Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14827 del 20/07/2016


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Cassazione civile sez. III, 20/07/2016, (ud. 02/03/2016, dep. 20/07/2016), n.14827

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CHIARINI Maria Margherita – Presidente –

Dott. SESTINI Danilo – Consigliere –

Dott. RUBINO Lina – Consigliere –

Dott. CIRILLO Francesco Maria – rel. Consigliere –

Dott. ESPOSITO Antonio Francesco – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 13195/2014 proposto da:

B.F., (OMISSIS) non in proprio ma nella qualità di

amministratore di sostegno, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA

DELLE CELIDONIE 25, presso lo studio dell’avvocato MARCO COSTANTINI,

che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato CRISTIANA

OLIVIERI giusta procura speciale in calce al ricorso;

– ricorrenti –

contro

G.I. (OMISSIS), G.G. (OMISSIS),

elettivamente domiciliati in ROMA, VIA MUZIO CLEMENTI 18, presso lo

studio dell’avvocato FIORENZO CROLLINO, rappresentati e difesi

dall’avvocato RITA PANNACCI giusta procura speciale a margine del

controricorso;

B.F. (OMISSIS) non in proprio ma nella qualità di

amministratore di sostegno di BA.SA., elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA DELLE CELIDONE 25, presso lo studio

dell’avvocato MARCO COSTANTINI, che lo rappresenta e difende

unitamente all’avvocato CRISTIANA OLIVIERI giusta procura speciale

in calce al ricorso principale;

– controricorrenti –

e contro

EDIL C. SRL (OMISSIS);

– intimati –

nonchè da:

EDIL C. SRL (OMISSIS) in persona del legale rappresentante pro

tempore C.F., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA SIMON

BOCCANEGRA 8, presso lo studio dell’avvocato FABIO GIULIANI, che la

rappresenta e difende giusta procura speciale in calce al

controricorso e ricorso incidentale;

– ricorrente incidentale –

contro

G.I. (OMISSIS), G.G. (OMISSIS),

B.F. (OMISSIS);

– intimati –

avverso la sentenza n. 625/2013 della CORTE D’APPELLO di PERUGIA,

depositata il 16/12/2013;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

02/03/2016 dal Consigliere Dott. FRANCESCO MARIA CIRILLO;

udito l’Avvocato MARCO COSTANTINI;

udito l’Avvocato RITA PANNACCI;

udito l’Avvocato FABIO GIULIANI;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

FRESA Mario, che ha concluso per l’accoglimento del 1 motivo di

ricorso principale, l’inammissibilità del ricorso incidentale.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. Ba.Sa. convenne in giudizio la s.r.l. Edil C. davanti al Tribunale di Perugia, Sezione distaccata di Gubbio, chiedendo che fosse riconosciuto il suo diritto di riscatto agrario, in qualità di proprietario coltivatore diretto di un fondo confinante, in relazione ad un terreno che G.G. ed I. avevano venduto alla società convenuta asseritamente in violazione del diritto di prelazione dell’attrice.

Rimasta contumace la società convenuta, il Tribunale, espletata l’istruttoria, accolse la domanda e dichiarò la Ba. proprietaria del fondo riscattato a condizione che ne versasse il prezzo entro i tre mesi dal passaggio in giudicato della sentenza.

2. La sentenza è stata appellata dalla s.r.l. Edil C. la quale ha rilevato preliminarmente la nullità dell’atto di citazione di primo grado e, di conseguenza, dell’intero giudizio di primo grado, contestualmente chiedendo di poter chiamare in causa i venditori G., i quali si sono costituiti chiedendo il rigetto della domanda di riscatto.

