Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14855 del 18/06/2010

Cassazione civile sez. I, 18/06/2010, (ud. 01/06/2010, dep. 18/06/2010), n.14855

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SALME’ Giuseppe – Presidente –

Dott. DI PALMA Salvatore – rel. Consigliere –

Dott. ZANICHELLI Vittorio – Consigliere –

Dott. SCHIRO’ Stefano – Consigliere –

Dott. DIDONE Antonio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso 7224/2009 proposto da:

M.G., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA

CAVOUR, presso la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso

dall’Avvocato MARRA Alfonso Luigi, giusta procura speciale a margine

del ricorso;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE, in persona del Ministro in

carica, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEPI PORTOGHESI N. 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e

difende, ope legis;

– controricorrente –

avverso il decreto n. 3475/07 V.G. della CORTE D’APPELLO di NAPOLI

del 5/03/08, depositato il 14/05/2008;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio

dell’01/06/2010 dal Consigliere Relatore Dott. SALVATORE DI PALMA;

è presente il P.G. in persona del Dott. LIBERTINO ALBERTO RUSSO.

 

Fatto

RITENUTO IN FATTO

che M.G., con ricorso del 23 marzo 2009, ha impugnato per cassazione – deducendo numerosi motivi di censura -, nei confronti del Ministro dell’economia e delle finanze, il decreto della Corte d’Appello di Napoli depositato in data 14 maggio 2008, con il quale la Corte d’appello, pronunciando sul ricorso del M. – volto ad ottenere l’equa riparazione dei danni non patrimoniali ai sensi della L. 24 marzo 2001, n. 89, art. 2, comma 1 -, in contraddittorio con il Ministro dell’economia e delle finanze – il quale, costituitosi nel giudizio, non si è opposto al ricorso, chiedendo la compensazione delle spese di lite -, ha condannato il resistente a pagare al ricorrente la somma di Euro 3.326,00 a titolo di equa riparazione ed ha compensato per intero le spese del giudizio;

che resiste, con controricorso, il Ministro dell’economia e delle finanze;

che, in particolare, la domanda di equa riparazione del danno non patrimoniale – richiesto nella misura di Euro 13.125,00 per l’irragionevole durata del processo presupposto – proposta con ricorso del 19 ottobre 2007, era fondata sui seguenti fatti: a) il M., asseritamente creditore di differenze previdenziali, aveva proposto – con ricorso del 3 febbraio 2000 – la relativa domanda dinanzi al Tribunale amministrativo regionale della Campania;

b) il Tribunale adito aveva deciso la causa con sentenza del 10 luglio 2007;

che la Corte d’Appello di Napoli, con il suddetto decreto impugnato – dopo aver determinato in tre anni il periodo di tempo necessario per la definizione secondo ragionevolezza del processo presupposto -, ha determinato il periodo eccedente la ragionevole durata in quattro anni e cinque mesi ed ha liquidato a titolo di equa riparazione per danno non patrimoniale la somma di Euro 3.326,00 calcolata in base ad un importo annuo di Euro 750,00, così ridotta da Euro 1.000,00, in considerazione dell’assenza di qualsiasi attività sollecitatoria da parte del ricorrente per mancato deposito dell’istanza di prelievo, ed inoltre ha compensato per intero le spese del giudizio, in considerazione della circostanza che il resistente non si è opposto al ricorso e non ha dato causa al giudizio.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

che con i motivi di censura – i quali possono essere esaminati per gruppi di questioni -, vengono denunciati come illegittimi: a) la considerazione del solo periodo eccedente la ragionevole durata del processo presupposto (tre anni), anzichè l’intera durata dello stesso; b) l’applicazione di un parametro di liquidazione dell’indennizzo ingiustificatamente inferiore a quello indicato dalla Corte europea dei diritti dell’uomo; c) il mancato riconoscimento del diritto al supplemento di indennizzo per il danno non patrimoniale, in relazione al bonus forfetario dovuto in ragione della materia previdenziale trattata nel processo presupposto; d) la violazione dei minimi tariffari forensi nella liquidazione delle spese di giudizio di merito;

che il ricorso merita accoglimento, nei limiti di seguito precisati;

che, in particolare, la censura sub a) è infondata, perchè, secondo il costante orientamento di questa Corte, la L. n. 89 del 2001, art. 2, comma 3, lett. a), con una chiara scelta non incoerente rispetto alle finalità sottese all’art. 6 della CEDU, impone di correlare l’indennizzo al solo periodo eccedente la ragionevole durata di tale processo, eccedente cioè il periodo di tre anni per il giudizio di primo grado, quale quello di specie (cfr., ex plurimis, le sentenze nn. 8714 del 2006, 14 del 2008, 10415 del 2009);

che la censura sub b) è fondata, perchè i Giudici a quibus si sono discostati dal consolidato orientamento di questa Corte che, sussistendo il diritto all’equa riparazione per il danno non patrimoniale di cui alla L. n. 89 del 2001, art. 2 e fermo restando il periodo di tre anni di ragionevole durata per il giudizio di primo grado, considera equo, in linea di massima, l’indennizzo di Euro 750,00 per ciascuno dei primi tre anni di irragionevole durata e di Euro 1.000,00 per ciascuno dei successivi anni;

