Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14863 del 06/07/2011

Cassazione civile sez. lav., 06/07/2011, (ud. 19/05/2011, dep. 06/07/2011), n.14863

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CARNEVALE Corrado – Presidente –

Dott. LA TERZA Maura – Consigliere –

Dott. CURCURUTO Filippo – Consigliere –

Dott. IANNIELLO Antonio – Consigliere –

Dott. MANCINO Rossana – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 21486-2007 proposto da:

D.S.P., domiciliato in ROMA, VIA BAIAMONTI 2, presso lo

studio dell’avvocato ARROTTA CARLO, che lo rappresenta e difende

unitamente all’avvocato SABBATUCCI LUCIANA, giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

ALLESTIMENTI GRAFICI SUD S.R.L., in persona del legale rappresentante

pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZALE CLODIO 18,

presso lo studio dell’avvocato RAGAZZONI GIULIO, che la rappresenta e

difende, giusta delega in atti;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 5266/2005 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 31/07/2006 r.g.n. 4825/04;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

19/05/2011 dal Consigliere Dott. ROSSANA MANCINO;

udito l’Avvocato GIULIO RAGAZZONI;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale dott.

SEPE Ennio Attilio che ha concluso per l’inammissibilità e in

subordine rigetto.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. Con sentenza del 31 luglio 2006, la Corte d’Appello di Roma respingeva il gravame svolto da D.S.P. contro la sentenza di primo grado che aveva rigettato la domanda di risarcimento dei danni, proposta nei confronti della Allestimenti grafici sud s.r.l., per demansionamento e dequalificazione; e aveva altresì respinto il gravame incidentale proposto dalla società.

2. La Corte territoriale puntualizzava che :

– D.S., assunto dalla società Allestimenti grafici sud srl il 27 maggio 1985 e inquadrato come operaio CI del ccnl grafici e, successivamente, nei livelli B3 (dal 1.2.1994), B2 con responsabilità del reparto piega e per organizzazione del lavoro di 15 operai (dal 3.4.1995), agiva in giudizio per esser stato adibito, senza motivazione, a mansioni proprie della qualifica CI (dal 6.12.1999), e per i danni alla salute alla professionalità derivati dalla dequalificazione;

– il giudice di primo grado, pur ritenendo ipotizzabile la violazione dell’art. 2103 c.c., aveva respinto la domanda per mancata prova del danno anche sotto il profilo del nesso causale tra condotta ed eventi dannosi;

– si doleva il lavoratore che il primo giudice avesse escluso il danno in re ipsa e la condotta di mobbing del datore di lavoro;

– la società, con appello incidentale, ove ritenuto, in sede di gravame, il danno in re ipsa, deduceva l’infondatezza della domanda risarcitoria.

3. A sostegno del decisum la Corte territoriale riteneva:

– necessaria la prova del danno da demansionamento;

non assolto l’onere probatorio per aver il lavoratore dedotto prove relative solo al mutamento delle mansioni e non anche sull’esistenza dei danni e sul nesso di causalità fra danni e demansionamento;

– nel segno opposto all’esistenza di un danno alla salute e alla professionalità si indirizzavano elementi presuntivi dedotti dal limitato ambito temporale fra l’adibizione a mansioni di minor impegno professionale e la cessazione dell’attività d’impresa (circa undici mesi);

– non emergevano dagli atti elementi per individuare condotte vessatori del datore di lavoro, nè si era chiesto di provare comportamenti vessatori e persecutori.

4. Avverso l’anzidetta sentenza della Corte territoriale, D.S. P. ha proposto ricorso per cassazione fondato su un unico motivo, illustrato con memoria. L’intimata ha resistito con controricorso, illustrato con memoria, eccependo l’inammissibilità del ricorso per nullità della procura e l’infondatezza.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

5. Deve pregiudizialmente esaminarsi l’eccezione di inammissibilità del ricorso per mancanza di specialità della procura ai difensori, in assenza di menzione al giudizio di cassazione.

