Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14843 del 30/06/2014


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Civile Sent. Sez. 6 Num. 14843 Anno 2014
Presidente: PETITTI STEFANO
Relatore: GIUSTI ALBERTO

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
IMPREME s.p.a., incorporante FINEUROPA s.p.a., in persona del
legale rappresentante pro tempore,

rappresentata e difesa, in

forza di procura speciale in calce al ricorso, dall’Avv. Vincenzo Pompa, con domicilio eletto nel suo studio in Roma, via
Pisanelli, n. 2;
– ricorrente contro
INTECO – PROGETTAZIONI E REALIZZAZIONI s.p.a., in persona del
legale rappresentante pro tempore,

rappresentata e difesa, in

forza di procura speciale in calce al controricorso, dall’Avv.
Arturo Cancrini, con domicilio eletto nello studio di
quest’ultimo in Roma, via Giuseppe MerCalli, n. 13;

Data pubblicazione: 30/06/2014

- controricorrente avverso la sentenza della Corte d’appello di Roma n. 3197/12
depositata il 14 giugno 2012.
Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udien-

Giusti;

uditi

gli Avv. Vincenzo Pompa e Luca Nicoletti,

quest’ultimo per delega dell’Avv. Arturo Cancrini.
Ritenuto che con atto di citazione notificato il 12 giugno
1990, la s.p.a. Fineuropa convenne in giudizio dinanzi al Tribunale di Roma la s.p.a. Inteco Progettazioni e Realizzazioni
per ivi sentire accertare la responsabilità della convenuta,
ex art. 1669 cod. civ., per i gravi vizi riscontrati nel complesso immobiliare dalla medesima realizzato in via ~nana,
n. 276/280 a Roma, stabile che essa aveva successivamente venduto all’INPDAP e dei cui difetti – che compromettevano la sua
destinazione ad uso abitativo – era venuta a conoscenza il 28
aprile 1999 a seguito dell’espletamento di c.t.u., commissionata proprio dall’INPDAP;
che si costituì la convenuta, resistendo e, in particolare,
deducendo l’intervenuta decadenza dall’azione, per essere decorso l’anno dalla scoperta senza che la committente avesse
provveduto alla necessaria denuncia;
che il Tribunale di Roma, con sentenza in data 8 ottobre
2004, rigettò la domanda, rilevando che parte attrice, sulla

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za del 20 maggio 2014 dal Consigliere relatore Dott. Alberto

quale grava il relativo onere, non aveva fornito la prova della tempestività della denuncia in relazione al momento della
scoperta;
che la Corte d’appello di Roma, con sentenza resa pubblica

to il gravame della Fineuropa;
che la Corte distrettuale ha rilevato che la denuncia inviata dalla Fineuropa alla Inteco il 9 giugno 1999 è stata inviata ben oltre l’anno dalla scoperta dei difetti;
che – ha osservato la Corte di Roma – la Inteco ha fornito
prova certa e specifica che la Fineuropa era a conoscenza dei
lamentati vizi sin dal 1995: il 5 aprile 1995, infatti, in epoca successiva alla scadenza della garanzia triennale prestata all’acquirente del complesso immobiliare dalla committente
Fineuropa, questa comunicò alla Inteco di avere dovuto essa
eseguire direttamente diversi interventi di manutenzione dello
stabile al fine di eliminare vari difetti, “che dunque a
quell’epoca erano già esistenti, ben noti alla committente
tanto da averne determinato l’intervento in via diretta, ed
addirittura erano stati eliminati”;
che – ha proseguito la Corte d’appello – neppure può sostenersi che diversi ed ulteriori fossero i difetti riscontrati
nella perizia del marzo 1999 fatta dall’INPDAP, perché allora
l’appellante non avrebbe fornito prova della sussistenza del
nesso di causalità tra i lamentati vizi e l’evento dannoso,

mediante deposito in cancelleria il 14 giugno 2012, ha respin-

avendo anzi essa ammesso di avere eseguito a sua cura interventi manutentivi definitivi;
che per la cassazione della sentenza della Corte d’appello
la s.p.a. Impreme, incorporante la s.p.a. Fineuropa, ha propo-

di un motivo;
che l’intimata ha resistito con controricorso, illustrato
con memoria.

