Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14862 del 18/06/2010

Cassazione civile sez. I, 18/06/2010, (ud. 01/06/2010, dep. 18/06/2010), n.14862

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SALME’ Giuseppe – Presidente –

Dott. DI PALMA Salvatore – rel. Consigliere –

Dott. ZANICHELLI Vittorio – Consigliere –

Dott. SCHIRO’ Stefano – Consigliere –

Dott. DIDONE Antonio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso 7896/2009 proposto da:

C.G., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA GIULIA

DI COLLOREDO 46/48, presso lo studio dell’avvocato DE PAOLA Gabriele,

che lo rappresenta e difende, giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI, in persona del Presidente pro

tempore, MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE, in persona del

Ministro pro tempore, elettivamente domiciliati in ROMA, VIA DEI

PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che li

rappresenta e difende, ope legis;

– controricorrenti –

avverso il decreto n. 1372/06 R. Ricorsi della CORTE D’APPELLO di

VENEZIA del 14/02/08, depositata il 20/02/2008;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio

dell’01/06/2010 dal Consigliere Relatore Dott. SALVATORE DI PALMA;

è presente il P.G. in persona del Dott. LIBERTINO ALBERTO RUSSO.

 

Fatto

RITENUTO IN FATTO

che C.G., con ricorso del 31 marzo 2009, ha impugnato per cassazione – deducendo due motivi di censura -, nei confronti del Presidente del consiglio dei ministri e del Ministro dell’economia e delle finanze, il decreto della Corte d’Appello di Venezia depositato in data 20 febbraio 2008, con il quale la Corte d’appello, pronunciando sul ricorso del C. – volto ad ottenere l’equa riparazione dei danni non patrimoniali ai sensi della L. 24 marzo 2001, n. 89, art. 2, comma 1 -, in contraddittorio con il Presidente del consiglio dei ministri – il quale, costituitosi nel giudizio, ha concluso per l’inammissibilità o l’infondatezza del ricorso -, ha condannato il resistente a pagare al ricorrente la somma di Euro 2.920,00 a titolo di equa riparazione, oltre gli interessi dalla domanda;

che resistono, con controricorso, il Presidente del consiglio dei ministri ed il Ministro dell’economia e delle finanze;

che, in particolare, la, domanda di equa riparazione del danno non patrimoniale – richiesto per l’irragionevole durata del processo presupposto – preposta con ricorso del 5 dicembre 2006, era fondata sui seguenti fatti: a) il C., ferroviere in pensione ed asseritamente creditore delle differenze stipendiali percepite dal personale in servizio aveva proposto – con ricorso del 10 gennaio 1998 – domanda di riliquidazione della pensione dinanzi alla Corte dei conti; b) la Corte adita non aveva ancora deciso la causa alla data della proposizione della domanda di equa riparazione;

che la Corte d’Appello di Venezia, con il suddetto decreto impugnato – dopo aver determinato in tre anni il periodo di tempo necessario per la definizione secondo ragionevolezza del processo presupposto -, ha determinato il periodo eccedente la ragionevole durata in cinque anni e dieci mesi ed ha liquidato equitativamente, a titolo di equa riparazione per danno non patrimoniale, la somma di Euro 2.920,00, calcolata sulla base di Euro 500,00 per ogni anno di ritardo, tenuto conto della modesta pretesa economica fatta valere nel giudizio presupposto (e, conseguentemente, della modestia della sofferenza patita) e delle peculiarità del giudizio presupposto, introdotto con ricorso collettivo da una settantina di pensionati.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

preliminarmente, che il ricorso proposto nei confronti del Ministro dall’economia e delle finanze è inammissibile, perchè la sostituzione della legittimazione del Presidente del consiglio dei ministri con quella del Ministro dell’economia e delle finanze – introdotta con la L. 27 dicembre 2006, n. 296, art. 1, comma 1224, con conseguente modificazione, in parte qua, della L. n. 89 del 2001, art. 3, comma 3 – ha effetto per i ricorsi in materia di equa riparazione proposti a far data dal 1 gennaio 2007, mentre, nella specie, il ricorso introduttivo del presente giudizio è stato proposto in data anteriore;