2.1. La Corte d’appello di Perugia ha pronunciato due sentenze.

Con la prima, non definitiva, del 10 maggio 2011, ha accolto l’eccezione di nullità dell’atto di citazione introduttivo del giudizio di primo grado sollevata dalla società appellata, per violazione dell’art. 163 c.p.c., n. 7) e, rilevata la non riconducibilità del caso ad una delle ipotesi di cui all’art. 354 c.p.c., ha disposto il rinnovo dell’intero giudizio, compresa l’istruttoria svolta in primo grado, per violazione del principio del contraddittorio. A seguito di tale decisione, è stata fissata un’udienza per l’esame dei testi ammessi, i quali però non sono stati regolarmente citati per quell’udienza a causa, secondo la difesa della Ba., di un errore nella notifica a mezzo di posta elettronica certificata. Dopo di che la Corte, revocando l’ordinanza del consigliere istruttore che aveva ammesso l’espletamento successivo della prova, ha dichiarato l’appellata Ba. decaduta dalla prova stessa.

2.2. Con la seconda sentenza, definitiva, del 16 dicembre 2013, la Corte d’appello ha accolto il gravame e, in totale riforma della decisione del Tribunale, ha dichiarato la Ba. decaduta dal diritto di riscatto in conseguenza del tardivo esercizio dello stesso, condannandola al pagamento delle spese dei due gradi di giudizio.

La Corte territoriale con la seconda sentenza ha innanzitutto confermato la propria ordinanza di decadenza dell’appellata dalla prova, rilevando che la mancata visualizzazione del file allegato al messaggio di posta elettronica certificata contenente la comunicazione dell’ordinanza ammissiva della prova era dipesa da un’errata configurazione del computer in uso al difensore, circostanza che non poteva certamente ritenersi come un errore scusabile.

Ha quindi osservato la Corte che – dovendosi dare per rinunciate, siccome non riproposte in sede di precisazione delle conclusioni, le eccezioni di incompetenza – la lettera raccomandata del 6 ottobre 2000 con la quale la Ba. aveva comunicato la sua volontà di riscatto risultava sottoscritta dal solo difensore della stessa, per cui non era valida ai fini dell’esercizio del diritto. Poteva viceversa valere, a quel fine, il successivo atto di citazione notificato a mezzo posta il 14 maggio 2001, dotato delle caratteristiche idonee a qualificarlo anche come riscatto e da ritenere tempestivo – a norma della L. n. 590 del 1965, art. 8, comma 4 – poichè la trascrizione dell’atto di vendita compiuto in violazione del diritto di prelazione era avvenuta il 24 maggio 2000 o in data anteriore, ma comunque era stata richiesta il 16 maggio 2000 (mentre l’atto era stato stipulato il precedente 10 maggio 2000).

Tanto premesso, la Corte perugina ha però rilevato che l’atto di citazione – siccome dichiarato nullo con la sentenza non definitiva, non impugnata e perciò passata in giudicato – non poteva essere considerato valido agli effetti sostanziali, “consistenti nella sua idoneità a determinare il valido esercizio del diritto di riscatto nel termine annuale dalla trascrizione dell’atto di vendita impugnato”. Richiamando la giurisprudenza di questa Corte sul punto, la Corte di merito ha osservato che la sanatoria della nullità dell’atto di citazione introduttivo del giudizio di primo grado, ai sensi dell’art. 156 c.p.c., comma 3, per effetto dalla proposizione dell’atto di appello deve ritenersi come sanatoria ex nunc, perchè altrimenti si sarebbe determinata una grave lesione del principio del contraddittorio. Di conseguenza, la dichiarazione della Ba. valida ai fini del riscatto doveva essere considerata solo quella intervenuta con la proposizione dell’atto di appello e decorrente, quindi, dal 2008, in epoca ben successiva rispetto al termine annuale fissato dalla legge per l’esercizio del diritto di riscatto agrario dal quale l’appellata era, pertanto, da ritenere decaduta.

3. Avverso la sentenza definitiva della Corte d’appello di Perugia ha proposto ricorso principale B.F., nella qualità di amministratore di sostegno di Ba.Sa., con atto affidato a quattro motivi.