Considerato che il Collegio ha deliberato l’adozione di una
motivazione in forma semplificata;
che con l’unico mezzo si denuncia insufficiente motivazione
in relazione al fatto controverso e decisivo concernente la
prescrizione dell’azione di garanzia

ex art. 1669 cod. civ.

statuita dalla Corte d’appello in conseguenza
dell’accertamento della data della comunicazione, operata dalla committente, della denuncia dei gravi difetti
dell’edificio, oltre l’anno dalla scoperta, nonché contraddittorietà della motivazione, per la ritenuta mancanza di prova
in ordine alla diversità dei gravi difetti dell’edificio, denunciati con la comunicazione del 5 aprile 1995, rispetto a
quelli fatti valere nel giudizio innanzi al Tribunale di Roma
per la soddisfazione della garanzia di cui all’art. 1669 cod.
civ.;
che il motivo è infondato;

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sto ricorso, con atto notificato il 26 luglio 2013, sulla base

che la Corte d’appello – con motivazione congrua delle risultanze probatorie, esente da vizi logici e da mende giuridiche – ha accertato l’intervenuto decorso del termine annuale:
per un verso rilevando che la missiva del 1995 discorreva di

forza del contratto di appalto del 5 marzo 1990 e riconducibili, già secondo il tenore letterale della detta missiva, “alla
normativa dell’art. 1669 cod. civ.” “(muffe, infiltrazioni,
distacchi rivestimenti, ecc.)”, e di eliminazione, in via definitiva, dei sopradetti gravi difetti; per l’altro verso sottolineando la mancanza di prova della diversità di difetti riscontrati nella perizia del 1999 e quelli della missiva del
1995;
che il motivo di ricorso sollecita questa Corte ad effettuare una nuova valutazione di risultanze di fatto sì come emerse nel corso dei precedenti gradi del procedimento, così mostrando di anelare ad una surrettizia trasformazione del giudizio di legittimità in un nuovo, non consentito giudizio di
merito, nel quale ridiscutere tanto il contenuto di fatti e
vicende processuali, quanto le conclusioni in punto di fatto
espresse dal giudice di appello non condivise e per ciò solo
censurate al fine di ottenerne la sostituzione con altre più
consone ai propri desiderata,

quasi che nuove istanze di fun-

gibilità nella ricostruzione dei fatti di causa potessero ancora legittimamente porsi dinanzi al giudice di legittimità;

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gravi difetti costruttivi emersi nel complesso costruito in

che il ricorso va, pertanto, rigettato;
che le spese del giudizio di cassazione, liquidate come da
dispositivo, seguono la soccombenza;
che poiché il ricorso è stato proposto successivamente al

dare atto – ai sensi dell’art. l, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – Legge di stabilità
2013), che ha aggiunto il comma 1-quater all’art. 13 del testo
unico di cui al d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 – della sussistenza dell’obbligo di versamento, da parte della ricorrente,
dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a
quello dovuto per la stessa impugnazione integralmente rigettata.
mut QUESTI

MOTIVI

La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente in
via principale al rimborso delle spese processuali sostenute
dalla controricorrente, che

liquida

in complessivi euro

10.200, di cui euro 10.000 per compensi, oltre alle spese generali e agli accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. n. 115
del 2002, inserito dall’art. l, comma 17, della legge n. 228
del 2012,

dichiara la sussistenza dei presupposti per il ver-

samento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a

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30 gennaio 2013 ed è rigettato, sussistono le condizioni per

titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della VI-2
Sezione civile della Corte suprema di Cassazione, il 20 maggio

2014.

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