Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14851 del 20/07/2016


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Cassazione civile sez. VI, 20/07/2016, (ud. 26/05/2016, dep. 20/07/2016), n.14851

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. IACOBELLIS Marcello – Presidente –

Dott. CIGNA Mario – Consigliere –

Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere –

Dott. CRUCITTI Roberta – rel. Consigliere –

Dott. SOLAINI Luca – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 11417/2014 proposto da:

COEDIS APPALTI SRL, in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA SALARIA 292, presso lo studio

dell’avvocato MASSIMO CLEMENTE, che la rappresenta e difende giusta

procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

EQUITALIA SUD SPA, (OMISSIS); REGIONE LAZIO – DIREZIONE GENERALE

BILANCIO E TRIBUTI AREA (OMISSIS) CONTENZIOSO;

– intimati –

avverso la sentenza n. 356/9/2013 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE di ROMA del LAZIO, depositata il 30/10/2013;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

26/05/2016 dal Consigliere Relatore Dott. ROBERTA CRUCITTI.

Fatto

RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO

1.Coedis Appalti s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, ricorre, con due motivi, avverso la sentenza indicata in epigrafe, con la quale la Commissione Tributaria Regionale del Lazio, ne ha rigettato l’appello proposto avverso la sentenza di primo grado che, dichiarando cessata la materia del contendere, aveva integralmente compensato tra le parti le spese del processo.

La Regione Lazio ed Equitalia Sud s.p.a. non hanno svolto attività difensiva.

A seguito di deposito di relazione ex art. 380 bis c.p.c., è stata fissata l’adunanza della Corte in camera di consiglio.

2.Con il primo motivo – rubricato: violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 516 del 1992, art. 46, alla luce della Corte Costituzionale n. 274 del 2005 in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 – la ricorrente deduce l’errore commesso dal Giudice di appello laddove quest’ultimo aveva ritenuto di compensare interamente le spese di lite, senza, per di più indicare, le gravi ed eccezionali ragioni richieste dall’art. 92 c.p.c., comma 2.

3. Con il secondo motivo si deduce la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 15 e dell’art. 92 c.p.c., comma 2 e, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, la contraddittoria ed insufficiente motivazione su un punto decisivo in relazione all’art. 92, comma 2.

4. Le censure, esaminate congiuntamente siccome connesse, sono infondate.

Ed invero – premesso che è pacifico in atti, che l’atto in autotutela è stato emesso immediatamente dopo la notificazione del ricorso (con il quale il contribuente eccepiva l’intervenuta prescrizione) e prima del suo deposito presso la segreteria della C.T.P., onde non può dirsi, trattandosi di stretta eccezione estintiva di parte, che i motivi preesistevano all’instaurazione del giudizio, come dedotto dalla ricorrente – va, ancor prima, rilevato che, in materia di spese giudiziali civili, nei giudizi instaurati anteriormente all’entrata in vigore della L. 18 giugno 2009, n. 69, (quale l’attuale, instaurato nel 2008) la compensazione delle spese può essere disposta – ai sensi dell’art. 92 c.p.c., comma 2, nel testo anteriore alle modifiche apportate dall’art. 45, comma 11, di detta legge – per “giusti motivi esplicitamente indicati dal giudice nella motivazione della sentenza”, e non per “gravi ed eccezionali ragioni esplicitamente indicate nella motivazione” (cfr. ex multis di recente Cass. n. 11284 del 29/05/2015) e, nella specie, il Giudice di merito ha specificamente indicato nella motivazione le ragioni che lo hanno indotto a ritenere giusta la compensazione integrale tra le parti delle spese (cfr. in senso conforme Cass. n. 19947 del 21/09/2010 la quale ha ritenuto che in tema di processo tributario, nell’ipotesi di estinzione del giudizio ai sensi del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 46, comma 1, per cessazione della materia del contendere determinata dall’annullamento in autotutela dell’atto impugnato (dovuta all’accoglimento di uno dei motivi preliminari d’invalidità dedotti dal contribuente), può essere disposta la compensazione delle spese di lite ai sensi dell’art. 15, comma 1, del medesimo D.Lgs., in quanto intervenuta all’esito di una valutazione complessiva della lite da parte del giudice tributario, trattandosi di un’ipotesi diversa dalla compensazione “ope legis” prevista dal terzo comma dell’art. 46 sopra citato, come conseguenza automatica di qualsiasi estinzione del giudizio, dichiarata costituzionalmente illegittima dalla pronuncia della Corte costituzionale n. 274 del 2005).

5. Il secondo mezzo, in ordine al dedotto vizio motivazionale poi, appare inammissibile laddove al ricorso, essendo la sentenza impugnata depositata il 30.10.2013, è applicabile il nuovo disposto dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, come interpretato dalle Sezioni Unite di questa Corte (Cass. SS.UU. n. 8053/2014).

6. Conclusivamente, pertanto, il ricorso va rigettato senza pronuncia sulle spese per la mancanza di attività difensiva da parte degli intimati.

7. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

PQM

La Corte rigetta il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, comma 1 bis, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 26 maggio 2016.

Depositato in Cancelleria il 20 luglio 2016

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