Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14832 del 30/06/2014


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Civile Sent. Sez. 2 Num. 14832 Anno 2014
Presidente: BUCCIANTE ETTORE
Relatore: MAZZACANE VINCENZO

SENTENZA

sul ricorso 27528-2008 proposto da:
TINARELLO VITTORIO, elettivamente domiciliato in ROMA,
VIA SANTA MARIA MEDIATRICE 1, presso lo studio

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dell’avvocato FEDERICO BUCCI, rappresentato e difeso
dall’avvocato BELLINI ANTONIO;
– ricorrente contro

2014
1165

ISTITUTO DIOCESANO PER IL SOSTENTAMENTO DEL CLERO DI
PERUGIA

E

CITT

DELLA

PIEVE

94013400547,

elettivamente domic liato in ROMA, VIA TEULADA 38/A
C/0 ST LOCATELLI, presso

lo studio dell’avvocato

Data pubblicazione: 30/06/2014

MECHELLI GIOVANNI, che lo rappresenta e difende
unitamente all’avvocato BARTOCCINI FABIO;
– controricorrente

avverso la sentenza n. 1318/2007 della CORTE D’APPELLO
di FIRENZE, depositata il 27/09/2007;

udienza del 09/05/2014 dal Consigliere Dott. VINCENZO
MAZZACANE;
udito l’Avvocato Goliardo CANONICO, con delega
depositata in udienza dell’Avvocato BELLINI Antonio
difensore del ricorrente che si riporta agli atti
depositati;
udito l’Avvocato MECHELLI Giovanni, difensore del
resistente che si riporta agli atti depositati;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. SERGIO DEL CORE che ha concluso per il
rigetto del ricorso.

udita la relazione della causa svolta nella pubblica

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Vittorio Tinarello con atto di citazione dell’8-6-1998 conveniva in giudizio dinanzi al Tribunale di
Orvieto l’Istituto Diocesano per il Sostentamento del Clero di Perugia e Città della Pieve chiedendo
riconoscersi in proprio favore l’acquisto per usucapione della proprietà di alcune particelle di

anni, in maniera continua e non interrotta, i suddetti terreni.

L’Istituto Diocesano, costituendosi in giudizio, contestava il fondamento della domanda di cui
chiedeva il rigetto, affermando che l’attore non aveva avuto il possesso, bensì la detenzione dei
suddetti appezzamenti di terreno in forza di un contratto di affitto stipulato il 3-2-1969
dall’esponente con Silvestro Tinarello, padre della controparte.

Il Tribunale adito con sentenza dell’11-11-1999 accoglieva la domanda attrice.

Su impugnazione dell’Istituto Diocesano la Corte di Appello di Perugia con sentenza del 22-9-2000
confermava la pronuncia di primo grado.

A seguito di gravame da parte dell’Istituto Diocesano la Corte di Cassazione con sentenza del 6-82004 accoglieva il ricorso, cassava la sentenza impugnata per difetto e contraddittorietà della
motivazione in ordine alla valutazione delle risultanze istruttorie, e rinviava la causa per un nuovo
esame della controversia alla Corte di Appello di Firenze.

Su riassunzione da parte dell’Istituto Diocesano cui resisteva il Tinarello quest’ultima Corte
territoriale con sentenza 27-9-2007 ha rigettato la domanda di usucapione proposta dal Tinarello
stesso in quanto non pienamente provata.

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terreno poste in località Tavernelle di Perugia per avere il medesimo posseduto da circa trenta

Per la cassazione di tale sentenza il Tinarello ha proposto un ricorso per cassazione articolato in
cinque motivi seguito successivamente da una memoria cui l’istituto Diocesano per il
Sostentamento del Clero di Perugia e Città della Pieve ha resistito con controricorso.

MOTIVI DELLA DECISIONE

di appello ha qualificato la deposizione del teste Ferraguti non sufficiente e/o non veritiera sulla
base di argomenti illogici e contraddittori, posto che l’attendibilità di tale deposizione non poteva
essere messa in dubbio soltanto per il fatto che si trattava dell’unico teste escusso sulla questione
fondamentale dell’insorgenza dell’asserito possesso da parte dell’esponente; del resto la riduzione
della lista testimoniale era da attribuire al giudice, e quindi non si poteva far ricadere sulla parte
tale provvedimento.

Sotto ulteriore profilo il ricorrente censura la valorizzazione operata della deposizione del teste
Don Gualtiero Gioia, ovvero del sacerdote che per conto dell’Istituto Diocesano aveva
confezionato la scrittura del 3-2-1969 avente ad oggetto l’affitto a Silvestro Tinarello della casa
colonica e degli annessi terreni, senza accertare se detti beni coincidessero con quelli oggetto della
domanda di usucapione, tra i quali in effetti non era compresa alcuna casa colonica; del pari non è
stato fatto alcun raffronto tra gli immobili di cui alla suddetta scrittura privata e quelli denominati
come “fabbricato e terreno circostante in atto affittato a Tinarello Silvestro” che quest’ultimo con
lettera del 9-4-1988 chiedeva di acquistare.

