Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14824 del 18/06/2010

Cassazione civile sez. trib., 18/06/2010, (ud. 14/05/2010, dep. 18/06/2010), n.14824

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ALTIERI Enrico – Presidente –

Dott. BERNARDI Sergio – Consigliere –

Dott. PARMEGGIANI Carlo – rel. Consigliere –

Dott. MELONCELLI Achille – Consigliere –

Dott. BERTUZZI Mario – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 24379-2006 proposto da:

N.A.M., elettivamente domiciliata in ROMA LUNGOTEVERE

FLAMINIO 46, presso lo studio legale GREZ, rappresentata e difesa

dall’avvocato HOFER FELIX, giusta delega in calce;

– ricorrente –

contro

COMUNE DI (OMISSIS) in persona del Sindaco pro tempore, elettivamente

domiciliato in ROMA VIA DEL VIMINALE 43, presso lo studio

dell’avvocato LORENZONI FABIO, rappresentato e difeso dall’avvocato

ERCI SAURO, giusta delega a margine;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 24/2006 della COMM. TRIB. REG. di FIRENZE,

depositata il 06/04/2006;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

14/05/2010 dal Consigliere Dott. CARLO PARMEGGIANI;

udito per il ricorrente l’Avvocato HOFER, che ha chiesto

l’accoglimento;

udito per il resistente l’Avvocato ERCI, che ha chiesto il rigetto;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

MATERA Marcello che ha concluso per il rigetto di entrambi i

ricorsi.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con separati avvisi di accertamento il Comune di (OMISSIS) rettificava in aumento la Imposta Comunale sugli Immobili per gli anni 1999 e 2000 relativa a terreni di proprietà di N.A.M. ubicati nel territorio del comune, già qualificati come aree fabbricabili, e determinava la differenza di imposta dovuta dalla predetta oltre sanzioni ed interessi.

La contribuente impugnava gli avvisi innanzi alla Commissione Tributaria Provinciale di Firenze, sostenendo la nullità dei medesimi per carenza di motivazione ed in subordine per vizi attinenti alla deliberazione del Comune che aveva determinato i valori medi dei terreni edificatoli.

La Commissione , riuniti i ricorsi, annullava gli avvisi per difetto di motivazione.

Proponeva appello principale il Comune ed incidentale subordinato la contribuente.

La Commissione Tributaria Regionale della Toscana con sentenza n. 24 in data 19-1-06, depositata il 6-4-06, accoglieva l’appello principale del Comune e respingeva i ricorsi introduttivi della contribuente. Avverso la sentenza propone ricorso per cassazione la contribuente, con sei motivi. Il Comune resiste con controricorso. Entrambe le parti depositano memorie.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo la contribuente deduce violazione della L. n. 341 del 1990, art. 3 e L. n. 212 del 2000, art. 7 in relazione a quanto disposto dal D.Lgs. n. 446 del 1997, art. 59, comma 1, lett. G e dal D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 2, lett. b), art. 5, comma 5, art. 11 ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3. Assume che la Commissione di appello aveva ritenuta sufficiente e congrua la motivazione degli avvisi di accertamento, con affermazioni erronee, in quanto non aveva considerato, a differenza del giudice di primo grado, la insufficienza della motivazione stessa a dare conto della fondatezza dei presupposti della pretesa impositiva, con particolare riferimento 1) all’aumento ingiustificato della superficie ritenuta edificabile rispetto a quella considerata dalla ricorrente, con illegittima inclusione di aree non edificabili; 2) al valore di mercato della area fabbricabile indicato dal Comune con il solo riferimento alla delibera della giunta comunale che aveva determinato il valore medio dei terreni, con assenza di motivazione specificamente attinente alla area considerata; 3) alla erronea affermazione che la contribuente non avesse aggiornato il valore dei terreni rispetto alla originaria denuncia; 4) ai criteri seguiti per liquidare in concreto sanzioni ed interessi tra i massimi ed i minimi previsti dal D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 14.

Sostiene la ricorrente che la motivazione addotta dal Comune negli avvisi di accertamento rispetto ai punti considerati era scarna ed erronea, con violazione delle norme citate, ed in particolare nei punti in cui si limita ad applicare al terreno una stima in conformità alla deliberazione di giunta sulla determinazione dei valori medi della aree fabbricabili, prescindendo da una valutazione in concreto del valore di mercato della area in questione, ed in cui aumenta la superficie valutabile come edificabile in dipendenza della decadenza di un piano di lottizzazione che indicava parti non edificabili, senza l’intervento di un nuovo piano attuativo e senza considerare i limiti di edificabilità comunque esistenti in relazione alla natura di terreno.

Formula articolati quesiti di diritto in relazione ai singoli punti sopra menzionati.

