Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14846 del 27/05/2021

Cassazione civile sez. I, 27/05/2021, (ud. 15/09/2020, dep. 27/05/2021), n.14846

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SAN GIORGIO Maria Rosaria – Presidente –

Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere –

Dott. CARADONNA Lunella – Consigliere –

Dott. BALSAMO Milena – Consigliere –

Dott. ANDRONIO Alessandro Maria – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:

R.H., nato in (OMISSIS) il (OMISSIS), rappresentato e difeso

dall’avv. Luigi Migliaccio, ed elettivamente domiciliato presso il

suo studio in Napoli, piazza Cavour 139;

– ricorrente –

contro

Ministero dell’Interno, ((OMISSIS)), rappresentato e difeso ex lege

dall’Avvocatura generale dello Stato e domiciliato nei suoi uffici

di Roma, via dei Portoghesi 12;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Corte d’appello di Salerno, depositata il

13/06/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 15/09/2020 dal consigliere Dott. Alessandro M.

Andronio.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Con sentenza n. 845/2018 del 13 giugno 2018, la Corte d’appello di Salerno ha confermato l’ordinanza del Tribunale di Salerno, con cui era stato rigettato il ricorso proposto dall’interessato avverso il provvedimento di diniego della Commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale.

2. Avverso la sentenza l’interessato ha proposto ricorso per cassazione, deducendo: 1) la violazione dell’art. 112 c.p.c., e D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 29, comma 1-bis, nel testo vigente ratione temporis, non essendogli stata comunicata la facoltà di presentare osservazioni, pur ricadendo il suo caso dell’ambito di applicazione del richiamato art. 29, comma 1, lett. b); 2) la violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, del D.Lgs. n. 25 del 2008, artt. 8,12 e 29 sul rilievo che il giudice non avrebbe proceduto all’istruttoria di ufficio nè all’audizione dell’interessato sulla situazione del paese di provenienza; 3) l’erronea applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, comma 1, lett. b), per l’omesso esame del pericolo di persecuzione per motivi religiosi e del rischio di grave danno rilevante ai fini della protezione sussidiaria; 4) l’omesso esame delle doglianze difensive relative al diniego della protezione umanitaria.

3. L’amministrazione intimata si è costituita con controricorso, chiedendo la dichiarazione di inammissibilità o, comunque, il rigetto del ricorso.

4. Il ricorrente ha presentato memoria con la quale insiste in quanto già dedotto, anche in relazione alla situazione del (OMISSIS), area di provenienza.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Il ricorso è infondato.

1.1. Con il primo motivo di doglianza, il ricorrente lamenta la violazione dell’art. 112 c.p.c. e richiama del D.Lgs. n. 25 del 2008, l’art. 29, comma 1-bis, nel testo applicabile ratione temporis, vigente fino al 4 ottobre 2018, ovvero prima delle modifiche introdotte dal D.L. n. 113 del 2018, art. 9, comma 1, lett. c), convertito, con modificazioni, dalla L. n. 132 del 2018. Secondo tale disposizione, quando – come avvento nel caso di specie – la Commissione territoriale dichiara inammissibile la domanda perchè la stessa costituisce la mera reiterazione di identica domanda già oggetto di decisione e priva di nuovi elementi in merito alle condizioni personali o alla situazione del paese di origine, la Commissione stessa, prima di adottare la decisione di inammissibilità, comunica al richiedente che ha facoltà di presentare, entro tre giorni dalla comunicazione, osservazioni a sostegno dell’ammissibilità della domanda e che, in mancanza di tali osservazioni, la Commissione adotterà la decisione. La difesa lamenta di non avere ricevuto un tale avviso ed afferma di avere proposto la relativa doglianza sia in primo grado sia in appello. Tale affermazione risulta, però, sfornita di puntuali riferimenti agli atti del giudizio di primo grado, dall’esame dei quali, peraltro, emerge che la questione non era stata proposta. Quanto, poi, al giudizio di secondo grado, deve rilevarsi che la questione è stata effettivamente inclusa nell’atto di appello, senza che però la parte abbia formulato conclusioni specifiche nel senso dell’annullamento per vizio procedurale. E ne deriva che la relativa censura deve essere ritenuta inammissibile, in quanto preclusa, perchè compiutamente proposta per la prima volta nel giudizio di cassazione.

