Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14841 del 20/07/2016


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Cassazione civile sez. III, 20/07/2016, (ud. 17/05/2016, dep. 20/07/2016), n.14841

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VIVALDI Roberta – Presidente –

Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Consigliere –

Dott. GRAZIOSI Chiara – rel. Consigliere –

Dott. PELLECCHIA Antonella – Consigliere –

Dott. DEMARCHI ALBENGO Paolo Giovanni – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 25133/2013 proposto da:

G.M., (OMISSIS), considerato domiciliato ex lege in ROMA,

presso la CANCELLERIA DELLA CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e

difeso dall’avvocato EDOARDO ROCCO giusta procura in calce al

ricorso;

– ricorrente –

contro

ISTITUTO AUTONOMO CASE POPOLARI PROVINCIA SALERNO;

– intimato –

nonchè da:

ISTITUTO AUTONOMO CASE POPOLARI PROVINCIA SALERNO, in persona del

Vice Direttore Generale ing. V.G., elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA ODERISI DA GUBBIO 245, presso lo studio

dell’avvocato LORENZO SOZIO, rappresentato e difeso dall’avvocato

ALFONSO STURCHIO giusta procura a margine del controricorso e

ricorso incidentale;

– ricorrente incidentale –

contro

G.M. (OMISSIS);

– intimato –

avverso la sentenza n. 212/2013 della CORTE D’APPELLO di SALERNO,

depositata il 25/10/2013;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

17/05/2016 dal Consigliere Dott. CHIARA GRAZIOSI;

udito l’Avvocato EDOARDO ROCCO;

udito l’Avvocato VALERIO VICENZI per delega;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. DE

AUGUSTINIS Umberto, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso

incidentale e rigetto del ricorso principale.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. Essendosi G.M. opposto a decreto ingiuntivo di pagamento di Euro 4038,37 oltre interessi per canoni locatizi ottenuto nei suoi confronti da IACP dal Tribunale di Salerno, contestando di essere moroso, ed avendo controparte, costituitasi, insistito nella sua pretesa, il Tribunale, con sentenza del 15 febbraio 2012, accoglieva l’opposizione revocava quindi il decreto, condannando però l’opponente a pagare Euro 4038,37 oltre interessi a titolo di rimborso a controparte delle spese per riparazione dell’impianto idrico.

Avendo il G. proposto appello contro tale sentenza ed essendosi la controparte costituita resistendo, la Corte d’appello di Salerno, con sentenza del 22-25 ottobre 2013 accoglieva l’appello, dichiarando la sentenza nulla per ultrapetizione laddove aveva condannato l’appellante al pagamento delle spese per riparazione dell’impianto idrico, confermando la revoca del decreto ingiuntivo e compensando le spese processuali.

2. Ha presentato ricorso il G., lamentando la mancata indicazione specifica dei motivi di compensazione delle spese, compensazione che sarebbe sorretta unicamente da formula di stile o da motivazione contraddittoria.

Si è difeso con controricorso IACP, che ha proposto anche ricorso incidentale sulla base di tre motivi, illustrati congiuntamente: errata applicazione dell’art. 112 c.p.c., ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3; nullità della sentenza e del procedimento ed errore di applicazione degli artt. 112, 183 e 420 c.p.c., ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4; vizio motivazionale ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

3. Il ricorso principale, come si è visto, adduce un unico motivo, attinente alla compensazione delle spese processuali. Il ricorrente, però, non lo dota di una specifica rubrica, ma afferma che tale compensazione “è ingiusta ed incomprensibile, atteso che nel caso de quo sussistono ben tre gravi violazioni della legge, ex art. 88 c.p.c., di abuso del diritto R.D. n. 1165 del 1938, ex art. 32 e violazione ex art. 96 c.p.c.”.

In primis, allora, imputa il ricorrente al giudice d’appello di non avere esplicitamente indicato i motivi per compensare, avendo invece “fatto ricorso ad una mera clausola di stile”; sviluppa in seguito il suo argomento nel senso che anche la giurisprudenza di legittimità esige che dalla pronuncia si comprendano le ragioni che hanno portato il giudice alla compensazione delle spese, affinchè il suo potere sia legittimamente esercitato. Conclude affermando che “in sostanza” la tutela del diritto di difesa ex art. 24 Cost. “si esplica anche con l’applicazione del principio che le spese legali seguono la soccombenza”.