Con il secondo motivo, deduce omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia, (art. 360 c.p.c., n. 5) con particolare riguardo alle risultanze in atti relative alla determinazione del valore dell’area di proprietà della ricorrente. Sostiene che la Commissione non ha illustrato in sentenza i criteri seguiti per ritenere congruo il valore dell’area come determinato dal Comune ed in particolare che non aveva dato atto della documentazione prodotta dalla ricorrente cha attestava il carattere scarsamente appetibile della area in questione in quanto in forte dislivello e la valutazione da parte dell’Ufficio del Registro di un terreno simile limitrofo più bassa di quella operata dal Comune.

Con il terzo motivo, deduce omessa pronuncia circa un punto decisivo della controversia ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5, con riguardo alla erroneità della motivazione degli avvisi di accertamento impugnati, sotto il profilo della asserita mancanza di rivalutazione e di denunce di variazione della iniziale dichiarazione ICI. Espone che la Commissione Regionale non aveva preso in considerazione le ragioni esposte in primo grado e reiterate dalla contribuente nell’atto di costituzione in appello circa la effettiva rivalutazione dell’ICI da parte della medesima negli anni precedenti all’accertamento, documentata dai bollettini di versamento.

Con il quarto motivo, deduce omessa pronuncia circa un punto decisivo della controversia ex art. 360 c.p.c., n. 5 con riguardo alla quantificazione della sanzione, indicata dal Comune nella misura del 75% della maggiore imposta richiesta, ad avviso della ricorrente illegittima perchè carente della enunciazione del criterio seguito per la determinazione della medesima, con violazione della L. 7 agosto 1990, n. 241, art. 3, L. 27 luglio 2000, n. 212, art. 7, D.Lgs. n. 504 del 1992, commi 2 e 2 bis in relazione al D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 14, comma 2.

Formula in relazione alla violazione della normativa citata quesito di diritto in ordine alla necessità di indicazione nell’atto impositivo del criterio determinativo della entità delle sanzioni tra il minimo ed il massimo.

Con il quinto motivo di ricorso, deduce omessa pronuncia da parte della Commissione, ex art. 360 c.p.c., n. 5, sull’appello incidentale proposto dalla contribuente su cui, in relazione all’accoglimento dell’appello principale, avrebbe dovuto decidere.

L’appello incidentale concerneva da un lato l’asserito eccesso di potere del Comune nello stabilire con deliberazione di giunta il valore medio delle aree fabbricabili, sia per incompetenza dell’organo deliberante, essendo la materia riservata al consiglio comunale, sia per assunzione di criteri virtuali e teorici in luogo di parametri concreti tratti da dati del libero mercato.

A tale proposito la Commissione aveva ritenuto la irrilevanza della eventuale nullità della delibera “poichè quello che in definitiva conta è la determinazione finale dell’ente che a prescindere dalla delibera ha adottato un prezzo al metro quadro sicuramente in linea con i prezzi di mercato dell’epoca e proprio di appezzamenti similari per destinazione”.

Rileva quindi la contraddittorietà e la insufficienza della motivazione adottata in relazione ai rilievi svolti nell’appello incidentale.

Formula quesiti di diritto relativi alle questioni sollevate nell’appello in questione.

Con il sesto motivo deduce omessa pronuncia circa un punto decisivo della controversia (ex art. 360 c.p.c., n. 5) riguardo alla eccezione, formulata dalla ricorrente, di improcedibilità dell’appello per mancata produzione da parte dell’appellante di copia autentica della sentenza appellata, con violazione degli artt. 347 e 348 c.p.c..

Formula quesito di diritto conforme al disposto di cui all’art 347 c.p.c., comma 2.

Il Comune in controricorso contesta la fondatezza delle argomentazioni della ricorrente.

Occorre in via preliminare procedere all’esame del sesto motivo di gravame, avente natura processuale e diretto ad ottenere declaratoria di improcedibilità dell’appello.

Il motivo è anzitutto inammissibile per carenza di autosufficienza, in quanto la mancanza della copia conforme della sentenza nel fascicolo di parte dell’appellante è solo ” presunta” sulla base di una allegazione di parte appellata non direttamente rilevante a tal fine (e smentita in fatto dal Comune nel controricorso). Comunque è infondato in diritto perchè nel processo tributario a differenza del normale giudizio di cognizione l’onere di allegazione in giudizio di copia conforme della sentenza appellata ricade sulla segreteria della commissione tributaria provinciale, del D.Lgs. n. 546 del 1992, ex art. 53 e non sulla parte appellante. Il primo motivo è infondato. E’ infatti noto che l’obbligo di motivazione degli atti di accertamento in materia tributaria, sia in generale che, nello specifico, con riferimento all’ICI, è assolto ogni qualvolta l’ente impositore esponga chiaramente le ragioni della pretesa fiscale nei suoi elementi essenziali ponendo il contribuente in grado di apprezzarne il merito e quindi di contestarne efficacemente la fondatezza sia in fatto che in diritto. A tal fine è sufficiente la mera enunciazione dei fatti rilevanti, essendo riservata al giudizio di impugnazione la compiuta illustrazione di tali elementi e della relativa prova, secondo i canoni di cui all’art 2697 c.c. (v. Cass, n. 21571 del 2004, n. 22197 del 2004, n. 1150 del 2008).