1.2. Infondata è la doglianza, proposta con il secondo motivo di ricorso, con cui si lamentano la violazione dell’obbligo di cooperazione istruttoria e la mancata audizione dell’interessato da parte della Corte d’appello circa la sua situazione soggettiva e la situazione del (OMISSIS), area di provenienza.

Deve rilevarsi, quanto al primo profilo che la sentenza impugnata contiene adeguati riferimenti alle fonti ufficiali e indipendenti da cui emerge che il distretto di provenienza non è caratterizzato da una situazione di violenza indiscriminata in situazioni di conflitto interno o internazionale, non contenibile dagli apparati dello Stato, da qui cui possa farsi derivare una minaccia grave individuale alla vita o alla persona del richiedente in caso di rientro (non ricorrono, pertanto, le condizioni per il riconoscimento della protezione sussidiaria ai sensi del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, comma 1, lett. c). Vi è, dunque, una sufficiente certezza del quadro istruttorio, che non è scalfito dalle produzioni documentali della difesa, con la conseguenza che la richiesta di audizione dell’interessato davanti alla Corte d’appello ha un carattere meramente esplorativo, perchè basata, appunto, sul falso presupposto dell’incertezza del quadro istruttorio.

1.3. Le altre doglianze del ricorrente – che possono essere trattate congiuntamente – consistono nella mera riproposizione di rilievi già sottoposti ai giudici di merito, in relazione a una asserita situazione di persecuzione e minaccia alla quale il richiedente sarebbe sottoposto nel suo paese di origine ((OMISSIS)), essendo egli della regione del (OMISSIS) e perseguitato in quanto sciita. Risulta, del resto, pacifico in atti che la domanda di protezione internazionale già rigettata a Foggia era stata meramente reiterata a Salerno, con la produzione di elementi irrilevanti, quali un passaporto attestante la provenienza dal (OMISSIS) e report sulla situazione dell’area; situazione che – come visto – è stata comunque adeguatamente valutata dal Tribunale e dalla Corte d’appello.

Infine, in relazione alla protezione umanitaria, va osservato che, secondo la giurisprudenza di questa Corte, il riconoscimento del diritto al permesso di soggiorno per motivi umanitari di cui al D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, al cittadino straniero che abbia realizzato un grado adeguato di integrazione sociale in Italia, deve fondarsi su una effettiva valutazione comparativa della situazione soggettiva ed oggettiva del richiedente con riferimento al Paese d’origine, al fine di verificare se il rimpatrio possa determinare la privazione della titolarità e dell’esercizio dei diritti umani, al di sotto del nucleo ineliminabile costitutivo dello statuto della dignità personale, in correlazione con la situazione di integrazione raggiunta nel paese d’accoglienza (ex multis, Sez. 1, n. 4455 del 23/02/2018, Rv. 647298 – 01). E deve ricordarsi, inoltre, che l’orizzontalità dei diritti umani fondamentali comporta che, ai fini del riconoscimento della protezione, occorre operare la valutazione comparativa della situazione soggettiva e oggettiva del richiedente con riferimento al Paese di origine, in raffronto alla situazione d’integrazione raggiunta nel paese di accoglienza, senza che abbia rilievo l’esame del livello di integrazione raggiunto in Italia, isolatamente ed astrattamente considerato (Sez. U, n. 29459 del 13/11/2019, Rv. 656062 – 02). Tale valutazione comparativa è stata compiutamente effettuata dalla Corte d’appello, che ha ben evidenziato come la situazione riportata dal ricorrente, non riferibile ad una persecuzione personale, non possa essere posta a fondamento neanche della protezione umanitaria, non avendo egli delineato specifici profili di vulnerabilità, ed essendosi limitato ad un generico richiamo ad una produzione documentale che sarebbe relativa al suo inserimento sociale.

2. Il ricorso deve esse, dunque, rigettato. Il ricorrente soccombente deve essere condannato alla rifusione delle spese sostenute dall’amministrazione resistente, da liquidarsi in Euro 2.100,00, oltre spese prenotate a debito.

Va dato atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, in misura pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

PQM

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al rimborso delle spese di controparte, che liquida in Euro 2.100,00, oltre spese prenotate a debito.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 15 settembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 27 maggio 2021

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