E’ evidente che nella sua censura il ricorrente mescola un profilo di vizio motivazionale con un profilo di violazione di legge (anche in riferimento a testi normativi ictu oculi non pertinenti alla questione delle spese processuali, come R.D. n. 1165 del 1938), compresenza che non è ammissibile e che comunque priva il motivo della sua necessaria specificità contenutistica. Peraltro, non emerge dalla motivazione impugnata che il giudice di merito non abbia adempiuto all’obbligo motivazionale, poichè ha indicato come fondamento della compensazione “la peculiarità della vicenda”: il che non costituisce certo una formula di stile, bensì un chiaro richiamo di quanto in precedenza complessivamente esposto riguardo, appunto, alle caratteristiche che hanno connotato la vicenda nel suo percorso processuale.

Il ricorso, pertanto, non merita accoglimento.

4. Il ricorso incidentale presenta, come si è visto, tre motivi, che però illustra unitariamente. Afferma il ricorrente in tale illustrazione che la sentenza del giudice d’appello è condivisibile laddove riscontra la mancanza di corrispondenza fra chiesto e pronunciato nella sentenza di primo grado: il creditore aveva chiesto una somma per canoni locatizi e il Tribunale l’aveva riconosciuta per un’altra ragione, cioè la riparazione dell’impianto idrico. Non sarebbe, però, corrispondente al vero che sia stato IACP a modificare la domanda, come ritenuto dalla corte territoriale. E’ vero, come rileva il giudice d’appello, che IACP agì per il pagamento di canoni locatizi, come previsto dal R.D. n. 1165 del 1938, art. 32 (che riguarda appunto solo il credito di canoni). Ma avrebbe poi prodotto documentazione per provare che i pagamenti esibiti da controparte erano legittimamente imputabili a lavori di riparazione, così da “paralizzare” l’eccezione di adempimento mossa dal G., senza però lo scopo di mutare causa petendi. Infatti l’articolo 12 del contratto di locazione pone a carico del conduttore le opere per gli impianti idrici e l’art. 4 attribuisce a IACP il diritto di imputare i pagamenti eseguiti a sua discrezione, e comunque “in linea di massima” prima alle riparazioni (i “lavori in danno”) e poi ai canoni. E ai lavori di riparazione sarebbero stati imputati da IACP tutti i pagamenti del G. a partire dal gennaio 2006.

E’ già sufficiente per condurre alla inaccoglibilità del ricorso la modalità con cui esso presenta i tre motivi. Come già si accennava più sopra, pur essendo stati questi, appunto, articolati in tre censure distinte, e pur essendo stati dotati ciascuno di una specifica rubrica, la loro illustrazione è stata fornita in modo del tutto unitario: e una tale miscela non consente, è ovvio, di comprendere a quale dei tre motivi si rapportino i singoli argomenti. Pertanto la fusione della illustrazione li confonde, ovvero conduce a rendere inammissibilmente generici nel senso di non adeguatamente comprensibili – nel loro contenuto tutti e tre i motivi suddetti.

Meramente ad abundantiam, dunque, si osserva che, per quanto può comprendersi, tutto il disordinato strumento critico di cui in tal modo il ricorrente si avvale si rapporta ad una impostazione fattuale (non a caso attribuendo notevole incidenza ad alcune clausole contrattuali), in quanto viene sostenuto che il ricorrente, mediante la documentazione prodotta sulla base della quale il giudice di prime cure ha poi deciso, avrebbe inteso provare di avere compiuto degli interventi sull’impianto idrico. Anche sotto questo profilo, dunque, il ricorso non potrebbe meritare accoglimento, in quanto oltrepassante i confini della cognizione di legittimità.

In conclusione, entrambi i ricorsi devono essere rigettati, con conseguente compensazione delle spese processuali.

Sussistono D.P.R. n. 115 del 2012, ex art. 13, comma 1 quater, i presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso articolo.

PQM

Rigetta entrambi i ricorsi, compensando le spese processuali.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente principale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 17 maggio 2016.

Depositato in Cancelleria il 20 luglio 2016

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