Resistono la Edil C. s.r.l. con controricorso contenente ricorso incidentale condizionato affidato a quattro motivi, nonchè G.G. ed I. con unico separato controricorso.

Il ricorrente principale resiste con controricorso al ricorso incidentale condizionato.

Il ricorrente principale e la ricorrente incidentale hanno depositato memorie.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Ricorso principale. 1. Con il primo motivo del ricorso principale si lamenta, in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), violazione e falsa applicazione della L. 26 maggio 1965, n. 590, art. 8, della L. 8 gennaio 1979, n. 2, art. unico, nonchè degli artt. 2966 e 2967 c.c..

Osserva il ricorrente che il riscatto è, per pacifica giurisprudenza, un atto recettizio, che la legge prevede possa essere compiuto entro un anno dalla trascrizione dell’atto lesivo del diritto di prelazione. Nella specie, la Corte d’appello avrebbe errato nel ritenere che, dichiarata la nullità dell’atto di citazione di primo grado per vizi di natura processuale, lo stesso non potesse valere da un punto di vista sostanziale, cioè come valido esercizio del diritto di riscatto. Infatti, le decadenze che si determinano in conseguenza dell’efficacia ex nunc della sanatoria dell’atto di citazione per effetto della proposizione dell’appello “sono soltanto quelle strettamente connesse all’atto di citazione, ovvero al suo aspetto endoprocessuale in senso stretto”. Nel caso del riscatto agrario, invece, la dichiarazione unilaterale recettizia di carattere negoziale avrebbe “piena autonomia rispetto all’atto di citazione che la contiene” ed avrebbe raggiunto il suo scopo una volta pervenuta a conoscenza del soggetto riscattato. La giurisprudenza, del resto, riconosce che la notifica dell’atto di citazione ha effetti non solo processuali, ma anche sostanziali. La Corte di merito, quindi, non avrebbe dovuto dichiarare la Ba. decaduta dal diritto di riscatto.

2. Con il secondo motivo del ricorso principale si lamenta, in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4), violazione e falsa applicazione dell’art. 2909 c.c. e degli artt. 164, 156 e 159 c.p.c..

La censura è articolata in due parti. Con la prima, si lamenta che la Corte d’appello avrebbe erroneamente affermato che la sanatoria conseguente alla proposizione dell’atto di appello abbia effetti ex nunc anzichè ex tunc. La nullità dell’atto introduttivo del giudizio, com’è avvenuto nella specie, per mancanza dell’avvertimento di cui all’art. 163 c.p.c., n. 7), “non ha certo determinato la mancata conoscenza della parte sostanziale della domanda”, ma ha avuto soltanto effetti negativi di carattere processuale; ciò comporta, secondo il ricorrente, che la Corte d’appello avrebbe dovuto applicare l’art. 164 c.p.c., somma 2, con sanatoria retroattiva della nullità. Con la seconda parte della censura si osserva che l’affermazione della sentenza definitiva circa la natura non retroattiva della sanatoria non avrebbe, nella specie, efficacia di giudicato, in quanto risulta solo dalla motivazione e non dal dispositivo.

3. Ragioni di economia processuale consigliano di esaminare insieme i primi due motivi del ricorso principale limitando l’esame alla prima questione, da sola idonea a risolvere la causa.

