Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1486 del 26/01/2010

Cassazione civile sez. trib., 26/01/2010, (ud. 18/12/2009, dep. 26/01/2010), n.1486

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PAPA Enrico – Presidente –

Dott. PERSICO Mariaida – Consigliere –

Dott. PARMEGGIANI Carlo – rel. Consigliere –

Dott. GIACALONE Giovanni – Consigliere –

Dott. MELONCELLI Achille – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 31873-2005 proposto da:

MINISTERO DELL’ECONOMIA E FINANZE in persona del Ministro pro

tempore, AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliati in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che li rappresenta e difende ope

legis;

– ricorrenti –

contro

S.G.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 27/2005 della COMM. TRIB. REG. di TORINO,

depositata il 25/05/2005;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

18/12/2009 dal Consigliere Dott. CARLO PARMEGGIANI;

lette le conclusioni scritte dal P.M. in persona del SOSTITUTO

PROCURATORE GENERALE, con cui si chiede che la Corte Suprema di

Cassazione, in camera di consiglio voglia accogliere il ricorso per

manifesta fondatezza.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

S.G., architetto libero professionista, impugnava innanzi alla Commissione Tributaria Provinciale di Cuneo il silenzio- rifiuto della Amministrazione in ordine alla istanza di rimborso delle somme versate a titolo di IRAP per l’anno 1998.

La Commissione respingeva il ricorso, ritenendo che il contribuente fosse dotato di autonoma organizzazione.

Appellava il contribuente, e la Commissione Tributaria Regionale del Piemonte, con sentenza n. 27-12-05 in data 23-5-2005, depositata in data 25-5-2005, accoglieva il gravame, dichiarando legittima la richiesta di rimborso.

Avverso la sentenza propongono ricorso per cassazione il Ministero della Economia e delle Finanze e la Agenzia delle Entrate, con due motivi.

Il contribuente non svolge attività difensiva.

Il P.G. conclude per la manifesta fondatezza del ricorso, ex art. 375 c.p.c..

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Preliminarmente, va rilevata la inammissibilità del ricorso proposto dal Ministero della Economia e della Finanze: nel caso di specie al giudizio innanzi la Commissione Regionale ha partecipato l’ufficio periferico di Saluzzo della Agenzia delle Entrate, successore a titolo particolare del Ministero, ed il contraddittorio è stato accettato dal contribuente senza sollevare alcuna eccezione sulla mancata partecipazione del Ministero, che così risulta, come costantemente ha rilevato la giurisprudenza di questa Corte, (ex plurimis v. Cass. n. 3557/2005) estromesso implicitamente dal giudizio, con la conseguenza che la legittimazione a proporre ricorso per cassazione sussisteva unicamente in capo alla Agenzia.

Le spese relative a detto ricorso devono essere compensate tra le parti, per la obbiettiva incertezza esistente all’epoca della successione tra i citati enti.

Con il primo motivo, la Agenzia deduce violazione e falsa applicazione della L. 27 dicembre 2002, n. 289, artt. 7 e 9, ed omessa motivazione su di un punto decisivo della controversia, ex art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5. Espone che, quale motivo di appello, aveva dedotto che la parte, avendo optato per la definizione automatica per gli anni in questione ai sensi della L. n. 289 del 2002, art. 9, aveva reso definitiva la liquidazione delle imposte, ivi compreso l’IRAP, ed aveva pertanto rinunciato ad eventuali cause di esclusione del tributo, e, di conseguenza, ad ogni contenzioso derivante da esso, nonchè, a fortiori, alla istanza di rimborso.

La Commissione, avendo ritenuto che l’istanza di condono fosse compatibile con la richiesta di rimborso, in quanto quest’ultima si fonda sulla assenza del presupposto impositivo costituito dalla presenza di autonoma organizzazione, aveva violato ad avviso della ricorrente il dettato normativo di cui alla L. n. 289 del 2002, art. 9, comma 9, secondo cui “la liquidazione automatica limitatamente a ciascuna annualità, rende definitiva la liquidazione delle imposte risultanti dalla dichiarazione con riferimento … alla applicabilità delle esclusioni”.

Con il secondo motivo, deduce violazione e falsa applicazione della L. n. 662 del 1996, art. 3, comma 144, D.Lgs. n. 446 del 1997, artt. 2, 3, 8, 27 e 36, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, nonchè omessa e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia ex art. 360 c.p.c., n. 5. Sostiene a tale proposito che la normativa assoggetta all’imposta, in via di principio, coloro che esercitano attività libero-professionale, e quindi non può essere escluso il presupposto impositivo sulla base di una ritenuta esiguità di mezzi per lo svolgimento della attività o su una asserita prevalenza delle capacità personali rispetto alla struttura organizzativa.

Il primo motivo è palesemente fondato.

Deve infatti rammentarsi il consolidato orientamento di questa Corte, secondo cui in tema di condono fiscale e con riferimento alla definizione automatica prevista dalla L. n. 289 del 2002, art. 9, la presentazione della relativa istanza preclude al contribuente ogni possibilità di rimborso per le annualità di imposte definite in via agevolata, ivi compreso il rimborso di imposte asseritamente inapplicabili per carenza del relativo presupposto (nella specie, IRAP); il condono, infatti in quanto volto a definire “transattivamente” la controversia in ordine alla esistenza di tale presupposto, pone il contribuente di fronte ad una libera scelta tra trattamenti distinti che non si intersecano tra loro, ovverossia coltivare la controversia nei modi ordinali, conseguendo se del caso il rimborso della somme indebitamene pagate, oppure corrispondere quanto dovuto per la definizione agevolata, ma senza possibilità di riflessi o interferenze con quanto eventualmente corrisposto in via ordinaria. (v. per tutte Cass. n. 3682 del 2007).

Alla stregua di tali principi, che si condividono, il motivo deve essere accolto. Il secondo motivo rimane assorbito. La sentenza deve essere cassata senza rinvio, in quanto il giudizio non doveva essere proseguito essendo intervenuta cessata materia del contendere per intervenuto condono ai sensi della L. n. 289 del 2002, art. 9, con reiezione della pretesa del contribuente.

La definizione del procedimento tramite condono giustifica la compensazione delle spese dell’intero giudizio.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso del Ministero, e compensa le relative spese; accoglie il primo motivo della Agenzia, dichiara assorbito il secondo, cassa senza rinvio la sentenza impugnata, respinge il ricorso introduttivo del contribuente, compensa le spese dell’intero giudizio.

Così deciso in Roma, il 18 dicembre 2009.

Depositato in Cancelleria il 26 gennaio 2010

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