Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14835 del 06/07/2011

Cassazione civile sez. un., 06/07/2011, (ud. 24/05/2011, dep. 06/07/2011), n.14835

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONI UNITE CIVILI

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VITTORIA Paolo – Primo Presidente f.f. –

Dott. DE LUCA Michele – Presidente Sezione –

Dott. SEGRETO Antonio – Consigliere –

Dott. CECCHERINI Aldo – rel. Consigliere –

Dott. MACIOCE Luigi – Consigliere –

Dott. CURCURUTO Filippo – Consigliere –

Dott. AMOROSO Giovanni – Consigliere –

Dott. MORCAVALLO Ulpiano – Consigliere –

Dott. TIRELLI Francesco – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso proposto da:

B.L., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA FLAMINIA 71,

presso lo studio dell’avvocato ACETO ANTONIO, che lo rappresenta e

difende, per delega a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

ALTO CALORE SERVIZI S.P.A.;

– intimata –

avverso la sentenza n. 18/2009 del TRIBUNALE SUPERIORE DELLE ACQUE

PUBBLICHE, depositata il 20/01/2009;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

24/05/2011 dal Consigliere Dott. ALDO CECCHERINI.

Fatto

PREMESSO IN FATTO

Che:

1. – E’ stata depositata la seguente relazione, in applicazione dell’art. 380 bis c.p.c.:

“La sentenza del Tribunale superiore delle acque pubbliche in data 20 gennaio 2009, riformando la sentenza del Tribunale regionale delle acque pubbliche presso la corte d’appello di Napoli, dopo aver confermato l’intervenuta usucapione della servitù di acquedotto in favore della società, ha condannato questa al risarcimento dei danni per l’ultimo quinquennio di esercizio illecito della servitù prima della domanda.

“Contro di essa il signor B.L. ha proposto ricorso a queste sezioni unite, notificato il 4 marzo 2010, per quattro motivi. Il consorzio non ha svolto difese.

“Il ricorso può essere deciso in camera di consiglio, se saranno condivise le considerazioni che seguono.

“Con il primo motivo, il ricorrente lamenta il rigetto delle istanze di prova orale e di esibizione ex art. 210 c.p.c., sostenendo che le prove erano rilevanti. Il motivo è strutturato come violazione o errata applicazione dell’art. 210 c.p.c., artt. 2697, 2699 e 2700 c.c., ma non espone alcuna censura di violazione delle norme richiamate, nè indica i passi della sentenza impugnata nei quali tali violazioni sarebbero ravvisabili.

Il motivo è pertanto inammissibile.

“Con il secondo motivo si censura per vizio di motivazione la statuizione relativa alla fissazione del dies a quo del decorso della prescrizione. Nella parte finale, il ricorrente sintetizza la sua doglianza, dandole forma di censura di merito, come tale inammissibile, sul fatto che il tribunale superiore non avrebbe “risposto” alle sue tesi, senza considerare la motivazione della decisione che si legge al punto 3.1. della sentenza. L’unico vizio di motivazione allegato è l’asserita contraddizione della statuizione impugnata con il contenuto di un documento. Anche per questa parte il motivo è pertanto inammissibile, posto che, ai fini della configurabilità del vizio di legittimità di cui all’art. 360 c.p.c., n. 5 rileva esclusivamente la contraddizione interna alla motivazione, e non già quella con le prove raccolte, che è questione di merito.

“Con il terzo motivo si lamenta l’errata e falsa applicazione degli artt. 1061 e 1158 c.c. nella qualificazione della servitù come apparente, ai fini dell’usucapione. Si chiese alla corte di stabilire se l’esistenza di un casotto o di una camera di manovra situata su fondi limitrofi e di pozzetti di ispezione possano essere considerate opere visibili di acquedotto interrato. Si tratta di una questione di valutazione degli elementi di fatto, e come tale riservata al giudice di merito. Anche tale motivo è inammissibile.

“Con il quarto motivo, denunciando la violazione degli artt. 2043, 1153 e 1061 c.c., il ricorrente lamenta il rigetto della sua domanda di risarcimento del danno, nella sentenza impugnata, in ragione della maturata usucapione. Il ricorrente non considera che nell’impugnata sentenza – che ha accolto il suo gravame in punto di risarcimento del danno per l’illegittima occupazione nel quinquennio anteriore alla domanda – si afferma che lo stesso appellante aveva limitato la sua domanda risarcitoria all’ultimo quinquennio. Di conseguenza il ricorrente neppure censura questa affermazione, che preclude la questione sollevata, degli ulteriori danni risarcibili, e rende il motivo di ricorso inammissibile.

“Si propone pertanto la dichiarazione di inammissibilità del ricorso in camera di consiglio, a norma dell’art. 375 c.p.c., comma 1, n. 1.

2. I ricorrente ha depositato una memoria che, nel criticare la relazione, ripropone le deduzioni del ricorso, affermandone la sufficienza. E’ tuttavia inammissibile il tentativo di estrapolare, in una memoria, singole affermazioni del ricorso contenute in un’esposizione che tocca una serie di questioni di merito, per ricondurle all’una o all’altra delle disposizioni di legge genericamente indicate in rubrica, o per indicare in esse a posteriori il punto decisivo controverso inadeguatamente motivato.

3. In particolare, per il primo motivo la lettura della memoria, posta in relazione al “quesito di diritto” per violazione di norme, formulato in ricorso, dimostra che si intendeva censurare il rigetto delle richieste istruttorie (peraltro ignorando la ratio decidendi dell’inammissibilità delle nuove prove in appello affermata dalla sentenza impugnata, e non impugnata con il mezzo dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4), ciò che è consentito solo per vizi di motivazione, con il mezzo dell’art. 360, comma 1, n. 5, avente altri presupposti (in particolare, la decisività dei punto: Cass. 17 maggio 2007 n. 11457), sicchè il mezzo concretamente proposto in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3 è inammissibile.

4. Sul secondo punto la memoria non corregge le affermazioni contenute nelle pagine nove e dieci del ricorso, irriducibili al mezzo d’impugnazione utilizzato. Il terzo motivo ripropone una discussione sulla concreta rispondenza di determinati manufatti al requisito legale dell’apparenza, nella definizione che ne ha dato questa corte, e tale rispondenza è questione di merito. Sul quarto motivo, la precisazione in memoria che “un risarcimento del danno comunque spetta anche se limitato al quinquennio antecedente alla domanda”, seguita dall’affermazione che l’impugnazione riguarda non il fatto che il risarcimento del danno da occupazione illegittima si debba estendere oltre il quinquennio” ma il punto della sentenza con il quale si afferma che il riconoscimento dell’usucapione comporta il venir meno di ogni diritto al risarcimento del danno “compreso quello da occupazione illegittima del quinquennio antecedente alla domanda” conferma l’inammissibilità di richieste relative ad un danno già riconosciuto dalla sentenza impugnata.

5. Il ricorso è pertanto dichiarato inammissibile. In mancanza di difese svolte dalla controparte non v’è luogo a pronuncia sulle spese.

P.Q.M.

La corte dichiara il ricorso inammissibile.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio delle Sezioni Unite Civili della Corte Suprema di Cassazione, il 24 maggio 2011.

Depositato in Cancelleria il 6 luglio 2011

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