività della riassunzione.

La Corte d’Appello di Catanzaro, con sentenza del 21.2 – 1.4.2008, rigettò l’impugnazione proposta dall’Inail, osservando, per quanto ancora qui specificamente rileva, che:

l’interruzione del giudizio avviene di diritto e la pronuncia del giudice ha valore dichiarativo, per cui se le parti hanno conoscenza del fatto interruttivo è da tale data che decorre il termine per la riassunzione; – l’interruzione del giudizio nei confronti di alcune delle parti può avvenire soltanto in presenza di cause scindibili o di cause fra loro riunite, non anche allorchè si è in presenza di cause inscindibili, come nel caso in esame, in cui l’Inail ha chiesto la condanna dei convenuti congiuntamente in solido o alternativamente.

Avverso l’anzidetta sentenza della Corte territoriale l’Inail ha proposto ricorso per cassazione fondato su due motivi e illustrato con memoria.

Gli intimati G.F. e Graziani Francesco srl (già Graziani Francesco & C. sas) hanno resistito con unico controricorso.

L’intimata Società Reale Mutua Assicurazioni ha resistito con controricorso.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo, denunciando violazione degli artt. 103 e 300 c.p.c., artt. 1292 e 2055 c.c., il ricorrente si duole che la Corte territoriale abbia ritenuto la legittimità dell’ordinanza dichiarativa dell’interruzione del processo anche nei confronti delle parti convenute per le quali non si era verificato l’evento interruttivo benchè le cause fossero scindibili, siccome fondate sulla responsabilità solidale dei convenuti in relazione ad un unico evento dannoso; a conclusione del motivo ha formulato il seguente quesito di diritto ai sensi dell’art. 366 bis c.p.c.: “premesso che la Corte di Appello di Catanzaro, con la sentenza impugnata, ha rigettato l’appello dell’Inail ritenendo che quando l’Istituto agisce in regresso, chiedendo la condanna dei convenuti congiuntamente in solido o alternativamente, si è in presenza di cause inscindibili e, come logica conseguenza, che l’ordinanza di interruzione del giudizio riguardi tutti indistintamente i soggetti convenuti, anche quegli estranei all’evento interruttivo, dica codesta Suprema Corte se, al contrario, in presenza di un’azione di regresso esercitata dall’Inail nei confronti del committente, dichiarato fallito nel corso del primo grado di giudizio, e dell’appaltatore, in bonis, venga introdotta una causa scindibile, nella quale l’evento interruttivo che colpisca uno dei convenuti, condebitore in solido dichiarato fallito, comporti l’interruzione parziale e non totale del processo civile”.

1.1 Osserva la Corte che, di regola, la trattazione unitaria o la riunione di più procedimenti relativi a cause connesse e scindibili comporta un litisconsorzio facoltativo tra le parti dei singoli procedimenti confluiti in un unico processo, cosicchè, sempre di regola, l’evento interruttivo relativo ad una delle parti di una o più delle cause connesse opera solo in riferimento al procedimento (o ai procedimenti) di cui è parte il soggetto colpito dall’evento (cfr, Cass., SU, n. 15142/2007).

Deve altresì ritenersi che, in via generale, l’obbligazione solidale passiva non fa sorgere un rapporto unico e inscindibile e non da quindi luogo a litisconsorzio necessario, posto che, a mente dell’art. 1292 c.c., ciascuno dei condebitori in solido può essere costretto all’adempimento per la totalità con liberazione degli altri; tuttavia, sul piano processuale, le cause proposte nei confronti di più condebitori solidali sono inscindibili, e danno luogo al litisconsorzio processuale, quando le stesse siano in rapporto di dipendenza, ovvero quando le distinte posizioni dei coobbligati presentino obiettiva interrelazione, alla stregua della loro strutturale subordinazione anche sul piano del diritto sostanziale, sicchè la responsabilità dell’uno presupponga la responsabilità dell’altro (cfr, Cass., n. 15358/2006); parimenti è stato osservato che, nel giudizio di risarcimento del danno, la controversia insorta tra più convenuti coobbligati in solido circa l’individuazione del soggetto responsabile in via esclusiva o prevalente dell’illecito dal quale l’attore assume di avere risentito ragione di danno, si configura, sul piano processuale, come causa dipendente dalla controversia concernente la definizione dei rapporti che legano detti condebitori solidali al creditore comune (cfr, Cass., SU, n. 3074/2003).

Pertanto, secondo la giurisprudenza di questa Corte, ricorre l’ipotesi di dipendenza di cause, il cui trattamento è equiparato all’ipotesi di cause inscindibili, allorchè la decisione di una controversia si estende necessariamente alle altre, costituendone il presupposto logico e giuridico imprescindibile per il carattere di pregiudizialità o di alternativa che le questioni oggetto dell’una hanno rispetto alle questioni trattate nell’altra; con la conseguenza che, vuoi per la natura propria della situazione giuridica controversa, ovvero per effetto di domande proposte congiuntamente, ovvero ancora se sia insorta contestazione circa l’individuazione dell’unico obbligato, i diversi rapporti processuali sono e restano legati da un nesso di litisconsorzio necessario (cfr, ex plurimis, Cass., nn. 3114/1999; 15624/2002; 15686/2006).

