Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14850 del 20/07/2016


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Cassazione civile sez. III, 20/07/2016, (ud. 08/06/2016, dep. 20/07/2016), n.14850

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SPIRITO Angelo – Presidente –

Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Consigliere –

Dott. GRAZIOSI Chiara – rel. Consigliere –

Dott. PELLECCHIA Antonella – Consigliere –

Dott. DEMARCHI ALBENGO Paolo Giovanni – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 1631/2015 proposto da:

S.L., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DELLA

GIULIANA 101, presso lo studio dell’avvocato ANNA MARIA GALEAZZI,

rappresentato e difeso dall’avvocato GIOVANNI GRIMALDI giusta

procura speciale a margine del ricorso;

– ricorrenti –

contro

POSTE ITALIANE SPA, (OMISSIS);

– intimata –

nonchè da:

POSTE ITALIANE SPA, (OMISSIS) in persona del legale rappresentante

pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE EUROPA

190-175, presso lo studio dell’avvocato ANTONIO SEBASTIANO CAMPISI,

rappresentato e difeso dall’avvocato LUIGI GIACOMO TOMMASO ZUCCARINO

giusta procura speciale a margine del controricorso e ricorso

incidentale;

– ricorrente incidentale –

e contro

S.L.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 2026/2014 della CORTE D’APPELLO di BARI,

depositata il 11/12/2014;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

08/06/2016 dal Consigliere Dott. CHIARA GRAZIOSI;

udito l’Avvocato ANTONIO SEBASTIANO CAMPISI;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SGROI Carmelo, che ha concluso per l’accoglimento del 1 motivo

assorbito il 2 motivo del ricorso principale, rigetto del ricorso

incidentale.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. Dopo aver ottenuto dal Tribunale di Bari, sezione distaccata di Modugno, un sequestro conservativo di beni di S.L., Poste Italiane S.P.A. conveniva quest’ultimo davanti al suddetto Tribunale per ottenerne la condanna al pagamento di Euro 60.053,50 per canoni e oneri accessori che avrebbe dovuto pagare quale conduttore di un immobile ad uso commerciale per il periodo da gennaio 1999 al 18 dicembre 2002, data del rilascio dell’immobile. S.L. resisteva, ma il Tribunale, con sentenza del 18-28 giugno 2011, accoglieva integralmente la domanda. Avendo S.L. proposto appello, la Corte d’appello di Bari lo accoglieva “per quanto di ragione”, e, “in parziale riforma” della sentenza di primo grado, dichiarava prescritto il credito fino a tutto marzo 2001 e condannava l’appellante a pagare i canoni maturati dall’aprile 2006 (sic) oltre a interessi fino al saldo, compensando le spese processuali di entrambi i gradi.

2. Ha presentato ricorso S.L. sulla base di due motivi.

Il primo motivo, ex art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e/o 4 e 5, denuncia error in procedendo, violazione e falsa applicazione degli artt. 112 e 345 c.p.c., omesso esame di fatto decisivo e discusso.

Il giudice d’appello avrebbe interpretato erroneamente “la domanda” – rectius: l’appello – per non avere ritenuto impugnato anche il profilo degli oneri accessori: invece, oltre alla prescrizione quinquennale dei canoni, riconosciuta nell’impugnata sentenza, il gravame avrebbe reiterato l’eccezione di prescrizione degli oneri accessori, prescrizione, questa, biennale L. n. 841 del 1973, ex art. 7, all’epoca vigente. Quindi la corte territoriale avrebbe violato il principio della corrispondenza tra chiesto e pronunciato di cui all’art. 112 c.p.c., nonchè il principio del tantum devolutum quantum appellatum ex art. 345 c.p.c. e avrebbe omesso l’esame di fatto decisivo e discusso, cioè la reiterazione dell’eccezione di prescrizione per gli oneri accessori.

Il secondo motivo, presentato in subordine, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 91 c.p.c.: qualora la corte territoriale avesse correttamente interpretato l’appello come non esteso agli oneri accessori, non avrebbe allora dovuto compensare le spese, perchè in tale ottica l’appello sarebbe stato accolto totalmente.

