Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14856 del 27/05/2021

Cassazione civile sez. I, 27/05/2021, (ud. 17/11/2020, dep. 27/05/2021), n.14856

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SANGIORGIO Maria Rosaria – Presidente –

Dott. ROSSETTI Marco – rel. Consigliere –

Dott. RUSSO Rita – Consigliere –

Dott. AMATORE Roberto – Consigliere –

Dott. SOLAINI Luca – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 4336/19 proposto da:

L.S., elettivamente domiciliato a Termoli, v. Mario Pagano

n. 15, difeso dall’avvocato Giovanni Giacci, in virtù di procura

speciale apposta in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

Ministero dell’Interno;

– intimato –

avverso la sentenza della Corte d’appello di Ancona 13.12.2018 n.

2957;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

17 novembre 2020 dal Consigliere relatore Dott. Marco Rossetti.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. L.S., cittadino nigeriano, chiese alla competente commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale, di cui al D.Lgs. 25 gennaio 2008, n. 25, art. 4:

(a) in via principale, il riconoscimento dello status di rifugiato politico, D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, ex artt. 7 e segg.;

(b) in via subordinata, il riconoscimento della “protezione sussidiaria” di cui al D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 14;

(c) in via ulteriormente subordinata, la concessione del permesso di soggiorno per motivi umanitari, D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, ex art. 5, comma 6 (nel testo applicabile ratione temporis).

2. A fondamento dell’istanza dedusse di avere lasciato il proprio Paese in quanto perseguitato e minacciato da persone di fede islamica, in ragione della sua fede cristiana.

3. La Commissione Territoriale rigettò l’istanza.

Avverso tale provvedimento L.S. propose, ai sensi del D.Lgs. 28 gennaio 2008, n. 25, art. 35, ricorso dinanzi al Tribunale di Ancona, che la rigettò con ordinanza 12 novembre 2017.

Tale ordinanza, appellata dal soccombente, è stata confermata dalla Corte d’appello di Ancona con sentenza 13 dicembre 2018.

Quest’ultima ritenne che:

-) lo status di rifugiato e la protezione sussidiaria di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. a) e b), non potessero essere concessi perchè il racconto del richiedente era inattendibile;

-) la protezione sussidiaria di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c), non potesse essere concessa, perchè nel Paese d’origine del richiedente non esisteva una situazione di violenza indiscriminata derivante da conflitto armato;

-) la protezione umanitaria di cui al D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, non potesse essere concessa in quanto il richiedente non aveva allegato nè dimostrato specifiche circostanze idonee a qualificarlo come “persona vulnerabile”.

4. Il provvedimento della Corte d’appello è stato impugnato per cassazione del L.S. con ricorso fondato su due motivi.

Il Ministero dell’Interno non si è difeso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Il primo motivo di ricorso ha due intitolazioni:

a) “nullità del decreto per omessa pronuncia su un motivo di ricorso” ed omesso esame di un fatto di decisione.

b) violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3 e D.Lgs. n. 25 del 2008, artt. 8, 25 e 32, D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 5,7 e 14″.

Al di là di tale intitolazione, nella illustrazione del motivo si sostiene che la sentenza d’appello sarebbe erronea perchè:

a) il collegio giudicante ha reputato inattendibile il racconto del richiedente “discostandosi da quello che era stato l’iter logico prospettato dal signor L. nella sua qualità di richiedente asilo alla commissione territoriale”;

b) il collegio giudicante non ha accertato d’ufficio “la sussistenza delle condizioni per il riconoscimento della protezione sussidiaria”.

A queste affermazioni di principio segue la trascrizione fedele di varie massime giurisprudenziali.

1.1. Il motivo è inammissibile ai sensi dell’art. 366 c.p.c., n. 4. Esso, infatti, non contiene nessuna ragionata censura alla sentenza impugnata, ma solo una collazione di principi giuridici e massime giurisprudenziali.

Sarà bene ricordare che il ricorso per cassazione è un atto nel quale si richiede al ricorrente di articolare un ragionamento sillogistico così scandito:

(a) quale fatto ha accertato il giudice di merito;

(b) quale regola ha applicato il giudice di merito ai fatti accertati;

(c) quale diversa regola si sarebbe dovuta applicare ai fatti accertati.

