Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14835 del 27/05/2021

Cassazione civile sez. III, 27/05/2021, (ud. 16/12/2020, dep. 27/05/2021), n.14835

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FRASCA Raffaele – Presidente –

Dott. DI FLORIO Antonella – Consigliere –

Dott. RUBINO Lina – Consigliere –

Dott. VINCENTI Enzo – rel. Consigliere –

Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 35193/2019 proposto da:

L.A., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA ALBERICO II,

4, presso lo studio dell’avvocato MARIO ANTONIO ANGELELLI, che lo

rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO;

– intimato –

avverso il decreto della CORTE DI APPELLO DI SALERNO, depositato il

07/06/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera 16/12/2020 dal

Consigliere Dott. ENZO VINCENTI.

 

Fatto

RILEVATO

CHE:

1. – Con ricorso affidato a due motivi, L.A., cittadino extracomunitario privo del permesso di soggiorno, ha impugnato il decreto della Corte di Appello di L’Aquila, sezione minorenni, reso pubblico il 7 giugno 2019, che ne rigettava il reclamo avverso la decisione di primo grado del Tribunale per i minorenni della medesima Città, che, a sua volta, ne aveva respinto il ricorso D.Lgs. n. 286 del 1998, ex art. 31, comma 3, per ottenere l’autorizzazione alla permanenza in Italia per motivi legati all’assistenza delle sue due figlie minori, L.C., nata a (OMISSIS) e presente sul territorio italiano, e L.M., nata a (OMISSIS), cittadina italiana non convivente.

2. – La Corte territoriale, per quanto in questa sede ancora rileva, osservava che: a) il L. aveva un precedente penale per truffa aggravata – “iscritta nel 2004 ed esitata in dibattimento nel 2010” finalizzata alla combinazione di falsi matrimoni tra italiani ed extracomunitari, nonchè un precedente per detenzione ai fini di spaccio di sostanza stupefacente commesso il (OMISSIS), definito con pena patteggiata e sospesa; b) quest’ultimo reato era stato commesso mentre il L. aveva avanzato precedente istanza D.Lgs. n. 286 del 1998, ex art. 31 rigettata per motivi di ordine pubblico, risultando che il richiedente “avesse patito quattro mesi di custodia cautelare”; c) il reclamante non conviveva con la minore M., figlia di madre italiana, mentre rispetto all’altra figlia, per “la sua tenera età è difficile ipotizzare un sostanziale radicamento sul territorio cosicchè è altrettanto difficile ritenere che il rientro nella terra d’origine possa arrecare effettivo nocumento”; d) la “ponderazione degli interessi contrapposti implica che l’interesse dei figli minori è recessivo rispetto alle esigenze statuali di pubblica sicurezza”.

3. – Gli intimati non hanno svolto attività difensiva.

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

1. – Con il primo mezzo è denunciata, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, motivazione carente ed apparente nel giudizio di bilanciamento tra l’interesse del minore alla permanenza del genitore in Italia e quello dello Stato al mantenimento dell’ordine pubblico, nonchè dedotto: a) omesso esame (in violazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 31 e art. 8 CEDU) “della reale e complessiva condotta del ricorrente nella sua funzione genitoriale, tenuto di quanto emerso dalle relazioni dei servizi sociali e dalle allegazioni di parte, in particolare riguardo all’inserimento lavorativo e alla indispensabilità del supporto ai minori da esso derivante”; b) omesso esame (in violazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 31 e art. 8 CEDU) “delle condizioni di salute e sviluppo psico-fisico dei due minori in relazione alla situazione socio familiare concretamente rappresentata dalle allegazioni di parte ricorrente e dalla relazione dei servizi sociali”, avendo la Corte territoriale basato la propria decisione “solo sulla mera segnalazione di alcuni precedenti penali, senza effettuare un corretto giudizio di bilanciamento, così come richiesto dalla legge”:

2. – Con il secondo mezzo è prospettata, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, nullità del decreto impugnato per omessa effettuazione del necessario giudizio prognostico ai fini della valutazione della pericolosità sociale nel giudizio di bilanciamento tra interesse dei minori e interesse statuale, avendo la Corte territoriale soltanto “elencati i precedenti penali senza compiere una valutazione sull’attualità della pericolosità sociale” di esso L..

3. – I motivi – che vanno congiuntamente scrutinati per essere tra loro intimamente connessi – sono in parte infondati e in parte inammissibili.

