Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14853 del 13/07/2020

Cassazione civile sez. trib., 13/07/2020, (ud. 28/11/2019, dep. 13/07/2020), n.14853

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VIRGILIO Biagio – Presidente –

Dott. MANZON Enrico – Consigliere –

Dott. FUOCHI TINARELLI Giuseppe – rel. Consigliere –

Dott. TRISCARI Giancarlo – Consigliere –

Dott. PUTATURO Donati Viscido di Nocera M.G – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 18443/2014 R.G. proposto da:

Trade & Service Srl, rappresentata e difesa dagli Avv.ti Angelo

Vozza, Sergio Sottocasa e Giuseppe Persico, con domicilio eletto

presso quest’ultimo in Roma via Caroncini n. 51, giusta procura a

margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

Agenzia delle entrate, rappresentata e difesa dall’Avvocatura

Generale dello Stato, presso la quale è domiciliata in Roma, via

dei Portoghesi n. 12;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della

Lombardia n. 328/36/14, depositata il 22 gennaio 2014.

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 28 novembre

2019 dal Consigliere Giuseppe Fuochi Tinarelli.

Fatto

RILEVATO

Che:

L’Agenzia delle entrate, in esito a verifica fiscale della Guardia di finanza, emetteva, nei confronti di Trade & Service SrI avviso di accertamento, per Ires, Irap ed Iva per l’anno 2006, con cui disconosceva la deduzione di costi non documentati, recuperava a tassazione ricavi non contabilizzati, contestando altresì l’omessa autofatturazione di operazioni imponibili, oltre che per acquisti senza emissione di fatture; irrogava, inoltre, le conseguenti sanzioni.

L’impugnazione della contribuente era rigettata dalla CTP di Milano.

La sentenza era confermata dal giudice d’appello.

Trade & Service Srl propone ricorso per cassazione con sei motivi.

Resiste l’Agenzia delle entrate con controricorso. Trade & Service Srl deposita altresì nota con la quale segnala l’esistenza di un rapporto di connessione con riguardo ad altri giudizi fissati per la medesima udienza.

Diritto

CONSIDERATO

Che:

1. Va, preliminarmente, dichiarata l’inammissibilità del controricorso, notificato oltre il termine ex art. 370 c.p.c..

La notifica del ricorso, infatti, risulta effettuata, con consegna dell’atto, in data 14 luglio 2014, mentre il controricorso è stato avviato alla notifica solamente in data 20 ottobre 2014.

2. Il primo motivo denuncia, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 c.c. per non aver l’Ufficio assolto all’onere probatorio in ordine alla natura fittizia degli acquisti dei rottami ferrosi.

2.1. Il secondo motivo denuncia, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, violazione e falsa applicazione dell’art. 53 Cost. e degli artt. 183 e 109tuir per aver l’Ufficio, nel ritenere i costi inesistenti, tassato il compenso lordo della contribuente anzichè il maggior reddito netto.

2.2. Il terzo motivo denuncia, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, violazione e falsa applicazione dell’art. 83 tuir e del D.P.R. n. 441 del 1997, art. 1, per aver la CTR applicato la presunzione di cessione, prevista ai fini Iva, nell’accertamento di maggiori ricavi ai fini delle imposte sui redditi.

2.3. Il quarto motivo denuncia, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5, omesso esame circa fatto decisivo per aver la CTR “omesso un adeguato esame della questione concernente l’intrinseca contraddizione della rettifica recante congiuntamente l’applicazione della presunzione di cessione e di quella di acquisti “in nero”.

2.4. Il quinto motivo denuncia, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, violazione e falsa applicazione dell’art. 2697, comma 1, dell’art. 2727 c.c. e dell’art. 2729 c.c., comma 1, nonchè del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 54, comma 2, per aver la CTR ritenuto fondata la contestata omessa regolarizzazione ai fini Iva di acquisti solo su presunzioni non qualificate e contraddette da altri elementi di fatto.

2.5. Il sesto motivo denuncia, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 74, comma 7, del D.Lgs. n. 471 del 1997, art. 6, comma 1 e della L. n. 212 del 2000, art. 10, comma 3, per non aver la CTR ritenuto mera violazione formale l’omessa integrazione delle fatture emesse in reverse charge.

3. Il primo motivo è inammissibile.

3.1. La CTR ha univocamente evidenziato che la ripresa si fonda sulla indeducibilità dei costi, mancando ogni prova del loro ammontare, della consistenza e di ogni indicazione certa (“la società non ha fornito alcuna quietanza relativa al pagamento a favore di privati… a differenza delle affermazioni apodittiche di parte che risultano prive di alcun riscontro documentale, i rilievi dell’Ufficio sono fondati sull’esame della documentazione contabile che dimostra che i costi non sono sufficientemente provati”).

