Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14825 del 30/06/2014


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Civile Sent. Sez. 2 Num. 14825 Anno 2014
Presidente: ODDO MASSIMO
Relatore: CORRENTI VINCENZO

SENTENZA

sul ricorso 15861-2008 proposto da:
BELLON

DIANA

BLLDNI53P411008T,

elettivamente

domiciliata in ROMA, VIA GIACOMO PUCCINI 10, presso lo
studio

dell’avvocato

FERRI

GIANCARLO,

che

la

rappresenta e difende unitamente all’avvocato MAERO
GIANCARLO;
– ricorrente –

2014
contro

1135

BOTTO

CLARA,

SEIMANDI

ANGELA,

elettivamente

domiciliati in ROMA, VIA QUINTO AURELIO SIMMACO 7OSTIA, presso lo studio dell’avvocato NERI NICOLA, che

Data pubblicazione: 30/06/2014

li rappresenta e difende unitamente all’avvocato
BASSIGNANO GIUSEPPE;
– controri correnti nonchè contro

CIANCI POTITO;

avverso la sentenza n. 988/2007 della CORTE D’APPELLO
di TORINO, depositata il 18/06/2007;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 30/04/2014 dal Consigliere Dott. VINCENZO
CORRENTI;
udito l’Avvocato NERI Nicola, difensore dei resistenti
che ha chiesto il rigetto del ricorso deposita nota
spese;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. ROSARIO GIOVANNI RUSSO che ha concluso
per il rigetto del ricorso e condanna alle spese.

– intimato –

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con ricorso depositato il 10.11.2003 Bellon Diana in Omento chiedeva ex art. 703
cpc la tutela nel possesso di una servitù di passaggio e di acquedotto in favore di
alcuni terreni in Scarnafigi in catasto al f. XIV nn. 71, 120, 121 lamentando che il
14.11.2000 Botto Clara, mettendo la propria autovettura di traverso sulla strada

Cianci le avevano intimato di non transitare più sulla strada interpoderale, sulla quale
anche i danti causa avevano esercitato il transito.
Per irrigare i terreni era sempre esistita una servitù di adduzione di acqua per mezzo
di un fosso che conduceva le acque del Consorzio irriguo Canale del Mulino e
lamentava che i convenuti avevano canalizzato il fosso installando tubi e
posizionando un tombino con interruzione del flusso prima che l’acqua giungesse ai
suoi fondi.
I convenuti resistevano e, con sentenza 10.12.2003, il tribunale rigettava la domanda
possessoria, decisione confermata dalla Corte di appello di Torino con sentenza
18.6.2007.
La Corte territoriale, premesso che con ordinanza 1.7.2005 aveva ammesso la prova
testimoniale oggetto di richiesta col primo motivo di appello ma tempestivamente
dedotta in primo grado, rilevava che le testimonianze nulla di nuovo avevano portato
e persisteva l’incertezza sull’effettivo passaggio e sulla servitù di acquedotto.
Ricorre la Bellon con due motivi, il secondo variamente articolato, resistono
Seimandi Angela e Botto Clara.
MOTIVI DELLA DEISIONE.
Col primo motivo si denunzia violazione degli artt. 416 e 437 cpc con riferimento
anche all’art. 24 Cost. perché era stato chiesto all’udienza di precisazione delle
conclusioni di produrre ctu espletata in altro procedimento, richiesta non accolta con

interpoderale, aveva impedito il transito al marito e che dopo tale episodio i coniugi

la conclusione finale che il documento è di fondamentale importanza perché dimostra
l’esistenza di una servitù di acquedotto ed il relativo uso e quesiti sulla possibilità di
produrre i documenti salva la dichiarazione di inutilizzabilità ed in particolare della
ctu in altro giudizio, prova atipica.
Col secondo motivo si deducono vizi di motivazione circa il possesso della servitù di