che, con i motivi di censura – i quali possono essere congiuntamente esaminati -, il ricorrente denuncia come illegittima, anche sotto il profilo del vizio di motivazione: a) l’applicazione di un parametro di liquidazione dell’indennizzo ingiustificatamente inferiore a quello indicato dalla Corte europea dei diritti dell’uomo; b) la riduzione dell’indennizzo in considerazione della modesta pretesa economica fatta valere nel giudizio presupposto (e, conseguentemente, della modestia della sofferenza patita) e delle peculiarità del giudizio presupposto, introdotto con ricorso collettivo da una.

settantina di pensionati;

che il ricorso merita accoglimento, nei limiti di seguito precisati;

che, in particolare, le censure sono fondate, perchè i Giudici a quibus si sono discostati dal consolidato orientamento di questa Corte che, sussistendo il diritto all’equa riparazione per il danno non patrimoniale di cui alla L. n. 89 del 2001, art. 2 e fermo restando il periodo di tre anni di ragionevole durata per il giudizio di primo grado, considera equo, in linea di massima, l’indennizzo di Euro 750,00 per ciascuno dei primi tre anni di irragionevole durata e di Euro 1.000,00 per ciascuno dei successivi anni, orientamento che, nella specie, avrebbe condotto ad una liquidazione dell’indennizzo in misura pari ad Euro 5.100,00, per cinque anni e dieci mesi di irragionevole ritardo;

che, pertanto, il decreto impugnato deve essere annullato in relazione alle censure accolte;

che, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa può essere decisa nel merito, ai sensi dell’art. 384 cod. proc. civ., comma 2;

che, nella specie, il diritto all’equa riparazione per il danno non patrimoniale di cui alla L. n. 89 del 2001, art. 2, va determinato in Euro 5.100,00 per cinque anni e dieci mesi di irragionevole ritardo, oltre gli interessi a decorrere dalla proposizione: della domanda di equa riparazione e fino al saldo;

che, conseguentemente, le spese processuali del giudizio a quo debbono essere nuovamente liquidate – sulla base delle tabelle A, paragrafo 4, e B, paragrafo 1, allegate al D.M. Giustizia 8 aprile 2004, n. 127, relative ai procedimenti contenziosi – in complessivi Euro 1.150,00, di cui Euro 50,00 per esborsi, Euro 380,00 per diritti ed Euro 720,00 per onorari, oltre alle spese generali ed agli accessori come per legge;

che le spese del presente grado di giudizio compensate per la metà in favore del Presidente del Consiglio dei Ministri, in ragione dell’accoglimento solo parziale del ricorso – seguono la residua soccombenza e vengono liquidate nel dispositivo.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso proposto nei confronti del Ministro dell’economia e delle finanze; accoglie il ricorso nei limiti di cui in motivazione, cassa il decreto impugnato e, decidendo la causa nel merito, condanna il Presidente del Consiglio dei ministri a pagare al ricorrente la somma di Euro 5.100,00, oltre gli interessi dalla domanda, condannandolo altresì al rimborso, in favore della parte ricorrente, delle spese del giudizio, che determina, per il giudizio di merito, in complessivi Euro 1.150,00, di cui Euro 50,00 per esborsi, Euro 380,00 per diritti ed Euro 720,00 per onorari, oltre alle spese generali ed agli accessori cene per legge, da distrarsi in favore degli avv. Gabriele e Francesco De Paola, dichiaratisene antistatari, e, per il giudizio di legittimità, nella metà dell’intero, intero liquidato in complessivi Euro 1.100,00, di cui Euro 100,00 per esborsi, oltre alle spese generali ed agli accessori come per legge, da distrarsi in favore dello stesso avv. Gabriele De Paola, dichiaratosene antistatario.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Struttura centralizzata per l’esame preliminare dei ricorsi civili, il 1 giugno 2010.

Depositato in Cancelleria il 18 giugno 2010

 

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