Con il secondo motivo il Tinarello, denunciando violazione degli artt. 1140 e 1158 c.c. in relazione
agli artt. 2697 c.c. e 115 e 116 c.p.c., rileva che erroneamente la sentenza impugnata ha ritenuto
che l’attore avrebbe dovuto fornire la prova anche delle modalità tramite le quali il suo possesso
sarebbe iniziato, posto che l’art. 1158 c.c., nel disciplinare l’acquisto per usucapione, indica quale
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Con il primo motivo il ricorrente, deducendo vizio di motivazione, assume anzitutto che il giudice

elemento costitutivo dell’acquisto stesso soltanto il protrarsi continuativo del possesso per venti
anni.

Con il terzo motivo il ricorrente, deducendo vizio della motivazione, sostiene che in modo
contraddittorio e non pertinente la Corte territoriale ha fatto discendere il giudizio sulla non

generatore del possesso dei beni per cui è causa, sia perché si trattava di circostanza marginale,
sia perché nessuno aveva posto al teste una specifica domanda sulla genesi del possesso.

Le enunciate censure, da esaminare contestualmente per ragioni di connessione, sono infondate.

Il giudice di rinvio ha premesso che la sentenza della Corte di Cassazione sopra richiamata aveva
ritenuto che la sentenza della Corte di Appello di Perugia ivi impugnata non aveva adeguatamente
motivato e giustificato – nel raffronto critico tra la prova testimoniale offerta dall’attore, tendente
a dimostrare il possesso utile al compimento dell’usucapione, e la prova offerta dall’Istituto
Diocesano, finalizzata invece a dimostrare l’esistenza di una detenzione titolata da un contratto di
affitto stipulato con il padre dell’attore – il maggiore livello di credibilità attribuito alla prova resa
dal Tinarello; la Corte territoriale ha quindi affermato che la situazione di incertezza probatoria
evidenziata dal giudice di legittimità, come tale insufficiente per l’accoglimento della domanda
attrice, non era mutata rispetto alla situazione preesistente.

La sentenza impugnata ha quindi rilevato che, a fronte della domanda del Tinarello di usucapione
dei terreni per cui è causa sulla base di un possesso trentennale risalente al 1969, l’Istituto
Diocesano aveva prodotto una scrittura privata relativa ad un contratto di affitto di terreni
stipulato con Silvetro Tinarello, padre di Vittorio Tinarello, dal quale avrebbe dovuto evincersi che
quest’ultimo, subentrato al genitore, avrebbe conseguito non già il possesso, ma la detenzione di
essi a titolo di locazione; al riguardo, poiché detta scrittura privata non individuava con precisione i
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veridicità del teste Ferraguzzi dalla mancata conoscenza, da parte del medesimo, del fatto

terreni oggetto dell’affitto, l’Istituto Diocesano aveva provato che essi si identificavano con i
. terreni oggetto della domanda di usucapione tramite la deposizione di Don Gioia, ovvero il
sacerdote che aveva materialmente confezionato il documento suddetto, che invero aveva
dichiarato che i terreni oggetto del contratto di affitto includevano anche quelli per cui è causa.

Tinarello a fondamento della propria domanda di usucapione, costituita dalla deposizione del solo
teste Ferraguzzi, secondo il quale il Tinarello avrebbe iniziato a possedere i terreni in questione
dall’anno 1965; al riguardo ha anzitutto ritenuto la singolarità della audizione di un solo teste su
una situazione di fatto di durata pluridecennale che invece avrebbe dovuto essere oggetto di
conoscenza da parte di una pluralità di persone, ha poi evidenziato una ragione di perplessità in
ordine alla attendibilità del teste, costituita dal rilievo che lo stesso Tinarello con le lettere del 2-51996 e del 26-4-1998 di risposta alla richiesta dell’Istituto Diocesano di rilascio dei fondi aveva
indicato, come data d’inizio del suo possesso, l’anno 1969, e che solo dopo la costituzione in
giudizio di controparte, che aveva dedotto che la concessione in affitto a Silvestro Tinarello dei
terreni per cui è causa risaliva al 1969, l’attore aveva articolato un capitolo di prova che
retrodatava di quattro anni l’inizio del possesso; era quindi assai difficile ritenere che il teste
Ferraguzzi fosse dotato di una così formidabile memoria tale da correggere lo stesso interessato in
riferimento a fatti risalenti a 34 anni addietro; inoltre il giudice di rinvio ha affermato che mancava
qualsiasi possibilità di verificare la veridicità della deposizione del suddetto teste, essendo rimasto
del tutto sconosciuto il fatto generatore dell’asserito possesso; infatti il Tinarello, avendo negato
di essere subentrato al padre nel godimento dei fondi, avrebbe dovuto spiegare da chi e come ne
avesse appreso il possesso.