3.1. A tal fine è bene ricapitolare i passaggi salienti della vicenda processuale all’esame di questa Corte, nei termini seguenti: 1) il diritto di riscatto agrario può essere esercitato, sussistendone i requisiti formali e sostanziali, anche tramite l’atto di citazione e, nel caso di specie, la sentenza definitiva della Corte d’appello ha affermato, con accertamento non contestato, che tali requisiti sussistevano, per cui è ormai indiscutibile che la Ba. avesse in tal modo esercitato il riscatto. 2) L’originario atto di citazione del giudizio di primo grado è stato dichiarato nullo con la sentenza non definitiva della Corte d’appello per assenza dell’avvertimento di cui all’art. 163 c.p.c., n. 7), con conseguente nullità dell’intero giudizio di primo grado e rinnovazione dello stesso in grado di appello; la sentenza non definitiva non è stata impugnata. 3) Dalla nullità dell’originario atto di citazione la Corte perugina ha tratto la conseguenza che, essendo ormai passata in giudicato la sentenza non definitiva, quell’atto di citazione non poteva avere alcun valore neppure ai fini sostanziali, per cui il diritto di riscatto doveva ritenersi validamente esercitato solo con l’atto di appello, notificato ben oltre il termine annuale fissato dalla legge.

Tanto premesso in punto di fatto, la questione giuridica sulla quale questa Corte è chiamata a pronunciarsi consiste nello stabilire se, una volta esercitato il diritto di riscatto agrario con l’atto di citazione in giudizio, tale atto mantenga o meno i suoi effetti sostanziali anche in caso di dichiarazione di nullità dello stesso (e di nullità derivata dell’intero giudizio di primo grado).

In altri termini, si tratta di decidere se la nullità dell’atto di citazione di primo grado per vizi di natura processuale – nella specie, come si è detto, per l’omesso avvertimento di cui all’art. 163 c.p.c., n. 7) – determini un’invalidità dello stesso anche ai fini sostanziali.

A tale domanda la Corte d’appello ha dato risposta nel senso estensivo, ritenendo che l’atto di citazione dichiarato nullo non potesse più valere nemmeno come atto di esercizio del riscatto.

3.2. La tesi della Corte d’appello non può essere condivisa.

Ed invero è pacifica la giurisprudenza di questa Corte che, in materia di atti sostanziali recettizi (estranea a quella dei contratti agrari), riconosce all’atto di citazione, sebbene viziato a fini processuali, l’attitudine ad esplicare ugualmente effetti giuridici sostanziali (si pensi alla costituzione in mora e, in genere, all’interruzione della prescrizione, mediante atto giudiziale, sulle quali v., tra le altre, le sentenze 7 agosto 1989, n. 3616, e 14 giugno 2007, n. 13966).

D’altro canto, proprio nella materia dei contratti agrari questa Corte ha già riconosciuto che, essendo il diritto di riscatto un diritto potestativo che si esercita tramite una dichiarazione unilaterale recettizia di contenuto negoziale (v. le sentenze 27 novembre 2006, n. 25130, e 3 gennaio 2014, n. 40), ove tale esercizio avvenga con la domanda giudiziale, la successiva estinzione del processo non toglie efficacia alla dichiarazione e non comporta la decadenza dal diritto di riscatto, in quanto il suo pervenire nella sfera giuridica del destinatario (retrattato) determina ex lege l’acquisto della proprietà del fondo in capo al retraente (v. le sentenze 11 febbraio 1989, n. 863, 16 giugno 1990, n. 6058, 18 luglio 1991, n. 7969, e, da ultimo, la sentenza 24 ottobre 2011, n. 21977).

Questa giurisprudenza deve essere applicata anche in relazione al caso in esame, perchè la logica è la medesima: una volta che la dichiarazione recettizia di riscatto agrario è giunta a conoscenza del destinatario, il diritto potestativo è stato esercitato e l’effetto sostanziale raggiunto, con la conseguenza che la nullità dell’atto di citazione per motivi di carattere processuale non può eliminare quegli effetti. Ciò comporta l’irrilevanza della irrevocabilità che consegue, nel caso specifico, alla mancata impugnazione della sentenza non definitiva che ha dichiarato la nullità dell’atto di citazione (art. 361 c.p.c.), giacchè l’effetto sostanziale che è in discussione rimane comunque fermo.