Questa Corte, infatti, può conoscere solo degli errori correttamente censurati, ma non può rilevarne d’ufficio, nè può pretendersi che essa intuisca quale tipo di censura abbia inteso proporre il ricorrente, quando questi esponga le sue doglianze con tecnica scrittoria oscura, come si è già ripetutamente affermato (ex multis, in tal senso, Sez. 3, Sentenza n. 21861 del 30.8.2019; Sez. 3, Ordinanza n. 11255 del 10.5.2018; Sez. 3, Ordinanza n. 10586 del 4.5.2018; Sez. 3, Sentenza 28.2.2017 n. 5036).

Nel caso di specie, per contro, il ricorrente nè si preoccupa di indicare per quali ragioni il giudizio di inattendibilità compiuto dalla Corte d’appello sarebbe illegittimo in iure (ovvio essendo che le valutazioni in facto non sarebbero censurabili in questa sede); nè si cura di indicare per quali ragioni la Corte d’appello sarebbe venuta meno al proprio dovere di cooperazione istruttoria, nonostante gli ampi riferimenti bibliografici contenuti a p. 9 della sentenza impugnata.

2. Col secondo motivo il ricorrente impugna il rigetto della domanda di rilascio del permesso di soggiorno per motivi umanitari. Sostiene che la Corte d’appello avrebbe errato nel rigettare la suddetta domanda, per non aver tenuto conto delle seguenti circostanze:

-) il rimpatrio avrebbe “segnato la brusca interruzione dell’intrapreso percorso di conquista di una vita normale”;

-) il rimpatrio avrebbe comportato il ritorno ad una “dimensione sociale e culturale e penalizzante”;

-) il rimpatrio avrebbe comportato la compromissione dei diritti e libertà fondamentali inviolabili;

-) il rimpatrio avrebbe irrimediabilmente compromesso la serenità e l’unità del nucleo familiare, dal momento che il ricorrente aveva un figlio nato in Italia.

2.1. Le prime due censure sono manifestamente inammissibili.

Esse infatti nella sostanza prospettano non già una violazione di legge, ma l’omesso esame di circostanze di fatto, denuncia non consentita dall’art. 348 ter c.p.c., comma 4, essendovi stata nei due

gradi di merito una doppia conforme.

In ogni caso le suddette censure sarebbero comunque inammissibile in quanto la Corte d’appello, con apprezzamento di fatto riservato al giudice di merito, ha escluso che il rimpatrio del ricorrente potesse comportare una violazione dei suoi diritti fondamentali.

Quanto all’ultima censura, essa è del pari inammissibile per tre ragioni:

a) la Corte d’appello non ha trascurato di considerare che il ricorrente ha un figlio minore nato in Italia, ma ha ritenuto che tale circostanza fosse stata tardivamente dedotta in giudizio soltanto con la comparsa conclusionale d’appello, e quindi non potesse essere presa in esame; tale ratio decidendi non viene investita dal ricorso;

b) la presenza di un figlio minore è presupposto legittimante non già il rilascio della protezione sussidiaria od umanitaria, ma il rilascio dello speciale permesso di soggiorno di cui al D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 31;

c) in ogni caso questa Corte ha già stabilito che il D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 31, non istituisce alcun rigido automatismo fra nascita di un figlio e diritto al permesso di soggiorno, occorrendo accertare caso per caso se la partenza del genitore sia o non sia di nocumento “grave” per il figlio (Sez. 1, Ordinanza n. 26831 del 21/10/2019, Rv. 655629 – 01).

3. Non occorre provvedere sulle spese del presente giudizio, non essendovi stata difesa delle parti intimate.

La circostanza che il ricorrente sia stato ammesso al patrocinio a spese dello Stato esclude l’obbligo del pagamento, da parte sua, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l’impugnazione, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater (nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17), in virtù della prenotazione a debito prevista dal combinato disposto di cui agli artt. 11 e 131 del decreto sopra ricordato (Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 9538 del 12/04/2017, Rv. 643826 – 01), salvo che la suddetta ammissione non sia stata ancora, o venisse in seguito, revocata dal giudice a ciò competente.

PQM

la Corte di Cassazione:

(-) dichiara inammissibile il ricorso;

(-) dà atto che sussistono in astratto i presupposti previsti dal D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, per il versamento da parte del ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per l’impugnazione, se risultasse dovuto nel caso specifico.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Prima Civile della Corte di Cassazione, il 17 novembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 27 maggio 2021

 

 

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