Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1483 del 26/01/2010

Cassazione civile sez. trib., 26/01/2010, (ud. 18/12/2009, dep. 26/01/2010), n.1483

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PAPA Enrico – Presidente –

Dott. PERSICO Mariaida – Consigliere –

Dott. PARMEGGIANI Carlo – rel. Consigliere –

Dott. GIACALONE Giovanni – Consigliere –

Dott. MELONCELLI Achille – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 17046-2005 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

L’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope

legis;

– ricorrente –

contro

P.R., elettivamente domiciliato in ROMA VIA LAZIO 20/C,

presso lo studio dell’avvocato DOTTO MASSIMO, rappresentato e difeso

dall’avvocato PIAZZA MASSIMO, giusta delega in calce;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 62/2004 della COMM. TRIB. REG. SEZ. DIST. di

PARMA, depositata il 12/05/2004;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

18/12/2009 dal Consigliere Dott. CARLO PARMEGGIANI;

lette le conclusioni scritte dal P.M. in persona del SOSTITUTO

PROCURATORE GENERALE, con cui si chiede che la Corte Suprema di

Cassazione, in camera di consiglio voglia accogliere il ricorso per

manifesta fondatezza con le conseguenze di legge.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

P.R., agente di commercio, impugnava innanzi alla Commissione Tributaria Provinciale di Parma il silenzio-rifiuto della Amministrazione in ordine alla istanza di rimborso delle somme versate a titolo di IRAP per gli anni 1998 e 1999.

La Commissione accoglieva il ricorso, ritenendo che il contribuente non fosse dotato di autonoma organizzazione.

Appellava l’Ufficio, e la Commissione Tributaria Regionale dell’Emilia-Romagna, sezione staccata di Parma, con sentenza n. 62/33/04 in data 6-5-2004, depositata in data 12-5-2004, respingeva il gravame, dichiarando legittima la richiesta di rimborso.

Avverso la sentenza propone ricorso per cassazione la Agenzia delle Entrate, con due motivi. Il ricorso è iscritto al n. 17046/2005 R.G. II contribuente resiste con controricorso. Il P.G. conclude per la manifesta infondatezza del ricorso. Lo stesso contribuente successivamente impugnava innanzi alla Commissione Tributaria Provinciale di Parma il silenzio-rifiuto della Amministrazione in ordine alla istanza di rimborso delle somme versate a titolo di IRAP per gli anni 1999, 2000 e 2001.

La Commissione respingeva il ricorso, ritenendo che il contribuente fosse dotato di autonoma organizzazione.

Appellava il contribuente, e la Commissione Tributaria Regionale dell’Emilia-Romagna, sezione staccata di Parma, con sentenza n. 89/33/04 in data 17-3-2004, depositata in data 16-6-2004, accoglieva il gravame, dichiarando legittima la richiesta di rimborso.

Avverso la sentenza propone ricorso per cassazione la Agenzia delle Entrate, con due motivi.

Il ricorso è iscritto al n. 18821/2005 R.G..

Il contribuente resiste con controricorso.

Il P.G. conclude per la manifesta fondatezza del ricorso ex art. 375 c.p.c.. Alla udienza fissata i ricorsi sono riuniti per connessione soggettiva ed oggettiva e parziale coincidenza di oggetto (richiesta rimborso IRAP 1999).

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo, nel ricorso n. 17046/2005, la Agenzia deduce violazione e falsa applicazione della L. n. 662 del 1996, art. 3, comma 144, D.Lgs. n. 446 del 1997, artt. 2, 3, 8, 27 e 36, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3. Sostiene a tale proposito che la legge assoggetta all’imposta, in via di principio, coloro che esercitano attività libero-professionale, e quindi non può essere escluso il presupposto impositivo sulla base di una ritenuta esiguità di mezzi per lo svolgimento della attività, oltre che su una asserita prevalenza delle capacità personali rispetto alla struttura organizzativa. In sostanza, ad avviso dell’Ufficio, il requisito della “autonoma organizzazione” vale ad escludere dalla applicazione della imposta solo alcune categorie di soggetti, quali i collaboratori che svolgono attività coordinata e continuativa, facenti parte di una organizzazione diretta da altri, rimanendo sottoposti ad imposizione tutti gli esercenti arti e professione, a prescindere dalla natura e tipo della organizzazione di cui dispongono.

Con il secondo motivo la Agenzia deduce sotto diverso profilo violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 446 del 1997, artt. 2 e 3, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.