3.3. Dal complesso delle argomentazioni svolte fin qui deriva che la seconda parte del primo motivo del ricorso principale è fondata, con conseguente assorbimento del secondo motivo.

La sentenza impugnata, pertanto, deve essere cassata in relazione alla censura accolta, enunciandosi il seguente principio di diritto:

“Il diritto potestativo di riscatto agrario di cui della L. 26 maggio 1965, n. 590, art. 8, comma 5, per il cui esercizio è necessaria una dichiarazione (unilaterale) recettizia di carattere negoziale, può essere esercitato anche mediante la notifica dell’atto di citazione introduttivo del giudizio di primo grado; tale manifestazione di volontà, una volta giunta a conoscenza del destinatario, mantiene i suoi effetti sostanziali anche in caso di nullità dell’atto di citazione per vizi di carattere processuale”.

4. Con il terzo motivo del ricorso principale si lamenta, in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4), nullità della sentenza e del procedimento in riferimento all’art. 153 c.p.c., comma 2 e art. 208 c.p.c..

La doglianza riguarda la parte della sentenza definitiva con la quale la Corte d’appello ha dichiarato la Ba. decaduta dalla prova anzichè riconoscere la scusabilità dell’errore. Con una complessa ricostruzione in fatto della vicenda, il motivo in esame pone in evidenza che l’avviso da parte della cancelleria della Corte d’appello, tramite PEC, della fissazione di un’udienza per l’audizione dei testi conteneva vari allegati, alcuni dei quali non furono aperti per un’irregolarità del loro formato elettronico (file pdf.zip) che non riportava l’icona identificativa del documento da leggere. Tale circostanza era stata dimostrata, secondo il,ricorrente, da apposita c.t. di parte prodotta davanti alla Corte d’appello. La valutazione sulla scusabilità dell’errore sarebbe, pertanto, errata.

5. Con il quarto motivo del ricorso principale si lamenta, in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4), nullità della sentenza e del procedimento in riferimento all’art. 136 c.p.c., comma 2, del D.M. 21 febbraio 2011, n. 44, artt. 12 e 34, nonchè dell’art. 16, comma 3 e art. 17, commi 1 e 2, del regolamento 18 luglio 2011 del Ministero della giustizia.

La violazione lamentata dal ricorrente deriva dalla presunta violazione dei formati elettronici con i quali possono essere compiute le comunicazioni di cancelleria. Dopo aver ribadito che l’ordinanza della Corte d’appello di decadenza dalla prova avrebbe erroneamente richiamato l’art. 149-bis c.p.c., anzichè l’art. 136 c.p.c., attinente le comunicazioni di cancelleria, il motivo in esame lamenta che la mancata apertura del file contenente l’ordinanza istruttoria sarebbe dovuta al formato elettronico pdf.zip assunto nella comunicazione tramite PEC, mentre le norme suindicate ammettono solo la trasmissione del file nel formato PDF. 6. I due motivi, da trattare congiuntamente in quanto tra loro strettamente connessi, sono entrambi privi di fondamento.

La Corte d’appello, nel confermare la decadenza della Ba. dall’assunzione dei mezzi istruttori già decisa con ordinanza, nella sentenza definitiva in esame ha ribadito che la mancata visualizzazione del file allegato era dipesa da un’errata configurazione del computer in uso al difensore. Tale accertamento in fatto, non più discutibile in questa sede, contiene anche una valutazione sulla scusabilità dell’errore, ritenuto nella specie inescusabile; e simile valutazione appartiene tipicamente al giudice di merito, il cui giudizio non è sindacabile in questa sede a meno che non sia del tutto immotivato o privo di una logica motivazione.

Nel caso di specie, poi, la parte ricorrente ammette di aver ricevuto l’avviso e costruisce la propria censura essenzialmente dolendosi del fatto che il formato utilizzato per la comunicazione (pdf.zip) non sarebbe previsto dalla normativa vigente in materia di comunicazioni telematiche.

