Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14834 del 10/07/2020

Cassazione civile sez. I, 10/07/2020, (ud. 27/02/2020, dep. 10/07/2020), n.14834

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ACIERNO Maria – Presidente –

Dott. DI MARZIO Mauro – Consigliere –

Dott. TRICOMI Laura – Consigliere –

Dott. CARADONNA Lunella – Consigliere –

Dott. DOLMETTA Aldo Angelo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 6787/2019 proposto da:

K.H., elettivamente domiciliato in Roma, via Principe Eugenio

n. 15, presso lo studio dell’avvocato Marco Michele Picciani, che lo

rappresenta e difende giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

Ministero dell’Interno, elettivamente domiciliati in Roma, via dei

Portoghesi 12 presso l’Avvocatura Generale dello Stato, che lo

rappresenta e difende ope legis;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 2456/2018 della CORTE D’APPELLO di ANCONA,

depositata il 12/11/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

27/02/2020 dal cons. ALDO ANGELO DOLMETTA.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1.- H.K., proveniente dal (OMISSIS), ha proposto ricorso avanti al Tribunale di Ancona avverso il provvedimento della Commissione territoriale di questa città, di diniego del riconoscimento della protezione internazionale (status di rifugiato; protezione sussidiaria) e pure di diniego del riconoscimento della protezione umanitaria.

Con ordinanza depositata in data 5 dicembre 2017, il Tribunale ha rigettato il ricorso.

2.- Il richiedente ha proposto ricorso avanti alla Corte di Appello di Ancona. Che lo ha respinto con sentenza depositata in data 12 novembre 2018.

La Corte territoriale ha ritenuto che dal racconto fornito dal richiedente non emergevano circostanze atte a integrare, nella fattispecie concreta, il riconoscimento del diritto di rifugio. Trattasi, del resto, di racconto stereotipato e per nulla credibile, ha pure aggiunto.

Ha poi riscontrato, con riferimento alla protezione sussidiaria, che l’attuale situazione politica ed economica del Bangladesh non propone – stando alle notizie riportate da report affidabili e aggiornati – situazioni in qualche modo inquadrabili in quelle previste dal D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14.

Con riguardo alla protezione umanitaria, inoltre, il giudice ha rilevato che la situazione personale del richiedente non evidenziava alcun profilo di particolare vulnerabilità.

Avverso questo provvedimento H.K. ha proposto ricorso, svolgendo due motivi di cassazione.

Il Ministero ha presentato controricorso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

4.- Il ricorrente censura la pronuncia della Corte territoriale: (i) col primo motivo, per “violazione D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 19; violazione art. 1 Convenzione di Ginevra del 1951; violazione D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 14-17; violazione D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3; violazione D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 7; omesso esame circa un fatto decisivo oggetto di discussione tra le parti”; (ii) col secondo motivo, per “violazione D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6″.

5.- Col primo motivo, in particolare, il ricorrente lamenta che la Corte territoriale ha trascurato di considerare che il Bangladesh è un paese sottosviluppato, violento, tra i più poveri del mondo: in cui l'”appartenenza a una minoranza politica” è, di per sè stesso, fattore di discriminazione; e in cui il “valore di una vita è meno di niente”.

6.- Il motivo è inammissibile.

In effetti, lo stesso si compone di enunciati solo generici, come tali del tutto astratti dalla fattispecie concreta, che è invece oggetto di giudizio.

D’altro canto, la Corte territoriale – dando ampia indicazione delle fonti compulsate in proposito – ha rilevato che le condizioni di vita nel Paese di origine del richiedente sono di “altro tenore” di quelle predicate da costui.

7.- Il secondo motivo contesta il negato riconoscimento della protezione umanitaria.

Avverte il ricorrente in proposito che “basta leggere l’ultimo rapporto di Amnesty International su Bangladesh, 2017/2018, per rendersi conto che le libertà fondamentali e i diritti civili in quel paese sono sistematicamente calpestati”.

8.- Il motivo è inammissibile.

Come ha chiarito la giurisprudenza di questa Corte, l’allegazione di una situazione di vulnerabilità rilevante non può consistere nella mera indicazione che, nel paese di provenienza del richiedente, sussiste una “situazione di instabilità politica e sociale che esponga a situazioni di pericolo per l’incolumità personale” (cfr., in particolare, la pronuncia Cass., 23 febbraio 2018, n. 4455).

9.- In conclusione, il ricorso è inammissibile.

Le spese del giudizio seguono la regola della soccombenza e si liquidano in dispositivo.

PQM

La Corte dichiara il ricorso inammissibile. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida nella somma di Euro 2.100.00 (di cui Euro 200,00 per esborsi), oltre a spese forfettarie nella misura del 15% e accessori di legge.

Dà atto, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, ove dovuto, secondo quanto stabilito dalla norma dell’art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Prima Sezione civile, il 27 febbraio 2020.

Depositato in Cancelleria il 10 luglio 2020

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