Questa Corte ha già affermato che, in tema di autorizzazione all’ingresso o alla permanenza in Italia del familiare di minore straniero che si trova nel territorio italiano, ai sensi del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 31, comma 3, il diniego non può essere fatto derivare automaticamente dalla pronuncia di condanna per uno dei reati che lo stesso testo unico considera ostativi all’ingresso o al soggiorno dello straniero; nondimeno la detta condanna è destinata a rilevare, al pari delle attività incompatibili con la permanenza in Italia, in quanto suscettibile di costituire una minaccia concreta ed attuale per l’ordine pubblico o la sicurezza nazionale, e può condurre al rigetto della istanza di autorizzazione all’esito di un esame circostanziato del caso e di un bilanciamento con l’interesse del minore, al quale la detta norma, in presenza di gravi motivi connessi con lo sviluppo psicofisico, attribuisce valore prioritario ma non assoluto (Cass., S.U., n. 15750/2019, Cass. n. 1563/2020).

Inoltre, i “gravi motivi connessi con lo sviluppo psicofisico” del minore, che consentono la temporanea autorizzazione alla permanenza in Italia del suo familiare, secondo la disciplina prevista dal D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 31 devono consistere in situazioni oggettivamente gravi, comportanti una seria compromissione dell’equilibrio psicofisico del minore, non altrimenti evitabile se non attraverso il rilascio della misura autorizzativa; la normativa in esame non può quindi essere intesa come volta ad assicurare una generica tutela del diritto alla coesione familiare del minore e dei suoi genitori. Sul richiedente l’autorizzazione incombe, pertanto, l’onere di allegazione della specifica situazione di grave pregiudizio che potrebbe derivare al minore dall’allontanamento del genitore (Cass. n. 773/2020).

Ciò posto, la Corte territoriale ha operato – in forza di una motivazione adeguata e intelligibile, ben lungi, quindi, dal violare il c.d. “minimo costituzionale” (Cass., S.U., n. 8053/2014) e dal palesarsi, pertanto, meramente apparente – il necessario bilanciamento tra le esigenze statuali inerenti alla tutela dell’ordine pubblico e della sicurezza nazionale e i gravi motivi connessi con lo sviluppo psicofisico dei minori figli del L., valutando, con comparazione in concreto, sia la pericolosità sociale del richiedente (correlata a specifici precedenti penali, di cui il più recente – per detenzione di sostanza stupefacente a fini di spaccio – commesso proprio in costanza di precedente richiesta D.Lgs. n. 286 del 1998, ex art. 31 altresì definendo “allarmanti” tali informazioni sul L.), sia l’interesse delle figlie minori a non subire un grave pregiudizio al proprio sviluppo psico-fisico in ragione del rimpatrio del loro padre, evidenziando sia l’assenza di convivenza con la figlia cittadina italiana, sia la tenera età dell’altra figlia (nata il (OMISSIS)), tale da doversi escludere uno specifico radicamento in Italia ed un effettivo pregiudizio in caso di rientro in (OMISSIS).

Per contro, il ricorrente muove delle critiche assolutamente generiche avverso il provvedimento impugnato, limitandosi a postulare l’assenza del bilanciamento richiesto dalla legge e mancando di circostanziare quali siano le specifiche situazioni di fatto che integrerebbero il grave pregiudizio per le figlie minori e che non sarebbero state valutate dalla Corte territoriale, alludendo soltanto ad una loro deduzione in sede di reclamo (senza tuttavia porre in evidenza l’effettivo tenore dell’atto difensivo, peraltro dal giudice di merito preso in considerazione nella sintesi della vicenda processuale) e tramite una relazione dei servizi sociali, di cui, però, non indica affatto i contenuti pertinenti, nè di averla versata in atti, così violando, al tempo stesso, i principi di specificità dell’impugnazione e di localizzazione processuale previsti dall’art. 366 c.p.c., comma 1, nn. 4 e 6. Vulnus, questo, nella specie particolarmente significativo in quanto nel decreto impugnato del deposito di tale relazione non vi è cenno.

4. – Ne consegue il rigetto del ricorso.

Non vi è luogo ad una pronuncia sulle spese in assenza di attività difensiva degli intimati.

Va dato atto che ai sensi del D.Lgs. 30 maggio 2012, n. 115, art. 10, comma 2, non è soggetto al contributo unificato il processo “comunque riguardante la prole”, ed in tale categoria di giudizi rientra anche il presente.

PQM

rigetta il ricorso.

In caso di diffusione del presente provvedimento omettere le generalità e gli altri dati identificativi, a norma del D.Lgs. n. 196 del 2003, art. 52 in quanto imposto dalla legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza civile della Corte suprema di Cassazione, il 16 dicembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 27 maggio 2021

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