I richiami normativi, però, non giovano alla parte ricorrente.

E’ noto, infatti, che il formato zip non muta il contenuto del documento, ma serve soltanto al fine di comprimere il file in sede di trasmissione, in modo che occupi uno spazio minore; non è, in questo senso, un formato diverso. Ne consegue che, alla luce delle “Specifiche tecniche” di cui del D.M. n. 44 del 2011, art. 34, richiamato nel motivo in esame – tanto nel testo vigente all’epoca dei fatti di causa (decreto del 18 luglio 2011) quanto in quello attualmente vigente (provvedimenti del 16 aprile 2014 e 28 dicembre 2015) – risulta infondata la doglianza sulla scusabilità dell’errore, potendosi esigere dal difensore l’utilizzo di un’idonea configurazione del computer tale da consentire l’accesso al formato compresso.

E’ appena il caso di aggiungere, infine, che il semplice onere di diligenza che grava sul difensore avrebbe dovuto consigliare, in caso di dubbio, di rivolgersi alla cancelleria del giudice per risolvere il problema, eventualmente chiedendo una nuova trasmissione, tanto più che si era in una fase ancora iniziale delle comunicazioni telematiche (non risulta che ciò sia in alcun modo avvenuto).

Il terzo ed il quarto motivo del ricorso principale, pertanto, devono essere respinti.

Ricorso incidentale condizionato.

7. L’accoglimento, sia pure parziale, del ricorso principale impone di prendere in esame anche il ricorso incidentale condizionato.

Riguardo a questo, sono innanzitutto da respingere le eccezioni di inammissibilità sollevate dal ricorrente principale nel proprio controricorso, sotto entrambi i profili proposti.

E’ infondata l’eccezione di carenza della procura speciale, poichè è evidente che la stessa, sottoscritta in calce all’atto contenente il ricorso incidentale, forma un corpo unico con esso e contiene sicuri riferimenti alla sentenza oggetto di impugnazione, sicchè risponde pienamente ai requisiti di specialità richiesti dall’art. 365 c.p.c..

Altrettanto infondata è l’eccezione di presunta carenza dell’interesse all’impugnazione, perchè tale interesse deve ritenersi insorto per il semplice fatto che sia stato accolto il primo motivo del ricorso principale, venendo messa in discussione la decisione della Corte d’appello che vedeva vincitrice la società Edil C., oggi ricorrente incidentale.

8. Tanto premesso, si rileva che i primi tre motivi del ricorso incidentale condizionato lamentano – in relazione a vizi di violazione di norme processuali (primo motivo), ad un presunto vizio di omesso esame di un fatto decisivo (secondo motivo) e ad una mancanza di motivazione che si tradurrebbe in violazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4), (terzo motivo) – il fatto che la Ba. avrebbe prodotto solo tardivamente, cioè in comparsa conclusionale, l’atto di compravendita oggetto di riscatto con l’annessa nota di trascrizione. In altre parole, solo tardivamente la riscattante avrebbe dato la prova di una circostanza essenziale, e cioè che il riscatto fosse stato esercitato entro l’anno dalla data di trascrizione della vendita compiuta in violazione del diritto di prelazione.

La ricorrente incidentale aggiunge di avere tempestivamente eccepito tale tardività nella sua comparsa conclusionale e rileva che la Corte d’appello non avrebbe dovuto tenere conto di tale documentazione tardiva. Tale rilievo sarebbe decisivo e la motivazione sul punto sarebbe del tutto assente.

8.1. Osserva il Collegio che i primi tre motivi di ricorso sono inammissibili.

Dalla lettura della sentenza impugnata non si trae alcun elemento idoneo ad affermare che le questioni poste in questa sede siano state tempestivamente sottoposte alla Corte d’appello, giacchè la sentenza nulla dice su questo punto, limitandosi a dare atto che l’atto di citazione era stato notificato in data 14 maggio 2001 e che la trascrizione dell’atto di compravendita oggetto di riscatto era stata richiesta il 16 maggio 2000 ed effettuata il 24 maggio 2000, o in data ancora antecedente.

