Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14822 del 18/06/2010

Cassazione civile sez. trib., 18/06/2010, (ud. 13/05/2010, dep. 18/06/2010), n.14822

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MIANI CANEVARI Fabrizio – Presidente –

Dott. MAGNO Giuseppe Vito Antonio – Consigliere –

Dott. PERSICO Mariaida – Consigliere –

Dott. PARMEGGIANI Carlo – rel. Consigliere –

Dott. POLICHETTI Renato – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 1623-2008 proposto da:

MILLETTI OTELLO & C SNC, in persona del legale rappresentante

pro

tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA G P DA PALESTRINA 47,

presso lo studio dell’avvocato IOSSA PAOLO FRANCESCO, rappresentato e

difeso dall’avvocato PEPPUCCI PIERO, giusta delega a margine;

– ricorrente –

contro

COMUNE DI CORCIANO, in persona del Sindaco pro tempore, elettivamente

domiciliato in ROMA VIA MARIA CRISTINA 8, presso lo studio

dell’avvocato GOBBI GOFFREDO, rappresentato e difeso dall’avvocato

STAFFICCI ALBERTO, giusta delega a margine;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 34/2006 della COMM. TRIB. REG. di PERUGIA,

depositata il 24/10/2006;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

13/05/2010 dal Consigliere Dott. CARLO PARMEGGIANI;

udito per il ricorrente l’Avvocato PEPPUCCI PIERO, che si riporta e

deposita nota spese;

udito per il resistente l’Avvocato STAFFICI ALBERTO, che ha chiesto

il rigetto;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SEPE Ennio Attilio, che ha concluso per il rigetto.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Il Comune di Corciano notificava alla società Milletti Otello & c, s.n.c. cinque avvisi di accertamento relativi alla TARSU per gli anni dal 1998 al 2002.

La società impugnava gli avvisi, sostenendo la carenza di prova del presupposto impositivo, in quanto gli accertamenti assumevano come verificata anche per gli anni in oggetto la occupazione da parte della società di una area contigua alla sede sociale verificatasi secondo l’assunto della contribuente solo nell’anno 2003.

La Commissione Tributaria Provinciale di Perugia, riuniti i ricorsi, li rigettava.

Appellava la società e la Commissione Tributaria Regionale dell’Umbria con sentenza n. 34/4/06, in data 24-10-2006, depositata in data 24-11-2006, respingeva il gravame, confermando la decisione impugnata.

Avverso la sentenza propone ricorso per cassazione la società con tre motivi.

Il Comune resiste con controricorso.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo la società contribuente assume la contraddittorietà della motivazione, con violazione del D.Lgs. 507 del 1993, artt. 62, 64, 71 e 76; dell’art. 132 c.p.c., comma 4 e art. 118 disp. att. c.p.c., D.Lgs. n. 546 del 1992, artt. 36, 61 ai sensi dell’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5.

Osserva la ricorrente che ai sensi del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 64, comma 2 la obbligazione tributaria decorre “dal primo giorno del bimestre solare successivo a quello in cui ha avuto inizio l’utenza”.

Poichè la occupazione dell’area in oggetto, con materiali ed attrezzature edili di pertinenza della società fu accertata mediante sopralluogo degli incaricati comunali nel 2003, sostiene che la Commissione non aveva dato una spiegazione logica e coerente in ordine al convincimento espresso in sentenza che detta occupazione fosse stata effettuata anche negli anni precedenti, sulla base dell’accertamento di cui sopra e del fatto che la società disponeva della medesima sede anche negli anni oggetto di imposizione.

Ad avviso della contribuente, non vi era alcuna ragione logica per ritenere che anche negli anni precedenti la società avesse occupato il piazzale con materiale edile “essendo di comune esperienza che il luogo di stoccaggio di materiali edili ingombranti non necessariamente debba coincidere con la sede degli uffici” atteso anche che l’area in questione e la sede della società avevano dati catastali differenti.

Svolge quesiti di diritto imperniati sulla giuridica impossibilità di retroagire agi anni precedenti un accertamento valido esclusivamente per l’anno in cui fu compiuto.

Con il secondo motivo deduce violazione delle stesse disposizioni di legge di cui sopra nonchè carenza di motivazione della sentenza, non avendo la Commissione provveduto ad una disamina puntuale della fattispecie, omettendo di esporre l’iter argomentativo che la aveva condotta alla soluzione adottata.

Formula conforme quesito di diritto.

Con il terzo motivo deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 c.c., nonchè difetto assoluto di motivazione, ai sensi dell’art. 360 c.p.c.,comma 1, nn. 3 e 5.