Nella specie, la Commissione di appello ha fatto corretto uso di tale criterio, concludendo per la sufficienza ed efficacia degli elementi a supporto della pretesa impositiva enunciati negli atti di accertamento. Le argomentazioni di parte ricorrente in ordine ai singoli punti in cui ritiene carente la motivazione degli avvisi è al limite della autosufficienza in quanto si limita a citare frasi staccate di detti avvisi in luogo di una riproduzione integrale della parte motiva degli stessi idonea a consentirne una piena ed immediata valutazione. Peraltro tale lettura è consentita dalla riproduzione effettuata nel controricorso, per cui non vi è contrasto tra le parti circa l’effettivo contenuto della motivazione degli avvisi in esame.

Da tale lettura si evince una compiuta esposizione dei motivi a fondamento della pretesa, secondo la stessa articolazione della ricorrente, e precisamente: 1) il presupposto impositivo costituito dalla superficie della area fabbricabile è stato documentato dal Comune con riferimento ad una visura catastale con misurazione non contestata dalla contribuente. La contestazione della stessa non riguarda il calcolo della effettiva estensione della area, ma l’asserito mancato computo delle porzioni non edificabile, fatto diverso che ha avuto una illustrazione in corso di giudizio, in cui si è acclarato che il piano di lottizzazione da cui derivava il computo di parte ricorrente era decaduto, per cui il comune aveva valutato l’area nel suo complesso, sulla base del semplice dato della esistenza in capo a questa del requisito di edificabilità; 2) il valore venale dell’area è stato calcolato con riferimento ai valori delle aree edificabili ai fini ICI, determinato dal Comune ai sensi del D.Lgs. n. 446 del 1997, art. 59, comma 1, lett. G con indicazione specifica sia della ubicazione della area che della classificazione urbanistica del piano regolatore. Non è quindi esatto che la valutazione sia stata effettuata con criteri astratti e svincolati dal caso concreto come assume la ricorrente. In ogni caso, il parametro evocato è idoneo a fondare di per sè una valutazione venale a fondamento di una pretesa impositiva, in sede di avviso di accertamento. E’ stato infatti ritenuto da giurisprudenza di questa Corte, che si condivide (v, Cass. n. 16702 del 2007) che le deliberazioni comunali effettuate in esecuzione del citato disposto di legge, che concede a tali enti la facoltà di “determinare periodicamente e per zone omogenee i valori venali in comune commercio delle aree fabbricabili, al fine della limitazione del potere di accertamento del Comune qualora la imposta sia versata sulla base di un valore non inferiore a quello predeterminato” pur non dotate di natura imperativa, sono assimilabili agli studi di settore, nel senso che si tratta di fonti di presunzione dedotte da dati di comune esperienza idonei a costituire supporti razionali alla stima ed apprezzabili come indici di valutazione. Ne consegue che, enunciato tale valore medio, è onere del contribuente contestare la validità dell’indice di valutazione con riferimento a caratteristiche particolari e deteriori del terreno, ponendo così le basi di un contraddittorio sull’effettivo e concreto valore dell’area riservato alla fase contenziosa, e non alla fase di accertamento; 3) l’assunto esposto in avviso sul mancato aggiornamento della imposta da parte della contribuente contestato dalla ricorrente con asserzioni e indicazioni peraltro sprovviste del requisito della autosufficienza per genericità, e riaffermato in sede contenziosa dal Comune, è del tutto irrilevante ai fini della validità dell’atto impositivo, in quanto rilievo “obiter dictum” a sè stante non incidente sull’accertamento medesimo; 4) i criteri seguiti per valutare sanzioni ed interessi si fondano su calcoli di legge che si evincono dall’atto (per le sanzioni, un valore medio tra il minimo ed il massimo) e quindi i dati esposti sono idonei a consentire al contribuente una efficace difesa in merito.

Ne consegue che, come ritenuto dal giudice di appello, gli avvisi sono congruamente motivati e quindi sono validi, Anche il secondo motivo non merita accoglimento.