Il Collegio rileva che, avendo la sentenza impugnata indicato puntualmente le fonti del proprio
convincimento, si è in presenza di un accertamento di fatto sorretto da congrua e logica
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La Corte territoriale a tal punto ha ritenuto insufficiente l’unica prova offerta da parte di Vittorio

motivazione, come tale insindacabile in questa sede, dove il ricorrente con le censure in esame
.

tende inammissibilmente a prospettare una diversa ed a lui più favorevole considerazione degli
elementi probatori acquisiti, trascurando di considerare che la valutazione delle risultanze delle
prove ed il giudizio sulla attendibilità dei testi, come la scelta, tra le varie risultanze istruttorie, di
quelle ritenute più idonee a sorreggere la motivazione, involgono apprezzamenti di fatto riservati
al giudice di merito, il quale è libero di attingere il proprio convincimento da quelle prove che
ritenga più attendibili senza essere tenuto ad una esplicita confutazione degli altri elementi non
accolti, anche se allegati dalle parti.

Rilevato quindi che il giudice di rinvio ha espresso adeguatamente e logicamente le ragioni per le
quali ha ritenuto non sufficientemente attendibile la deposizione del teste Ferraguzzi indotto dal
Tinarello, deve poi aggiungersi che correttamente la sentenza impugnata ha evidenziato l’assenza
di qualsiasi elemento chiarificatore in ordine alle concrete circostanze in base alle quali Vittorio
Tinarello avrebbe iniziato nel 1965 a possedere i terreni oggetto della domanda di usucapione;
invero la conoscenza delle effettive modalità tramite la quali il Tinarello avrebbe iniziato una
relazione di fatto con gli immobili in questione caratterizzata dal necessario “animus possidendi”
era rilevante ai fini di una ponderata valutazione sulla attendibilità del teste Ferraguzzi, onde
ricollegare il suo riferimento all’anno 1965, indicato come periodo di inizio del possesso dei beni in
questione, ad un determinato fatto accaduto in quel tempo idoneo ad essere configurato come
uno specifico e concreto riscontro alla suddetta deposizione; tale rilievo è tanto più pertinente alla
luce della deposizione del teste Don Gioia (che aveva materialmente redatto la scrittura privata
del 3-2-1969) sul fatto che i terreni oggetto del contratto di affitto comprendevano anche quelli
oggetto della domanda di usucapione, e quindi sulla necessità di provare il proprio diverso
assunto; né tali rilievi possono essere sminuiti dal fatto che il Ferraguzzi non aveva chiarito le
modalità relative all’inizio del possesso dei terreni da parte del Tinarello in quanto non gli erano
5

,

state rivolte domande al riguardo, posto che il giudice istruttore può rivolgere al testimone,
.

d’ufficio o su istanza di parte, tutte le domande che ritiene utili a chiarire i fatti sui quali è
chiamato a deporre (art. 253 primo comma c.p.c.), cosicché il difensore del Tinarello ben avrebbe
potuto chiedere al giudice di interrogare il teste Ferraguzzi su tali circostanze rilevanti ai fini del
compiuto assolvimento dell’onere probatorio posto a carico dell’attore.

Con il quarto motivo il Tinarello, denunciando violazione degli artt. 2697 c.c. e 116 c.p.c. in
relazione agli artt. 1350 e 1571 c.c., rileva che erroneamente il giudice di appello ha ritenuto che la
scrittura del 3-2-1969 contenesse un contratto di affitto completo pur in assenza di un elemento
essenziale, ovvero il canone, atteso che nella menzionata scrittura non vi era alcuna indicazione al
riguardo, né tale lacuna era stata colmata dalla deposizione del teste Gioia.

Con il quinto motivo il ricorrente, deducendo vizio di motivazione, censura la sentenza impugnata
per aver omesso di valutare che la controparte non aveva provato non solo l’avvenuta pattuizione
di un canone di affitto dei beni di cui alla scrittura privata del 3-2-1969, ma soprattutto che detto
canone fosse mai stato corrisposto dall’esponente e prima ancora da Silvestro Tinarello.

Tali motivi, da esaminare contestualmente, sono inammissibili.

Invero le questioni sollevate, implicanti valutazioni di fatto, sono nuove, posto che la sentenza
impugnata non le ha trattate, e che non risulta che esse abbiano costituito oggetto di dibattito
processuale, e che quindi sia stata contestata la sussistenza o la validità del contratto di affitto
suddetto, e tantomeno l’inadempimento dell’obbligo di corresponsione del canone di affitto; del
resto tale convincimento è confermato dal rilievo che a tale contratto ha fatto riferimento la
sentenza di questa stessa Corte sopra menzionata come elemento pacifico in causa.

6

.

In definitiva il ricorso deve essere rigettato; le spese seguono la soccombenza e sono liquidate
come in dispositivo.

P.Q.M.

La Corte

4.000,00 per compensi oltre spese forfettarie.

Così deciso in Roma il 9-5-2014

Il Presidente

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento di euro 200,00 per esborsi ed euro

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