Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14834 del 27/05/2021

Cassazione civile sez. VI, 27/05/2021, (ud. 24/02/2021, dep. 27/05/2021), n.14834

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GRECO Antonio – Presidente –

Dott. CATALDI Michele – Consigliere –

Dott. CROLLA Cosmo – Consigliere –

Dott. LUCIOTTI Lucio – rel. Consigliere –

Dott. LO SARDO Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 35001/2019 R.G. proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, C.F. (OMISSIS), in persona del Direttore pro

tempore, rappresentata e difesa dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO

STATO, presso la quale è domiciliata in Roma, alla via dei

Portoghesi n. 12;

– ricorrente –

contro

S.R., rappresentato e difeso, per procura speciale in calce

al controricorso, dall’avv. Federico PAPA, presso il cui studio

legale, sito in Milano, al viale Monte Nero, n. 72, è elettivamente

domiciliato;

– controricorrente e ricorrente incidentale-

avverso la sentenza n. 3279/28/2019 della Commissione tributaria

regionale della CAMPANIA, depositata In data 11/04/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di Consiglio non

partecipata del 24/02/2021 dal Consigliere LUCIOTTI Lucio.

 

Fatto

FATTO E DIRITTO

La Corte:

costituito il contraddittorio camerale ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., come integralmente sostituito dal D.L. n. 168 del 2016, art. 1-bis, comma 1, lett. e), convertito, con modificazioni, dalla L. n. 197 del 2016, osserva quanto segue.

L’Agenzia delle entrate emetteva nei confronti di S.R. l’avviso di accertamento n. T93013H14785/2016 con cui recuperava a tassazione ai fini IRPEF, per l’anno di imposta 2007, redditi detenuti all’estero e non indicati nel quadro RW della dichiarazione dei redditi, applicando la presunzione prevista dal D.L. n. 78 del 2009, art. 12, comma 2, convertito con modificazioni dalla L. n. 102 del 2009, e, ai sensi del D.P.R. n. 917 del 1986, artt. 44 e ss., redditi di capitale non dichiarati. Emetteva contestualmente atto di contestazione n. T93CO3H05754/2016 con cui irrogava le relative sanzioni. Il contribuente impugnava gli atti impositivi dinanzi alla CTP di Varese che accoglieva il ricorso rilevando l’irretroattività del D.L. citato, art. 12, applicabile ai soli anni d’imposta successivi alla sua entrata in vigore. L’Agenzia delle entrate ricorreva in appello dinanzi alla CTR della Lombardia, che con la sentenza impugnata ribadiva l’inapplicabilità retroattiva della norma citata, stante la sua natura sostanziale e non processuale, sostenendo che le norme sulle presunzioni sono collocate nel c.c., che una differente interpretazione avrebbe pregiudicato il diritto di difesa e che tale disposizione non muta una regola processuale ma qualifica diversamente sul piano sostanziale la natura dell’investimento estero. La CTR accoglieva parzialmente il ricorso, non coinvolgendo nell’annullamento dell’avviso anche la sanzione per l’omessa indicazione, nel quadro RW della dichiarazione dell’anno di competenza, della detenzione in territorio elvetico della somma di Euro 118.203,00, prevista dal D.L. n. 16 del 1990, convertito con modificazioni dalla L. n. 227 del 1990, ovvero da disposizione anteriore alla commissione della violazione, rilevando, al riguardo, che l’Ufficio non era incorso in alcuna decadenza applicandosi il raddoppio dei termini previsto dal citato D.L. n. 78 del 2009, art. 12, commi 2-bis e 2-ter, applicabile retroattivamente stante la natura procedurale di tali disposizioni. Avverso la predetta statuizione l’Agenzia delle Entrate ha proposto ricorso per cassazione affidato ad un unico motivo, cui resiste l’intimato con controricorso e ricorso incidentale affidato ad un unico motivo. Il controricorrente ha anche depositato memoria.

Con il motivo di ricorso la difesa erariale, deducendo la violazione e falsa applicazione del D.L. n. 78 del 2009, art. 12, comma 2, convertito con modificazioni dalla L. n. 102 del 2009, censura la statuizione impugnata sostenendo la natura retroattiva, invece negata dalla CTR, della presunzione di evasione di cui alla citata disposizione.