Si difende con controricorso Poste Italiane S.P.A., che propone anche un ricorso incidentale fondato su un unico motivo, cioè violazione degli artt. 2948 e 2944 c.c. ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, nonchè vizio ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, “in merito a fatti accertati e decisivi per la controversia”.

Adduce la ricorrente che la lettera di S.L. dell’11 aprile 2006, costituente una risposta a una richiesta di pagamento delle Poste Italiane, avrebbe integrato secondo il Tribunale una ricognizione di debito, valutazione su cui il giudice d’appello ha dissentito. La corte territoriale sarebbe però incorsa in errore ritenendo generiche le frasi e quindi non tali da costituire rinuncia alla prescrizione: in tal modo avrebbe violato l’art. 2948 c.c., che avrebbe violato altresì “perchè non si è accorta” che nessuna prescrizione era stata maturata.

Secondo la ricorrente, invece, tale lettera fu proprio una ricognizione di debito ex art. 1988 c.c. e la corte territoriale sarebbe incorsa anche in contraddizione logica; e non avrebbe neppure motivato sulla genericità della lettera.

La corte, inoltre, non si sarebbe avveduta della mancata maturazione di ogni prescrizione come emergeva dagli accertamenti di fatto operati nella sentenza di primo grado, non impugnati e quindi passati in giudicato, che nel motivo vengono ricostruiti.

Da ultimo, osserva la ricorrente che l’indagine sul contenuto delle dichiarazioni è di merito, ma rammenta che il giudice di legittimità può censurare il correlato vizio motivazionale: e nel caso in esame non vi sarebbe alcuna motivazione sul significato della lettera dell’11 aprile 2006, che la corte avrebbe solo definito “generica”.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

3. Il ricorso principale è fondato.

Il primo motivo, come si è visto nella sintesi sopra tracciata, imputa alla corte territoriale di non essersi pronunciata sulla prescrizione degli oneri accessori, la cui relativa eccezione, invece, sarebbe stata reiterata nell’atto d’appello e quindi devoluta alla sua cognizione.

Il motivo, tenuto conto anche dell’adeguata premessa sui fatti di causa, è offerto in modo sufficientemente specifico. In particolare, è stato evidenziato che nel gravame di merito si rimarcava che “il credito azionato, così come si evince dalle fatture prodotte dalla società attrice, ha quali causali canoni di locazione ed oneri accessori al medesimo rapporto”, per cui “il termine prescrizionale resta quello puntualmente indicato dal convenuto nel sollevare la sua eccezione (ex art. 2948, n. 3 ed in subordine n. 4 per i canoni e quella biennale L. n. 841 del 1973, ex art. 7, per gli oneri accessori)”, il dies a quo trovando disciplina nell’art. 2935 c.c., ed essendo nel caso in esame “indubbio che il diritto al pagamento per il creditore può essere fatto valere dalle singole scadenze mensili in cui maturano i canoni e gli oneri accessori”. Pertanto – continua l’atto d’appello – la messa in mora della locatrice con la lettera 4-10 aprile 2006 “è idonea ad interrompere la prescrizione dei crediti per i quali non si è completata la prescrizione quinquennale per i canoni e biennale per gli oneri accessori, cioè dall’aprile 2001 per canoni e dall’aprile 2004 per gli oneri accessori. Quindi vanno ritenuti prescritti i canoni maturati anteriormente all’aprile 2001 (fino al mese di marzo) e tutti gli oneri accessori richiesti, poichè il rapporto si è pacificamente interrotto prima dell’aprile 2004”. Pertanto l’appellante riteneva di essere debitore dell’appellata esclusivamente per i canoni di locazione maturati dall’aprile 2001 in poi, affermando che “i crediti per soli canoni (gli oneri accessori, con prescrizione più breve, sono tutti estinti) successivi dall’aprile 2001 potranno essere riconosciuti in favore dell’appellata”.

Osserva logicamente il ricorrente che da ciò deriva il petitum dell’atto d’appello, che non può non essere letto – tale rilievo è ictu oculi condivisibile – alla luce di quanto precedentemente addotto e pertanto devoluto: l’atto d’appello concludeva perchè fossero riconosciuti “in favore dell’appellata esclusivamente i canoni maturati dall’aprile 2001 alla fine del rapporto, maggiorati degli interessi legali”.