Ne discende che, in ipotesi di cause proposte in un unico processo nei confronti di più soggetti, la mera sussistenza della solidarietà passiva fra i convenuti non è sufficiente a far ritenere la scindibilità delle cause, essendo per contro necessario verificare, anche alla luce delle posizioni processuali assunte dai convenuti medesimi, se le responsabilità ascritte a questi ultimi siano o meno configurate in modo che quella dell’uno presupponga ovvero escluda quella dell’altro.

Per ulteriore conseguenza, nel giudizio di cassazione, il ricorrente che, a sostegno del ricorso, deduca la scindibilità delle cause, è onerato, per il principio di autosufficienza, di indicare specificamente le cause delle asserite responsabilità rispettivamente ascritte ai convenuti e le posizioni da questi ultimi eventualmente reciprocamente assunte, onde dar modo alla Corte di valutare l’eventuale sussistenza di un rapporto di dipendenza fra le cause. Nel caso di specie il ricorrente si è limitato a dedurre di avere invocato in giudizio i committenti e gli esecutori dei lavori nel corso dei quali si è verificato l’evento infortunistico, ma non ha minimamente indicato quale fossero, nello specifico, le ragioni fondanti le responsabilità rispettivamente addebitate ai convenuti, nè quali fossero state le posizioni processuali assunte, nei confronti degli altri, dai convenuti costituiti; dal che discende quindi l’inammissibilità del motivo.

1.2 Sotto diverso, ma concorrente profilo, l’inammissibilità del motivo è altresì ravvisabile nell’inidoneità del quesito di diritto ex art. 366 bis c.p.c. (applicabile ratione temporis nel presente controversia), che, a fronte di una decisione fondata sulla ritenuta inscindibilità delle cause, assume la natura scindibile dell’azione di regresso esercitata nei confronti di più convenuti, senza enunciare la regula iuris che, in tale ipotesi, dovrebbe condurre a ritenere la scindibilità delle cause; infatti, secondo la giurisprudenza di questa Corte, il quesito di diritto non può consistere in una mera richiesta di accoglimento del motivo o nell’interpello della Corte di legittimità in ordine alla fondatezza della censura così come illustrata nello svolgimento dello stesso motivo, ma deve costituire la chiave di lettura delle ragioni esposte e porre la Corte in condizione di rispondere ad esso con l’enunciazione di una regola iuris che sia, in quanto tale, suscettibile di ricevere applicazione in casi ulteriori rispetto a quello sottoposto all’esame del giudice che ha pronunciato la sentenza impugnata (cfr, ex plurimis, Cass., nn. 11535/2008;

19892/2007).

2. Con il secondo motivo il ricorrente, denunciando violazione dell’art. 300 c.p.c., si duole che la Corte territoriale abbia ritenuto la legittimità del provvedimento di interruzione del giudizio pur in difetto di una idonea dichiarazione dell’evento interruttivo, siccome non proveniente dal procuratore della parte colpita da tale evento; a conclusione del motivo ha formulato il seguente quesito di diritto ai sensi dell’art. 366 bis c.p.c.:

“premesso che la Corte di Appello di Catanzaro, con la sentenza impugnata, ha ritenuto che l’interruzione del giudizio, in caso di fallimento di una parte, operi di diritto, dica codesta Suprema Corte se, al contrario, in caso di fallimento della parte, l’interruzione del processo sia subordinata alla dichiarazione formalmente e processualmente idonea del procuratore di quest’ultima, essendo la disciplina dell’interruzione del processo finalizzata esclusivamente alla tutela della parte colpita dall’evento”.

2.1 Il motivo e il quesito di diritto posto a sua conclusione sono inammissibili per inconferenza rispetto alla concreta fattispecie processuale, presupponendo la norma di cui è stata denunciata la violazione (art. 300 c.p.c.) l’avvenuta costituzione in giudizio della parte colpita dall’evento interruttivo, laddove, com’è pacifico, nel caso di specie il fallimento aveva riguardato convenuti non ancora costituiti in giudizio, con conseguente applicabilità dell’art. 299 c.p.c.. In tali ipotesi, secondo la giurisprudenza di questa Corte, si ha infatti l’automatica interruzione del processo, rilevabile d’ufficio da parte del giudice (cfr, ex plurimis, Cass., nn. 842/1998; 3661/2001; 23435/2004; 12483/2007), tanto che è stato escluso che il procuratore della parte che ha perso la capacità di stare in giudizio sia abilitato a costituirsi per rendere la dichiarazione ai sensi dell’art. 300 c.p.c. (cfr, Cass., n. 3661/2001, cit.).

3. In definitiva il ricorso va dichiarato inammissibile.

Le spese, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza, con distrazione a favore dell’avv. Natale Filiberto, dichiaratosi antistatario, di quelle a favore dei controricorrenti G. F. e Graziani Francesco srl.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente alla rifusione delle spese, che liquida, quanto ai controricorrenti G.F. e Graziani Francesco srl, complessivamente in Euro 40,00 (quaranta), oltre ad Euro 3.000,00 (tremila) per onorari, spese generali, Iva e Cpa come per legge, con distrazione a favore dell’avv. Natale Filiberto, e, quanto alla controricorrente Società Reale Mutua Assicurazioni, in Euro 40,00 (quaranta), oltre ad Euro 3.000,00 (tremila) per onorari, spese generali, Iva e Cpa come per legge.

Così deciso in Roma, il 24 maggio 2011.

Depositato in Cancelleria il 6 luglio 2011

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