Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14863 del 18/06/2010

Cassazione civile sez. trib., 18/06/2010, (ud. 17/02/2010, dep. 18/06/2010), n.14863

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LUPI Fernando – Presidente –

Dott. VIRGILIO Biagio – Consigliere –

Dott. GRECO Antonio – rel. Consigliere –

Dott. BISOGNI Giacinto – Consigliere –

Dott. SCARANO Luigi Alessandro – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro torpore,

rappresentata e difesa dall’Avvocatura generale dello Stato, e presso

di essa domiciliata in Roma, in via dei Portoghesi n. 12;

– ricorrente –

contro

F.E.I., rappresentata e difesa dall’avv. De Riso

Giovanni e dall’avv. Stefano Lupis, presso il quale è elettivamente

domiciliata in Roma in viale Mazzini n. 6;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della

Lombardia n. 16/14/06, depositata il 6 marzo 2006.

Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

17 febbraio 2010 dal Relatore Cons. Dr. Antonio Greco;

Udito l’avv. Giovanni De Riso per la controricorrente.

La Corte:

 

Fatto

FATTO E DIRITTO

ritenuto che, ai sensi dell’art. 380 bis cod. proc. civ., è stata depositata in cancelleria la seguente relazione:

“L’Agenzia delle entrate propone ricorso per cassazione nei confronti della sentenza della Commissione tributaria regionale della Lombardia n. 16/14/05 recte: 06, depositata il 6 marzo 2006, che, rigettando l’appello dell’Agenzia delle entrate, ufficio di Milano (OMISSIS), ha riconosciuto a F.E.I., commercialista, il diritto al rimborso dell’IRAP versata per gli anni 2002 e 2003.

La contribuente resiste con controricorso.

Il ricorso contiene un motivo, rispondente ai requisiti prescritti dall’art. 366-bis cod. proc. civ., con il quale l’amministrazione denuncia la violazione della normativa istitutiva dell’IRAP sotto il profilo del presupposto impositivo costituito dalla sussistenza di autonoma organizzazione.

La ratio decidendi della sentenza impugnata è conforme al consolidato principio affermato da questa Corte in materia, secondo cui, a norma del combinato disposto del D.Lgs. 15 dicembre 1997, n. 446, art. 2, comma 1, primo periodo, e art. 3, comma 1, lett. c), l’esercizio delle attività di lavoro autonomo di cui al D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 49, comma 1, è escluso dall’applicazione dell’imposta soltanto qualora si tratti di attività non autonomamente organizzata: il requisito della “autonoma organizzazione”, il cui accertamento spetta al giudice di merito ed è insindacabile in sede di legittimità se congruamente motivato, ricorre quando il contribuente: a) sia, sotto qualsiasi forma, il responsabile dell’organizzazione, e non sia quindi inserito in strutture organizzative riferibili ad altrui responsabilità ed interesse; b) impieghi beni strumentali eccedenti, secondo l’id quod plerumque accidit, il minimo indispensabile per l’esercizio dell’attività in assenza di organizzazione, oppure si avvalga in modo non occasionale di lavoro altrui; costituisce poi onere del contribuente che richieda il rimborso fornire la prova dell’assenza delle condizioni anzidette (ex plurimis, Cass. n. 3676, n. 3673, n. 3678, n. 3680 del 2007).

D’altra parte, la decisione gravata contiene un inequivoco accertamento di fatto in ordine all’insussistenza, nella specie, di autonoma organizzazione, che non è oggetto di adeguata censura.

In conclusione, si ritiene che, ai sensi dell’art. 375 c.p.c., comma 1, n. 5, e art. 380-bis cod. proc. civ., il ricorso possa essere deciso in camera di consiglio in quanto manifestamente infondato”;

che la relazione è stata comunicata al pubblico ministero e notificata all’Avvocatura generale dello Stato;

che non sono state depositate conclusioni scritte nè memorie;

considerato che il Collegio, a seguito della discussione in camera di consiglio, condivide i motivi in fatto e in diritto esposti nella relazione e pertanto, ribadito il principio di diritto sopra enunciato, il ricorso deve essere rigettate – che sussistono giusti motivi per disporre la compensazione delle spese del presente giudizio di legittimità, considerato che l’orientamento giurisprudenziale di riferimento ha preso corpo in epoca successiva alla proposizione del ricorso.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e compensa le spese.

Così deciso in Roma, il 17 febbraio 2010.

Depositato in Cancelleria il 18 giugno 2010

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