Il motivo, diversamente da quanto erroneamente indicato proposto, è manifestamente infondato. Secondo il consolidato orientamento di questa Corte, a cui il Collegio intende dare continuità, “La presunzione di evasione sancita, con riferimento agli investimenti ed alle attività di natura finanziaria negli Stati o territori a regime fiscale privilegiato, dal D.L. n. 78 del 2009, art. 12, comma 2, conv., con modif., dalla L. n. 102 del 2009, in vigore dal 1 luglio 2009, non ha efficacia retroattiva, in quanto non può attribuirsi alla stessa natura processuale, essendo le norme in tema di presunzioni collocate, tra quelle sostanziali, nel c.c., ed inoltre perchè una differente interpretazione potrebbe – in contrasto con gli artt. 3 e 24 Cost. – pregiudicare l’effettività del diritto di difesa del contribuente rispetto alla scelta in ordine alla conservazione di un certo tipo di documentazione” (Cass. n. 2662 del 2018; conf. Cass. n. 29632 del 2019). Al riguardo va altresì precisato che secondo Cass. n. 31243 del 2019 “In tema di accertamento tributario, sebbene la presunzione di evasione sancita dal D.L. n. 78 del 2009, art. 12, comma 2, conv., con modif., dalla L. n. 102 del 2009, con riferimento agli investimenti e alle attività di natura finanziaria negli Stati o territori a regime fiscale privilegiato, non sia suscettibile di essere applicata retroattivamente agli anni di imposta antecedenti alla sua entrata in vigore (prevista dal 1 luglio 2009), stante la natura sostanziale e non procedimentale delle presunzioni, l’Ufficio può ricorrere ai medesimi fatti oggetto della suddetta presunzione legale (redditi non dichiarati occultamente detenuti in Paesi a fiscalità privilegiata) “sub specie” di presunzione semplice”. Nella specie però non si verte in tal ipotesi posto che è la stessa difesa erariale ad affermare che l’avviso di accertamento era stato emesso “applicando la presunzione prevista dal D.L. 1 luglio 2009, n. 78, art. 12, comma 2” (ricorso, pag. 2).

Con il motivo di ricorso incidentale il controricorrente, deducendo la violazione e falsa applicazione del D.L. n. 78 del 2009, art. 12, comma 2, convertito con modificazioni dalla L. n. 102 del 2009, del D.L. n. 167 del 1990, art. 5, commi 4 e 5, convertito con modificazioni dalla L. n. 227 del 1990, censura la sentenza impugnata per non avere la CTR annullato anche l’atto di contestazione delle sanzioni, in quanto geneticamente collegato all’avviso di accertamento dell’imposta che era stato annullato.

Il motivo è infondato in quanto si pone in contrasto con la giurisprudenza di questa Corte secondo cui “le sanzioni irrogate D.L. n. 167 del 1990 ex art. 5, comma 2, ai contribuenti hanno un titolo autonomo, che trova la sua ratio nell’elusione di un obbligo dichiarativo, posto da norma già in vigore (citato decreto, art. 4, comma 1, nella sua formulazione vigente ratione temporis con riferimento alle annualità oggetto di accertamento), volto a consentire all’Amministrazione un monitoraggio periodico delle attività finanziarie detenute all’estero. Ne consegue che la violazione di detto obbligo dichiarativo è sanzionabile a prescindere dall’accertamento di evasioni fiscali connesse alle attività finanziarie detenute all’estero e non dichiarate” (cfr. Cass. n. 2662 del 2018, in motivazione; v. anche Cass. n. 30742 del 2018). In buona sostanza, la violazione di detto obbligo dichiarativo è sanzionabile a prescindere dall’accertamento di evasioni fiscali connesse alle attività finanziarie detenute all’estero e non dichiarate e ciò nell’insussistenza di quella consequenzialità necessaria rispetto all’annullamento dell’avviso di accertamento, postulata dal controricorrente, che deve essere invece esclusa.

In estrema sintesi, vanno rigettati sia il ricorso principale che quello incidentale con integrale compensazione tra le parti delle spese del presente giudizio di legittimità.Rilevato che la ricorrente principale è parte ammessa alla prenotazione a debito del contributo unificato per essere amministrazione pubblica difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, alla stessa non si applica il D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater (Cass., Sez. 6 – L, Ordinanza n. 1778 del 29/01/2016, Rv. 638714), che invece è applicabile al ricorrente in via incidentale.

PQM

rigetta il ricorso principale e quello incidentale compensando le spese del presente giudizio di legittimità.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente incidentale, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, il 24 febbraio 2021.

Depositato in Cancelleria il 27 maggio 2021

 

 

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