D’altronde, che l’atto d’appello avesse devoluto alla cognizione del giudice di secondo grado anche la questione della prescrizione degli oneri accessori – si osserva ad abundantiam emerge dalla stessa descrizione dello svolgimento del processo presente nella sentenza impugnata. Dopo avere descritto il contenuto dell’atto d’appello, tutto incentrato sulla prescrizione, richiamando anche il rilievo dell’appellante che “la messa in mora del 4/10 aprile 2006 di Poste era idonea a far valere la prescrizione per i crediti per cui non si era compiuta, cioè da aprile 2001 (canoni) e da aprile 2004 (oneri accessori)”, la corte conclude tale esposizione nel senso che, secondo l’appellante, “solo i canoni successivi al 2001 dovevano essere riconosciuti in favore di Poste; gli oneri accessori (tutti con prescrizione breve) erano tutti estinti” (motivazione, pagina 2).

Nonostante ciò, la corte territoriale accoglie l’appello solo in riferimento ai crediti per canoni, affermando che “ai canoni è limitato il petitum dell’atto d’appello” visto l’avverbio “esclusivamente”. Il dubbio repentino che colpisce lo stesso giudice d’appello nel senso che siffatta lettura del gravame sia erroneamente restrittiva viene così – concisamente – confutato: “che questa non sia una lettura restrittiva dell’atto di gravame è dimostrato anche dalla conclusionale, pag. 7 penultimo cpv.”.

A parte che non si vede come la conclusionale, vista la sua funzione meramente illustrativa quale atto difensivo, possa così agevolmente “svuotare” con una sola frase l’inequivoco significato di un atto di impugnazione, in cui il petitum era, proprio nel riferirsi “esclusivamente” al credito dei canoni, una chiara conseguenza logica della devoluzione dell’eccezione di prescrizione del credito per oneri accessori, deve constatarsi che il ricorrente confuta comunque anche questo inconsistente argomento della corte territoriale, riportando il capoverso della conclusionale che manifesta senza ambiguità la sua derivazione logica, appunto, dalla estinzione del credito a titolo diverso dai canoni (ricorso, pagina 8). D’altronde, è principio generale che, per comprendere, non è razionale esperire estrapolazioni artificiose da quanto complessivamente viene espresso, essendo questo il tipico metodo per deformare e sfigurare, se non addirittura invertire, il contenuto effettivo manifestato nell’atto.

In conclusione l’atto d’appello, nel caso in esame, per quel che sopra si è rilevato presenta nel petitum un riferimento al credito per canoni illustrato con l’avverbio “esclusivamente” ma non nel senso che l’appello devolvesse solo la questione del credito per canoni, bensì nel senso che l’appellante ammetteva l’esistenza di un soltanto residuo – vista la prescrizione che aveva a suo avviso investito parte del credito per canoni e tutto il credito per oneri accessori – debito riguardante i canoni dall’aprile 2001 alla fine del rapporto (si coglie qui l’occasione per rilevare che il riferimento all’aprile 2006, presente sia nel passo della conclusionale richiamato dal giudice d’appello, sia nella motivazione e nel dispositivo della sentenza impugnata, è, ovviamente, un mero lapsus calami).

Il primo motivo del ricorso principale deve pertanto essere accolto, con conseguente assorbimento del subordinato secondo motivo e altresì del ricorso incidentale, che infatti concerne anch’esso la prescrizione dei crediti. Quindi deve essere cassata la sentenza d’appello, con rinvio alla stessa corte territoriale in diversa composizione, cui si rimette altresì la decisione sulle spese del grado di legittimità.

PQM

Accoglie il primo motivo del ricorso principale, assorbito il secondo motivo del ricorso principale e il ricorso incidentale; cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte d’appello di Bari, cui rimette anche la decisione sulle spese del grado.

Così deciso in Roma, il 8 giugno 2016.

Depositato in Cancelleria il 20 luglio 2016

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