Rileva il Collegio che dal testo del controricorso della società Edil C., del resto (v. p. 4), risulta che la stessa, soccombente in primo grado, aveva chiesto alla Corte d’appello di dichiarare la nullità dell’atto di citazione di primo grado, di dichiarare l’incompetenza del Tribunale di Perugia, Sezione distaccata di Gubbio, di consentire la chiamata in causa dei terzi venditori e di “dichiarare la decadenza dell’azione proposta in primo grado dalla signora Ba. e comunque rigettare le domande tutte avanzate dalla Ba. perchè infondate”.

Ora, la generica indicazione “dichiarare la decadenza” non è sufficiente, in questa sede, a dimostrare che le ragioni di cui ai motivi in esame, ed in particolare la decadenza di cui della L. n. 590 del 1965, art. 8, comma 5, fossero identiche a quelle poste alla Corte d’appello; il ricorso, cioè, risulta formulato in modo non osservante dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6), giacchè questa Corte non è messa in condizioni di valutare se le questioni poste in questa sede non siano, eventualmente, nuove, in tutto o in parte, tanto più che la Corte d’appello ha effettivamente dichiarato la Ba. decaduta dall’esercizio del riscatto, ma per ragioni del tutto diverse (e dichiarate erronee).

Da tanto consegue che i primi tre motivi del ricorso incidentale condizionato sono inammissibili.

9. Con il quarto motivo di ricorso incidentale si lamenta, in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4), violazione degli artt. 112 e 189 c.p.c., sostenendo che la Corte d’appello avrebbe errato nel considerare abbandonate le eccezioni di incompetenza per territorio del Tribunale di Perugia in favore di quello di Roma e l’inosservanza delle regole di riparto della competenza fra sede centrale e sezioni distaccate (nella specie, Gubbio). Sul punto vi sarebbe omissione di pronuncia.

9.1. Il motivo è inammissibile per carenza di interesse.

Ed invero, la questione sulla competenza era stata effettivamente posta alla Corte d’appello con l’atto di impugnazione, ma la sentenza impugnata non l’ha affrontata, nè risulta che abbia detto alcunchè su tale problema. Tuttavia, trattandosi del riparto di competenza tra la sede centrale del Tribunale di Perugia e la Sezione distaccata di Gubbio del medesimo Tribunale – giacchè dallo stesso ricorso incidentale (v. p. 4) risulta che solo questa era stata l’eccezione proposta – è evidente che il giudizio di appello si sarebbe comunque dovuto incardinare davanti alla Corte d’appello di Perugia, il che rende priva di rilievo in questa sede l’omissione contenuta nella sentenza qui impugnata.

Conclusioni. 10. In conclusione, è accolto il primo motivo del ricorso principale, con assorbimento del secondo; sono rigettati il terzo ed il quarto motivo del ricorso principale ed è dichiarato inammissibile il ricorso incidentale condizionato.

La sentenza impugnata è cassata in relazione e il giudizio è rinviato alla Corte d’appello di Perugia, in diversa composizione personale, la quale deciderà attenendosi al principio di diritto sopra enunciato.

Al giudice di rinvio è demandato anche il compito di liquidare le spese del presente giudizio di cassazione.

PQM

La Corte accoglie il primo motivo del ricorso principale, assorbito il secondo, rigetta il terzo ed il quarto motivo del ricorso principale; dichiara inammissibile il ricorso incidentale condizionato; cassa la sentenza impugnata in relazione e rinvia alla Corte d’appello di Perugia, in diversa composizione personale, anche per la liquidazione delle spese del giudizio di cassazione.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile, il 2 marzo 2016.

Depositato in Cancelleria il 20 luglio 2016

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