escludere la possibilità del ricorrente di far transitare l’acqua per cui deve ritenersi
non contestato l’uso del canale, con relativo momento di sintesi; vizi di motivazione
e superficiale valutazione delle prove, parzialmente riportate circa il possesso della
servitù di passaggio.
Ciò premesso, si osserva:
La sentenza impugnata ha statuito che la prova in appello nulla di nuovo aveva
apportato e persisteva l’incertezza sull’esercizio del possesso sia relativamente al
passaggio che all’acquedotto.
Ne deriva il rigetto del primo motivo posto che la ctu di altro giudizio poteva semmai
dar conto della situazione dei luoghi ma non dell’esercizio di un possesso tutelabile;
né i quesiti sono pertinenti, risultando dal ricorso che la difesa dell’appellante aveva
chiesto di poter produrre la ctu, che controparte si era opposta perché non inerente
alla causa e tardiva e la Corte non aveva autorizzato la produzione non trattandosi di
documenti nuovi ma di atti di altro processo, senza indicazione di ulteriori richieste.
Sul secondo motivo si deduce:
Questa Corte suprema non ignora che, per la configurabilità del possesso (“ad
usucapionem”), è necessaria la sussistenza di un comportamento continuo, e non
interrotto, inteso inequivocabilmente ad esercitare sulla cosa, per tutto il tempo
all’uopo previsto dalla legge, un potere corrispondente a quello del proprietario o del
titolare di uno “ius in re aliena” ( “ex plurimis” Cass. 9 agosto 2001 n.11000), un

acquedotto perché controparte non ha proposto alcuna domanda riconvenzionale per

potere di fatto, corrispondente al diritto reale posseduto, manifestato con il
compimento puntuale di atti di possesso conformi alla qualità e alla destinazione
della cosa e tali da rilevare, anche esternamente, una indiscussa e piena signoria
sulla cosa stessa contrapposta all’inerzia del titolare del diritto (Cass. 11 maggio
1996 n. 4436, Cass. 13 dicembre 1994 n. 10652).

ordine alla validità degli eventi dedotti dalla parte, al fine di accertare se, nella
concreta fattispecie, ricorrano o meno gli estremi di un possesso legittimo, idoneo a
condurre all’usucapione (Cass. 1 agosto 1980 n. 4903, Cass. 5 ottobre 1978 n.
4454)..
E’ principio pacifico che il vizio di omessa, insufficiente e contraddittoria
motivazione si configura solo quando nel ragionamento del giudice di merito sia
riscontrabile il mancato o insufficiente esame di punti decisivi ed alla cassazione
della sentenza si può giungere solo quando la motivazione sia incompleta,
incoerente ed illogica e non quando il giudice del merito abbia valutato i fatti in
modo difforme dalle aspettative e dalle deduzioni di parte (Cass. 14 febbraio 2003
n. 2222).
Occorre distinguere tra possesso utile ai fini della usucapione e situazione di fatto
tutelabile in sede di azione di reintegrazione o di manutenzione, indipendentemente
dalla prova che spetti un diritto, da parte di chi è privato violentemente od
occultamente della disponibilità del bene.
La relativa legittimazione attiva spetta non solo al possessore uti dominus ma anche
al detentore nei confronti dello spoliator che sia titolare del diritto e tenti di
difendersi opponendo che “feci sed iure feci”.

Né è denunciabile, in sede di legittimità, l’apprezzamento del giudice di merito in

Nella specie, la Corte territoriale ha richiamato la prova orale ammessa in appello
deducendo che nulla di nuovo rispetto alla delibazione negativa già operata dal
tribunale era emerso e persisteva l’incertezza sull’esistenza di un possesso tutelabile.
Non essendo stata data la prova di una situazione di fatto, protrattasi per un periodo
di tempo apprezzabile ed avente i caratteri esteriori di un diritto reale (Cass. I°

ribaltare la decisione impugnata tendendo ad una rilettura delle emergenze
processuali non consentita in questa sede.
Non era necessaria una domanda riconvenzionale dei convenuti, essendo sufficiente
la loro contestazione che imponeva la prova del possesso da parte della ricorrente.
PER QUESTI MOTIVI
La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente alle spese liquidate in euro 4200
di cui 200 per spese vive oltre spese generali ed accesssori.
Roma 30 aprile 2014.
Il consiglier stensore

il Preside re

DEPOSITATO IN CANCELLERN

agosto 2007 n. 16974, 7 ottobre 1991 n. 10470), le odierne censure sono inidonee a

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