In altri termini, il giudice d’appello non ha in alcun modo posto in dubbio l’effettività delle operazioni, escludendo che le stesse fossero meramente fittizie, ed ha ritenuto, invece, i dedotti costi del tutto privi dei necessari riscontri – per inerenza, determinatezza e certezza -, da cui l’indeducibilità degli stessi ex art. 109 tuir.

La censura, dunque, si fonda su un presupposto di fatto – che le operazioni, e i costi, siano inesistenti – invece negato ed estraneo alla ratio della decisione.

4. Il secondo motivo è parimenti inammissibile poichè si fonda sul medesimo presupposto – l’inesistenza dei costi – estraneo alla ratio della decisione.

5. Il terzo motivo è inammissibile.

La CTR, difatti, non ha applicato la presunzione di cessione prevista dal D.P.R. n. 441 del 1997, art. 1, ma ha autonomamente considerato che “il controllo anzichè essere effettuato per masse (con margini quindi di approssimazione) è stato operato in via analitica, riconciliando le fatture di acquisto con le fatture di vendita”, per cui, risultando che talune quantità di rottami acquistati non trovavano riscontro nelle fatture emesse nei confronti dei clienti, ha ritenuto, logicamente, che detti beni fossero stati venduti senza che i relativi ricavi fossero stati contabilizzati.

La censura, dunque, non coglie l’effettivo fondamento della decisione, che si articola su un accertamento di fatto, in alcun modo censurato.

6. Il quarto motivo è parimenti inammissibile.

E’ sufficiente osservare, infatti, che la circostanza lamentata è stata espressamente esaminata – e risolta – dalla CTR che, dopo aver accertato che i materiali riportati in alcune fatture di vendita non avevano alcun riscontro negli acquisti, ha escluso che vi sia “contraddizione tra i due rilievi… il primo si riferisce al recupero dei maggiori ricavi, mentre il secondo esclusivamente al recupero Iva sugli acquisti”.

La doglianza, dunque, nel lamentare l’inadeguatezza della motivazione, attinge, in realtà, la sufficienza della stessa, non più consentita ex art. 360 c.p.c., n. 5, ratione temporis applicabile.

7. Il quinto motivo è inammissibile.

Anche tale doglianza, infatti, si risolve, in realtà, in una generica lamentela avverso la valutazione del materiale probatorio operata dal giudice di merito, con la formulazione di mere ipotesi alternative rispetto a quelle fatte proprie dal giudicante, in sè inidonee a far concludere per l’inidoneità probatoria degli elementi considerati e accedenti al ragionamento presuntivo esposto in sentenza che – va sottolineato – ha tenuto conto di una pluralità di elementi che hanno portato ad identificare gli effettivi acquirenti, senza che la ricorrente abbia allegato – omettendo ogni specifica indicazione anche in questa sede – alcuna puntuale e documentata circostanza in senso contrario.

La censura, dunque, mira, in realtà ad un inammissibile riesame del giudizio di merito.

8. Il sesto motivo è infondato.

8.1. Nel sistema dell’inversione contabile (reverse charge), l’obbligo di autofatturazione e le relative registrazioni assolvono una funzione sostanziale, in quanto, compensandosi a vicenda con l’assunzione del debito avente ad oggetto l’Iva a monte e la successiva detrazione della medesima imposta a valle, comportano che non permanga alcun debito nei confronti dell’Amministrazione, e consentono i controlli e gli accertamenti fiscali sulle cessioni successive (v. tra le tante Cass. n. 12649 del 19/05/2017).

Ne deriva che l’avvenuta registrazione di fatture limitatamente al solo imponibile e solo sul registro acquisti – come risulta dalla sentenza stessa – integrano inosservanze che non sono irrilevanti o meramente formali atteso che l’omessa o ritardata fatturazione o la mancata regolarizzazione da parte del cessionario o committente con il meccanismo dell’inversione contabile incidono, in termini significativi, sulla determinazione del reddito d’impresa e sull’imposta stessa e recano pregiudizio all’esercizio delle azioni di controllo da parte dell’Amministrazione finanziaria che si trova a dover valutare la correttezza delle operazioni, e ciò tanto più, nel caso di specie, in quanto proprio il meccanismo dell’inversione contabile costituisce la modalità idonea ad assolvere gli obblighi impositivi (v. Cass. n. 9505 del 12/04/2017; Cass. n. 27598 del 30/10/2018).

La CTR, nel ritenere la correttezza della sanzione irrogata, ha dunque fatto corretta applicazione degli anzidetti principi, difettando, nella specie, i presupposti per la non punibilità della condotta.

9. Il ricorso va pertanto rigettato. Nulla per le spese.

PQM

La Corte rigetta il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente principale, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale, il 28 novembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 13 luglio 2020

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