6. Osserva il Collegio che per il principio di conservazione degli atti giuridici (art. 159 c.p.c.), salva la presenza nella procura a margine del ricorso o controricorso di espressioni tali da escludere univocamente la volontà del conferimento per il giudizio di legittimità, le espressioni “delego a rappresentarmi e difendermi nel presente giudizio in ogni fase e grado”, con contestuale elezione di domicilio in Roma, soddisfa il requisito di specialità richiesto dall’art. 365 c.p.c., poichè il richiamo al “presente giudizio” appare sufficiente per attribuire alla parte la volontà di promuovere il giudizio di legittimità, ancorchè non espressamente menzionato, e contenente invece riferimenti ai gradi di merito (v., ex multis, Cass. 1954/2009 e la giurisprudenza ivi richiamata).

7. Con l’unico motivo di ricorso il ricorrente denuncia omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su un fatto controverso e decisivo per il giudizio (art. 360 c.p.c., n. 5), per il mancato esercizio dei poteri officiosi in ordine allo stato patologico in cui versava D.S. a seguito del demansionamento.

8. Il motivo di censura non si informa alle prescrizioni dell’art. 366-bis c.p.c..

9. Questa Corte regolatrice è fermissima nel ritenere che a seguito della novella del 2006 – applicabile ratione temporis, trattandosi di impugnazione avverso una sentenza pubblicata dopo il 2 marzo 2006, data dalla quale si applicano le modifiche al processo di cassazione introdotte dal D.Lgs. n. 40 del 2006 e in vigore fino al 4 luglio 2009 (L. n. 69 del 2009, art. 47, comma 1, lett. d e art. 58, comma 5; ex multis Cass. 20323/2010), per le censure previste dall’art. 360 c.p.c., n. 5, allorchè, cioè, il ricorrente denunzi la sentenza impugnata lamentando un vizio della motivazione, l’illustrazione di ciascun motivo deve contenere, a pena di inammissibilità, la chiara indicazione del fatto controverso in relazione al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria, ovvero le ragioni per le quali la dedotta insufficienza della motivazione la renda inidonea a giustificare la decisione.

10. Ciò importa, in particolare, che la relativa censura deve contenere un momento di sintesi (omologo del quesito di diritto) che ne circoscriva puntualmente i limiti, in maniera da non ingenerare incertezze in sede di formulazione del ricorso e di valutazione della sua ammissibilità.

11. Nè è sufficiente che tale fatto sia esposto nel corpo del motivo o che possa comprendersi dalla lettura di questo, atteso che è indispensabile che sia indicato in una parte, del motivo stesso a ciò specificamente e riassuntivamente destinata.

12. Conclusivamente, allorchè nel ricorso per cassazione si lamenti un vizio di motivazione della sentenza impugnata in merito ad un fatto controverso, l’onere di indicare chiaramente tale fatto ovvero le ragioni per le quali la motivazione è insufficiente, imposto dall’art. 366-bis c.p.c., deve essere adempiuto non già e non solo illustrando il relativo motivo di ricorso, ma formulando, al termine di esso, una indicazione riassuntiva e sintetica, che costituisca un quid pluris rispetto all’illustrazione del motivo, e che consenta al giudice di valutare immediatamente l’ammissibilità del ricorso (in argomento, ex multis, Cass. 27680/2009,11094/2009, 8897/2008; SU 20603/2007).

13. Il ricorso è, nella specie, totalmente privo di tale indicazione, onde deve dichiararsene l’inammissibilità, con condanna della parte ricorrente al pagamento delle spese di questo giudizio di legittimità, liquidate come in dispositivo in favore del controricorrente.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese, di cui Euro 12,00 per spese, oltre Euro 2.000,00 per onorari, oltre IVA e CPA e spese generali.

Così deciso in Roma, il 19 maggio 2011.

Depositato in Cancelleria il 6 luglio 2011

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