Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14831 del 14/06/2017

Cassazione civile, sez. VI, 14/06/2017, (ud. 19/05/2017, dep.14/06/2017),  n. 14831

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GENOVESE Francesco Antonio – Presidente –

Dott. DE CHIARA Carlo – Consigliere –

Dott. DI MARZIO Mauro – Consigliere –

Dott. NAZZICONE Loredana – rel. Consigliere –

Dott. FALABELLA Massimo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 19455/2016 proposto da:

A.N., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA LUIGI

PIRANDELLO 67/A, presso lo studio dell’avvocato SABRINA BELMONTE,

rappresentata difesa dall’avvocato BRUNO FEDELI;

– ricorrente –

contro

P.P., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA RODI 32, presso

lo studio dell’avvocato MARTINO UMBERTO CHIOCCI, che lo rappresenta

e difende unitamente all’avvocato ANTONELLA DE PERI;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 202/2016 della CORTE D’APPELLO di MILANO,

depositata il 21/01/2016;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non

partecipata del 19/05/2017 dal Consigliere Dott. LOREDANA NAZZICONE.

Fatto

RILEVATO

– che la parte ricorrente ha proposto ricorso, fondato su due motivi, avverso la sentenza della Corte d’appello di Milano del 21.1.2016, la quale, per quanto ancora rileva, ha confermato l’obbligo di corresponsione dell’assegno di mantenimento per la moglie e la prole rispettivamente pari ad Euro 2.800,00 ed Euro 950,00 mensili, affermando che in tali somme sono ricomprese anche, in via forfetaria, le spese straordinarie, potendo la lontananza fra i coniugi (la moglie ed il figlio risiedono in Sudafrica) comportare gravi difficoltà di ripartizioni percentuali continuative, e ponendo, altresì, per intero le spese del grado a carico dell’appellante;

– che la parte intimata resiste con il controricorso;

– che è stata disposta la trattazione con il rito camerale di cui all’art. 380-bis c.p.c., ritenuti ricorrenti i relativi presupposti;

– che la parte ricorrente ha depositato la memoria.

Diritto

CONSIDERATO

– che il primo motivo, il quale censura la violazione degli artt. 337 bis e 337 ter, per avere la corte del merito confermato la predetta misura del contributo a carico del controricorrente, è manifestamente inammissibile, in quanto, pur sotto l’egida del vizio di violazione di legge, lamenta nella sostanza, come è palesato dalle molteplici espressioni usate, un inadeguato e non condiviso giudizio di fatto, riservato ai giudici del merito, circa la effettiva capacità economica dell’onerato e, nel contempo, della madre, riproponendo nella sostanza tutti gli argomenti fattuali già esaminati dai giudici di merito;

– che il secondo motivo, il quale lamenta la violazione della L. 1 dicembre 1970, n. 898, art. 5, comma 6 (sebbene ivi erroneamente numerata come “686”), è manifestamente inammissibile, perchè, al pari del primo, intende genericamente criticare il giudizio di fatto formulato dal giudice del merito, censura del tutto inammissibile in questa sede di legittimità;

– che esso, inoltre, per la parte in cui esige la corresponsione di un assegno tale da mantenere il precedente “tenore di vita”, non coglie nel segno (cfr. Cass. 10 maggio 2017, n. 11504);

– che, in definitiva, la tecnica espositiva del ricorso per cassazione nella sua interezza appare ispirata al sistematico tentativo di sottoporre al giudice di legittimità una nuova valutazione delle circostanze di fatto, onde ottenere un risultato più favorevole di quello cui è approdato il giudice di merito: ma nessuno dei vizi previsti in via tassativa dall’art. 360 c.p.c., permette la revisione dell’opzione che ha condotto il giudice del merito ad una determinata soluzione della questione esaminata, posto che una simile revisione costituirebbe un giudizio di fatto e si risolverebbe in una sua nuova formulazione, del tutto estranea alla funzione assegnata dall’ordinamento al giudice di legittimità;

– che occorre provvedere sulle spese di lite del giudizio di legittimità secondo il principio della soccombenza;

– che si tratta di procedimento esente dal contributo, onde non si provvede alla dichiarazione di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13 (art. 10 del citato decreto).

PQM

 

La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento, in favore del controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 2.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 100,00, ed agli accessori di legge.

Dispone che, in caso di utilizzazione della presente sentenza in qualsiasi forma, per finalità di informazione scientifica su riviste giuridiche, supporti elettronici o mediante reti di comunicazione elettronica, sia omessa l’indicazione delle generalità e degli altri dati identificativi delle parti riportati nella sentenza, a norma del D.Lgs. n. 196 del 2003, art. 52.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 19 maggio 2017.

Depositato in Cancelleria il 14 giugno 2017

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