Sostiene l’Ufficio che la Commissione ha errato nel ritenere che le attività di lavoro autonomo siano assoggettabili ad IRAP solo quando non siano svolte da professionisti iscritti in appositi albi, sul rilievo della essenzialità dell’ apporto personale del professionista in ordine alla attività espletata, che non potrebbe mai essere surrogata da una struttura organizzativa, che pertanto non potrebbe in nessun caso acquisire carattere di autonomia.

Ad avviso dell’Ufficio, tale tesi è in contrasto con la lettera e lo spirito della legge istitutiva dell’IRAP, anche in relazione alla pronuncia n. 156/2001 della Corte Costituzionale, risolvendosi in una abrogazione tacita parziale della normativa, che risulterebbe inapplicabile per la intera categoria di professionisti sopra citata.

Il contribuente nel controricorso confuta in fatto e diritto le argomentazioni dell’Ufficio.

Con il primo motivo, nel ricorso n. 18821/05 la Agenzia deduce violazione e falsa applicazione della disciplina di cui alla L. n. 289 del 2002, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3.

Espone che la parte, avendo optato per la definizione automatica per gli anni dal 1997 al 2001, ai sensi dell’art. 7 1. 289/2002, aveva reso definitiva la liquidazione delle imposte, ivi compresa l’IRAP, ed aveva pertanto rinunciato ad eventuali cause di esclusione dal tributo, e di conseguenza, ad ogni contenzioso derivante da esso, nonchè, a fortiori, alla istanza di rimborso.

Con il secondo motivo, la Agenzia deduce violazione e falsa applicazione del D.Lgs. 15 dicembre 1977, n. 446, artt. 2, 3, 8, 27 e 36 e artt. 2222 e 2229 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3 con formulazione analoga al primo motivo del ricorso n. 17046/05.

Occorre preliminarmente prendere in considerazione il primo motivo del secondo ricorso, che, avendo il contribuente optato per la definizione automatica ex L. n. 289 del 2002 per gli anni dal 1997 al 2001 compreso, è comune ad entrambe le controversie.

Il motivo è manifestamente fondato.

Deve infatti rammentarsi il consolidato orientamento di questa Corte, secondo cui in tema di condono fiscale e con riferimento alla definizione automatica prevista dalla L. n. 289 del 2002, art. 9 così come dall’art. 7, stessa legge) la presentazione della relativa istanza preclude al contribuente ogni possibilità di rimborso per le annualità di imposte definite in via agevolata, ivi compreso il rimborso di imposte asseritamente inapplicabili per carenza del relativo presupposto (nella specie, IRAP); il condono, infatti in quanto volto a definire “transattivamente” la controversia in ordine alla esistenza di tale presupposto, pone il contribuente di fronte ad una libera scelta tra trattamenti distinti che non si intersecano tra loro, ovverossia coltivare la controversia nei modi ordinari, conseguendo se del caso il rimborso della somme indebitamene pagate, oppure corrispondere quanto dovuto per la definizione agevolata, ma senza possibilità di riflessi o interferenze con quanto eventualmente corrisposto in via ordinaria. (v. per tutte Cass. n. 3682 del 2007).

Alla stregua di tali principi, che si condividono, il motivo deve essere accolto in ordine ad entrambi i giudizi riuniti.

Non osta all’accoglimento il fatto che nel primo ricorso, portante il n. 17046/2005, la Agenzia non aveva sollevato la censura di cui sopra, in quanto la questione è rilevabile d’ufficio (v. Cass. n. 25239 del 2007).

I restanti motivi di entrambi i giudizi rimangono assorbiti.

La sentenze devono essere cassate senza rinvio, in quanto i giudizi non dovevano essere proseguiti essendo intervenuta cessata materia del contendere per intervenuto condono ai sensi della L. n. 289 del 2002, art. 9 con conseguente reiezione dei ricorsi introduttivi del contribuente.

La definizione dei procedimenti riuniti tramite condono giustifica la compensazione delle spese in entrambi.

P.Q.M.

La Corte, decidendo sui procedimenti riuniti n. 17046/05 RG e 18821 RG, accoglie il primo motivo del ricorso n. 18821/05 R.G. con riferimento ad entrambi i giudizi, dichiara assorbiti gli altri motivi: in relazione al motivo accolto cassa senza rinvio le sentenze impugnate e rigetta i ricorsi introduttivi del contribuente; compensa le spese dei procedimenti.

Così deciso in Roma, il 18 dicembre 2009.

Depositato in Cancelleria il 26 gennaio 2010

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