Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14837 del 30/06/2014


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Civile Sent. Sez. 2 Num. 14837 Anno 2014
Presidente: TRIOLA ROBERTO MICHELE
Relatore: PETITTI STEFANO

equa riparazione

SENTENZA
sentenza con motivazione
semplificata

sul ricorso proposto da:

MONFORTE Antonino (MNF NNN 46M10 E974K), rappresentato e
difeso, per procura a margine del ricorso, dall’Avvocato
Davide Lo Giudice, ed elettivamente domiciliato in Roma,
via Alberico II n.

4, presso lo studio

legale

dell’Avvocato Giuliana Sapienza;
– ricorrente contro
MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE, in persona del

Ministro

pro

tempore,

rappresentato

e

difeso

dall’Avvocatura generale dello Stato, presso i cui uffici
in Roma, via dei Portoghesi n. 12,
legge;

.44ffDN

è domiciliato per

Data pubblicazione: 30/06/2014

- intimato avverso il decreto della Corte d’appello di Caltanissetta
emesso il 5 novembre 2012 e depositato in data 22 novembre
2012.

udienza del 10 giugno 2014 dal Consigliere relatore Dott.
Stefano Petitti;
sentito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore
generale Dott. Lucio Capasso, che ha chiesto il rigetto
del ricorso.
Ritenuto che, con ricorso in riassunzione depositato
il 6 dicembre 2010 presso la Corte d’appello di
Caltanissetta a seguito della dichiarazione di
incompetenza per territorio della Corte d’appello di
Palermo adita in data 12 novembre 2009, Monforte Antonino
ha chiesto la condanna del Ministero dell’economia e delle
finanze al pagamento dell’indennizzo per la irragionevole
durata di un giudizio amministrativo da lui instaurato
dinnanzi al TAR della Sicilia con ricorso depositato in
data 13 giugno 1997 e non ancora definito alla data di
presentazione della domanda;
che l’adita Corte d’appello riteneva che il giudizio
presupposto avesse avuto una durata irragionevole di due
anni e sette mesi, defalcati dalla durata complessiva i
tre anni di ragionevole durata e un periodo pari ad un

2

Udita la relazione della causa svolta nella pubblica

anno e cinque mesi intercorso fra il 25 giugno e il 12
novembre 2009, in relazione al quale la domanda di equo
indennizzo non era proponibile non essendo stata
depositata l’istanza di prelievo; liquidava quindi in

congruo il criterio di computo ragguagliato ad euro 750,00
per i primi tre anni eccedenti il termine di ragionevole
durata ed euro 1.000,00 per i successivi;
che Monforte Antonino ha proposto ricorso per la
cassazione di questo decreto, affidato a due motivi;
che l’amministrazione intimata ha resistito con
controricorso.
Considerato che il collegio ha deliberato l’adozione
della motivazione semplificata nella redazione della
sentenza;
che con il primo motivo di gravame il ricorrente,
lamentando violazione e falsa applicazione degli artt. 2 e
4 della legge n. 89 del 2001 e dell’art. 54, commi l e 2,
del decreto legge n. 112 del 2008, si duole che la Corte
territoriale abbia erroneamente ritenuto che nel giudizio
presupposto non sia stata presentata l’istanza di
prelievo, all’opposto depositata in data 2 ottobre 2009;
che con il secondo motivo di ricorso Monforte
Antonino, lamentando un difetto di motivazione, censura il
provvedimento gravato laddove ometterebbe di fornire

favore del ricorrente la somma di 1.937,50 euro, ritenendo

chiarimenti sull’esclusione dal computo della durata
complessiva del giudizio del periodo intercorso tra il 13
giugno 1997 – data del deposito del ricorso dinanzi al TAR
della Sicilia – e il 5 novembre 2002 e non indicherebbe

udienza depositata in atti e l’istanza di prelievo
disciplinata all’art. 54 del d.l. testé indicato;
che il primo motivo e il secondo profilo del secondo
motivo, che per evidenti ragione di connessione possono
essere trattati congiuntamente, sono inammissibili;
che le censure veicolate dal ricorrente si connotano
come errori revocatori, che dunque avrebbero dovuto
denunciarsi con il mezzo della revocazione ordinaria ai
sensi dell’art. 395, n. 4, cod. proc. civ.;
che, invero, l’avere il decreto impugnato affermato,
come in effetti si legge nella motivazione, che non era
stata presentata alcuna istanza di prelievo nel giudizio
presupposto e che quest’ultimo era stato introdotto
dinanzi al Tar Palermo in data 5 novembre 2002, evidenzia
che, secondo il ricorrente, la Corte territoriale avrebbe
deciso sulla base di fatti processuali che non trovavano
effettivo riscontro negli atti di causa;
che, pertanto, poiché le affermazioni contenute nel
decreto gravato sono prive di ogni profilo valutativo,
atteso che prescindono dall’analisi delle risultanze

la differenza esistente tra l’istanza di fissazione di

processuali, tali censure non appaiono espressione di un
possibile errore di valutazione, bensì si risolvono nella
denuncia di un mero errore di percezione, consistente
nell’affermazione di una realtà fattuale processuale in

dunque, in questa sede;
che il primo profilo del secondo motivo di ricorso è
invece infondato, atteso che la Corte d’appello si è
pronunciata nei limiti della domanda proposta nel ricorso
in riassunzione, in cui la data di inizio del giudizio
presupposto, come riconosciuto dallo stesso ricorrente,
era indicata nel 5 novembre 2002;
che, pertanto, il ricorso deve essere rigettato;
che le spese del giudizio di cassazione, liquidate
come da dispositivo, seguono la soccombenza;
che, risultando il presente giudizio esente dal
pagamento del contributo unificato, non sussistono le
condizioni per la dichiarazione della sussistenza
dell’obbligo di versamento, da parte del ricorrente,
dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato
pari a quello dovuto per la stessa impugnazione
integralmente rigettata.
PER QUESTI MOTIVI
La Corte rigetta il ricorso e

condanna il ricorrente

al rimborso delle spese del giudizio di legittimità, che

5

manifesto contrasto con quella effettiva, non censurabile,

liquida in euro 500,00 per compensi, oltre alle spese
prenotate a debito.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della II
Sezione civile della Corte suprema di cassazione, il 10

giugno 2014.

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