che la censura sub c) è infondata alla luce del consolidato orientamento di questa Corte, secondo cui, in tema di equa riparazione per violazione del termine di ragionevole durata del processo, ai sensi della L. 24 marzo 2001, n. 89, l’inclusione delle cause di lavoro e di quelle previdenziali nel novero di quelle per le quali la Corte EDU ha ritenuto che la liquidazione dell’indennizzo per il danno non patrimoniale possa giungere fino a 2000,00 Euro per anno, in ragione della particolare importanza della controversia, non significa che dette cause debbano necessariamente considerarsi particolarmente importanti, con la conseguente automatica liquidazione del predetto maggior indennizzo, potendo il giudice del merito tener conto defila particolare incidenza del ritardo sulla situazione delle parti, che la natura giuslavoristica della controversia comporta, nell’ambito della valutazione concernente la liquidazione del danno, senza che ciò comporti uno specifico obbligo di motivazione al riguardo, nel senso che il mancato riconoscimento del maggior indennizzo si traduce nell’implicita esclusione della particolare rilevanza della controversia (cfr., ex plurimis, la sentenza n. 17684 del 2009);

che la censura sub d) è assorbita;

che, pertanto, il decreto impugnato deve essere annullato in relazione alle censure accolte;

che, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa può essere decisa nel merito, ai sensi dell’art. 384 cod. proc. civ., comma 2;

che, in conformità ai predetti criteri per la liquidazione equitativa dell’indennizzo, elaborati e normalmente seguiti da questa Corte in analoghe fattispecie – Euro 750,00 per i primi tre anni di eccessiva durata ed Euro 1000,00 per ogni anno successivo – si ritiene equo liquidare, a titolo di danno non patrimoniale, la somma di Euro 3.700,00 per i quattro anni e cinque mesi di irragionevole protrazione del processo presupposto de quo, oltre gli interessi dalla domanda;

che, ai fini della liquidazione delle spese processuali, il processo camerale per l’equa riparazione del diritto alla ragionevole durata del processo va considerato quale procedimento avente natura contenziosa, nè rientra tra quelli speciali di cui alla tabelle A) e B) allegate al D.M. Giustizia 8 aprile 2004, n. 127 (rispettivamente voce 50, paragrafo 7 e voce 75, paragrafo 3), per tali dovendo intendersi, ai sensi dell’art. 11 della tariffa allegata a detto decreto ministeriale, i procedimenti in Camera di consiglio ed in genere i procedimenti non contenziosi (cfr., ex plurimis, la sentenza n. 25352 del 2008);

che, conseguentemente, le spese processuali del giudizio a quo debbono essere nuovamente liquidate – sulla base delle tabelle A, paragrafo 4, e B, paragrafo 1, allegate al D.M. Giustizia 8 aprile 2004, n. 12 7, relative ai procedimenti contenziosi, previa compensazione per la metà, avuto riguardo all’accoglimento solo parziale del ricorso -, per l’intero, in complessivi Euro 1.150,00, di cui Euro 50,00 per esborsi, Euro 380,00 per diritti ed Euro 720,00 per onorar, oltre alle spese generali ed agli accessori come per legge, da distrarsi in favore dell’avv. Alfonso Luigi Marra, dichiaratosene antistatario;

che le spese del presente grado di giudizio compensate per la metà in favore del Presidente del Consiglio dei Ministri, in ragione dell’accoglimento solo parziale del ricorso – seguono la residua soccombenza e vengono liquidate nel dispositivo.

PQM

Accoglie il ricorso nei limiti di cui in motivazione, cassa il decreto impugnato e, decidendo la causa nel merito, condanna il Ministro dell’economia e delle finanze a pagare a M. G. la somma di Euro 3.700,00, oltre gli interessi dalla domanda, condannandolo altresì al rimborso, in favore della stessa parte ricorrente, delle spese del giudizio, che determina, per il giudizio di merito, nella metà dell’intero, intero liquidato in complessivi Euro 1.150,00, di cui Euro 50,00 per esborsi, Euro 380,00 per diritti ed Euro 720,00 per onorari, oltre alle spese generali ed agli accessori come per legge, da distrarsi in favore dell’avv. Alfonso Luigi Marra, dichiaratosene antistatario, e, per il giudizio di legittimità, nella metà dell’intero, intero liquidato in complessivi Euro 600,00, di cui Euro 100,00 per esborsi, oltre alle spese generali ed agli accessori come per legge, da distrarsi in favore dello stesso avv. Marra, dichiaratosene antistatario.

Così deciso in Roma, nella Camera, di consiglio della Struttura centralizzata per l’esame preliminare dei ricorsi civili, il 1 giugno 2010.

Depositato in Cancelleria il 18 giugno 2010

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