Osserva infatti che è principio assodato del diritto tributario secondo cui l’onere della prova della sussistenza del rapporto impositivo grava in via esclusiva sulla Amministrazione Finanziaria, in qualità di attrice in senso sostanziale del procedimento, e che solamente quando la Amministrazione abbia fornito sufficienti indizi diretti ad affermare la sussistenza della obbligazione il contribuente sarà tenuto ad allegare elementi probatori diretti a sostenere la proprie eccezioni.

Ne caso, la Commissione non aveva esposto elementi probatori atti a dimostrare che la società aveva occupato il piazzale fin dal 1998.

Aveva quindi errato la Commissione a ritenere che l’onere della prova della mancata occupazione dell’area in quagli anni gravasse sulla contribuente, laddove doveva essere posto a carico del Comune impositore. Non aveva infine considerato il giudice di merito che imponeva alla contribuente una inammissibile prova su di un fatto negativo.

Espone un conforme quesito di diritto.

Il Comune nel controricorso contesta la fondatezza della argomentazioni della ricorrente.

Per motivi di priorità logica occorre prendere in considerazione il terzo motivo, concernente l’onere della prova.

Il mezzo è infondato.

Il principio di diritto enunciata dalla ricorrente è in sè esatto, in quanto è indubbio che l’onere della prova della occupazione dell’area da parte della società per gli anni in contestazione ovvero del presupposto impositivo, gravi sul Comune, attore sostanziale, ai sensi dell’art. 2697 c.c.. Peraltro la stessa ricorrente riconosce che ove la Amministrazione finanziaria assolva all’onere probatorio che le compete, il carico della prova della sussistenza di fatti impeditivi della pretesa fiscale si trasferisce sul contribuente, ai sensi dello stesso art. 2697 c.c., comma 2. Tale è appunto il caso in questione.

E’ infatti noto che, non vigendo un regime vincolato a presunzioni legali, la pretesa tributaria può essere provata anche con presunzioni semplici, ovvero su circostanze che siano tali da lasciare apparire l’esistenza del fatto ignoto come una conseguenza ragionevolmente probabile del fatto noto, ” dovendosi ravvisare una connessione tra i fatti accertati e quelli ignoti secondo regole di esperienza che convincano di ciò, sia pure con qualche margine di opinabilità” (Cass. n. 6620 del 2005). Il relativo accertamento costituisce questione di fatto, non censurabile in cassazione, ove sorretto da motivazione immune da vizi logici.

Nella specie, la Commissione Regionale ha ritenuto valida presunzione che la situazione di fatto constatata con sopralluogo nel 2003 fosse esistente anche negli anni precedenti la constatazione che detta situazione anche per il periodo antecedente considerato doveva considerarsi immutata, in quanto la società, avente ad oggetto attività edilizia, aveva sempre avuto sede al medesimo indirizzo, contiguo all’area su cui nel 2003 era accatastato materiale edile relativo a tale attività; fatto qualificato da ulteriori circostanze, da ritenersi implicitamente ma inequivocamente considerate in sentenza tramite il rinvio alle risultanze del predetto sopralluogo, e pacificamente date per ammesse dalla stessa società nel ricorso, ovvero che sia l’edificio un cui erano ubicati gli uffici della società sia il piazzale adiacente adibito a deposito di materiale edilizio nel 2003 erano di proprietà non di qualunque terzo, ma del socio illimitatamente responsabile M. O., il quale ha la abitazione nello stesso stabile in cui si trova la sede sociale.

E’ evidente che tali circostanze appaiono immediatamente congruenti e significative in ordine alla conclusione che l’area era sempre stata a disposizione della società per lo stoccaggio del materiale edile necessario alla attività al cui buon andamento il socio proprietario M. era personalmente interessato.

La valutazione espressa dalla Commissione è pertanto immune da vizi logici e non appare censurabile in questa sede nè sotto il profilo di diritto considerato nè sotto quello di fatto.

Dalle stesse considerazioni di cui sopra emerge la infondatezza anche dei primi due mezzi, in quanto la motivazione, pur sintetica, non appare nè carente nè contraddittoria, risultando chiaramente esposto l’iter argomentativo alla base della decisione.

Neppure è fondata la doglianza secondo cui la contribuente sarebbe stata onerata di una prova negativa, in quanto l’assunto secondo cui l’area non era stata occupata dalla società negli anni precedenti il 2003 ben poteva essere provato tramite fatti positivi, ovvero una diversa utilizzazione del piazzale in questione, od una diversa ubicazione del luogo di stoccaggio del materiale, ipotesi peraltro nemmeno adombrata nel ricorso e negli atti di parte menzionati.

Il ricorso deve quindi essere respinto.

Le spese di questa fase di legittimità seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso. Condanna la contribuente alla rifusione delle spese a favore del Comune, che liquida in complessivi Euro 1.200, di cui Euro 200 per esborsi oltre spese generali ed accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 13 maggio 2010.

Depositato in Cancelleria il 18 giugno 2010

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