La motivazione addotta dalla Commissione è certamente sintetica, ma non apodittica e da conto della congruità e correttezza della stima operata dal Comune sulla base di elementi concreti e non meramente astratti, facendo riferimento non solo alla valutazione tratta dagli elementi di cui alla delibera comunale (che tuttavia tiene conto del fatto che l’area in questione era compresa tra le aree di espansione e non tra quelle di completamento con congrua riduzione del valore venale stimato) ma anche al prezzo di mercato effettivo, tramite la produzione in giudizio di “contratti di compravendita relativi a terreni edificatoli aventi le medesime caratteristiche di quelli in contesto”. Tale decisivo punto non è stato trattato nel motivo, che fa esclusivo riferimento a presunte caratteristiche negative del terreno in quanto posto in pendio ed ad una differente valutazione di un terreno limitrofo ai fini della imposta di registro, con asserzioni prive di autosufficienza in quanto non documentate e comunque inidonee a sostenere una carenza o contradittorietà della ” ratio decidendi” adottata dalla Commissione, fondata, come si è detto, sui citati contratti di compravendita di terreni similari , dato la cui validità a detto fine è espressamente contemplata dal D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 5. I motivi sub 3) e 4) sono rubricati come ” omessa pronuncia su un punto decisivo della controversia” ma è richiamato come disposizione di legge violata, l’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, e quindi la doglianza è sussunta sotto la fattispecie del difetto di motivazione; il che è confermato dalla successiva illustrazione del mezzo di impugnazione e dal fatto che il motivo n. 3) manca del quesito di diritto, laddove nel n. 4) è presente solo in relazione al diverso e concorrente vizio di violazione di norme di diritto sostanziale.

Poichè è pacifico per assunto della ricorrente ed in fatto, che il giudice di appello non ha preso in considerazione le questioni prospettate, la ricorrente non poteva invocare difetto di motivazione, nè violazione di una norma di diritto sostanziale (come, in aggiunta, nel motivo sub 4) in quanto siffatta censura presuppone che il giudice del merito abbia preso in esame la questione oggetto di doglianza e l’abbia risolta in modo giuridicamente non corretto, ovvero senza giustificare (o non giustificando adeguatamente) la decisione al riguardo resa; aveva invece l’onere di effettuare la specifica deduzione del relativo “error in procedendo” consistente nella denuncia del difetto di attività del giudice di secondo grado, nonchè della violazione dell’art. 112 c.p.c.. La mancata deduzione del vizio denunciato sotto il predetto profilo comporta la inammissibilità dei motivi (giurisprudenza costante: v. Cass. n. 1170 del 2004, Cass. n. 12952 del 2007).

Il quinto motivo se pur ugualmente rubricato è invece ammissibile in quanto si evince sia dal contesto del mezzo che dalla sentenza impugnata che la commissione regionale ha preso in considerazione il motivo di appello incidentale della contribuente, circa l’asserita illegittimità della delibera comunale per eccesso di potere e per difetto di competenza dell’organo deliberante (giunta comunale anzichè consiglio) e lo ha respinto ritenendo la irrilevanza della questione prospettata al fine del decidere “perchè quello che in definitiva conta è la determinazione finale dell’ente, che, a prescindere dalla delibera, ha adottato un prezzo al metro quadro sicuramente in linea con i prezzi di mercato dell’epoca e propria di appezzamenti similari per destinazione”.

La motivazione di cui sopra è corretta e non merita censura, in quanto fa applicazione del principio secondo cui la motivazione dell’atto impositivo viene integralmente sostituita da quella emergente dalla successiva fase contenziosa nel contraddittorio delle parti. Infatti, la deliberazione comunale in applicazione del D.Lgs. n. 446 del 1997, art. 59 sulla valutazione periodica dei valori delle aree fabbricabili, la cui adozione costituisce facoltà e non obbligo del Comune, costituisce, se adottata, impedimento all’accertamento solo in caso di corresponsione da parte del contribuente di un imposta non inferiore a quella predeterminata, (ipotesi che nella specie non ricorre) ma al di fuori di tale punto non tocca i poteri di accertamento del Comune di cui al D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 11 nel testo vigente “ratione temporis”. Una volta ritenute la fondatezza e congruità dell’accertamento, sulla base del valore venale effettivo dell’area edificabile, ogni questione circa la validità della predetta deliberazione comunale rimane assorbita e diventa irrilevante, come ritenuto dal giudice di appello.

Il ricorso deve quindi essere rigettato.

Le spese di questa fase seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso. Condanna la contribuente alla rifusione delle spese a favore del Comune, che liquida in complessivi Euro 1.500 di cui Euro 200 per spese, oltre spese generali ed accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 14 maggio 2010.

Depositato in Cancelleria il 18 giugno 2010

 

 

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